cultura

La nostra serie – un racconto di Benedetta Bindi

“Vorrei aver fatto con te, tutte le cose che ho fatto” (Il grande Gasby)

Vedevamo ogni sera insieme la nostra serie preferita, nel nostro piccolo appartamento a Milano. Io studiavo all’università, lui faceva il praticantato in un grosso studio legale. Per guadagnare insegnava in una scuola  d’inglese, e si vestiva  sempre con la  camicia e la giacca. Io preferivo i  jeans, o le  mini gonne, e i miei inseparabili  camperos. Se non avevo lezione,  rimanevo a casa in tuta a preparare qualche esame. La sera, nel momento in cui partiva la sigla della serie,  ci mettevamo uno attaccato all’altro sul divano. Era gigante, di pelle color cobalto, un regalo di mia zia, ci piaceva stare vicini dopo l’assenza della giornata. Io spegnevo  sempre la luce,  e accendevo una o due candele sul tavolo davanti alla tv. Ogni tanto buttavo un commento su un personaggio, o su qualcosa della sceneggiatura. Andrea teneva la bocca chiusa, e gli occhi inchiodati sullo schermo. Alcune sere addirittura si addormentava su quel divano. Spesso rimanevo male, mi pareva già vecchio.

Una settimana fa ho letto che la serie, che hanno sospeso da qualche anno, tornerà in onda. Tutte le puntate vecchie, più dieci nuove. Gli ho mandato la notizia sul suo cellulare.  Poi gli ho scritto:”E se La vedessimo insieme  sul mio divano?”. Mi ha risposto con un pollice all’insù. Io mi sono organizzata con le colleghe e sono uscita mezz’ora prima dall’ufficio. Ho portato fuori Theo, il mio cane, e poi tornata a casa, mi sono fatta la doccia. Ho messo il profumo alle rose che ad Andrea piaceva tanto, ho  legato i capelli, poco trucco per non apparire eccessiva, e ho infilato  un vestitino nero, nè elegante, ma nemmeno sportivo. Poi ho tenuto le ciabatte rosse, perché a casa ho sempre avuto l’abitudine di togliere le scarpe quando entro. Lui è arrivato alle ventuno direi le nove  e dieci. Mi ha detto che lavora sempre fino a tardi. Io non vedendolo ho anche pensato che ci avesse cambiato idea ripensato.  Appena me lo sono trovato davanti gli ho detto solo:” tra poco inizia”,  come se non se ne fosse mai andato via. Ero imbarazzata. Lui ha detto :”ti trovo molto bene”. L’ho osservato: era in giacca e cravatta, gli era cresciuta  un poco di barba e i capelli li portava più lunghi, come avrei sempre desiderato li avesse avuti quando stava con me.  Pareva non dormisse da giorni, ma  le occhiaie gli donavano, l’odore di chiuso dell’ufficio gli donava, la sua stanchezza anche.

 “Vuoi del vino?” gli ho detto mentre gli porgevo il bicchiere. Lui l’ha preso  e  ne ha bevuto subito metà, poi si  è seduto sul divano, cadendoci quasi, come se la stanchezza ce l’avesse spinto .  Poi ha detto: ”non è cambiato nulla qui”. 

Io mi sono seduta tenendo un poco di  distanza. Sul tavolo basso davanti a noi  avevo messo una candela, dell’hummus, del pane e del formaggio. Lui ne ha preso un poco e poi mi ha detto: ”hai un buon profumo”, poi è iniziata la sigla.

A fine puntata  si è addormentato così vicino a me, che potevo sentire l’aria che usciva dalle sue narici. L’ho disteso appoggiandogli la testa sui cuscini. Gli ho allentato il nodo della cravatta, le scarpe le aveva già tolte lui, io  gli ho solo sollevato le gambe sul divano. Sono rimasta a guardarlo. Era bello, era la mia vita, e da quel giorno ho capito che avrei lottato con le unghie e con i denti con l’altra me, quella che l’aveva cacciato via. Infatti da quel giorno stiamo ancora insieme, perché ho capito cosa è per me Andrea.

Quattro lettere: casa.

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