cultura

Il dottor Moscati e il rispetto assoluto per la morte

Nel 1921 il tenore Caruso lo fece chiamare a Sorrento per l’aggravarsi delle sue condizioni. Il dottor Moscati lo visitò, e diagnosticò esattamente un ascesso subfrenico che fu confermato dall’aspirazione del liquido purulento proprio sotto il diaframma, nel punto indicato. Ma la malattia era ormai avanzata, e lui ebbe l’onestà di avvisare il suo paziente, si poteva solo pregare per un miracolo, o preparare l’anima. Caruso sarebbe morto dopo pochi mesi.

Nel 1922 il dottor Moscati ebbe la lungimiranza di approvare il protocollo per la terapia diabetica con l’insulina, tra i primi in Italia ad applicarlo.

Inoltre, sapeva fare ricognizioni cadaveriche puntuali, con un rispetto assoluto per la morte, tali da attirare folle di studenti di medicina in aula. Era capace di eseguire analisi di laboratorio, diagnosi cliniche in corsia, primeggiando in qualsiasi concorso partecipasse.

Questo era il dottor Giuseppe Moscati. Non il primo fesso, uno nel mucchio, il medico svitato.

Ma un luminare affermato, venerato al suo passaggio.

Una venerazione da cui si scherniva con tutta l’anima. Usando l’ironia, la semplicità, e un affetto vero per i malati in cui vedeva riflesso Cristo, e basta.

Lui che aveva l’Eucaristia al centro della vita, andava a messa tutti i giorni, e aveva scelto il celibato e la castità già da ragazzo come condizione necessaria per portare avanti la sua vocazione di medico a servizio di tutti. Pure dei poveri che andava a visitare di persona nei quartieri brutti, a cui portava anche il latte la carne il pane e le medicine. Senza chiedere nulla.

Lui che nel suo ambulatorio, fuori dal suo appartamento, aveva il cesto con su scritto chi può metta qualcosa, chi ha bisogno prenda.

Lui che insieme alle medicine prescriveva di suo pugno, sulla ricetta, l’Eucaristia quotidiana.

Ma che gli vuoi dire.

Che gli vuoi dire a un uomo che viene pianto in primo luogo dalla povera gente, e poi dai malati.

Solo grazie.

Per aver incarnato il medico vero, che cura l’anima insieme al corpo. Che vede in ognuno un progetto mai inutile, mai immeritevole di cura, sempre bisognoso di amore.

Grazie, amico santo. E prega per noi.

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