editorialifamigliagli altri siamo noisolo cose belle

Oggi è la Giornata del “cromosoma X in più” che disorienta enormemente.

La mia amica col cromosoma in più si chiamava Michela.

Era stupenda.

Era anche una vera rompiscatole.

Se stavi giù, impaturniato col mondo, in rotta col fidanzato, ti si metteva davanti e faceva la domanda che nessuno aveva il coraggio di farti: perché sei triste?

E restava lì ad ascoltare, sul serio. Non schiodava finché non ti vedeva sorridere.

Dava certi abbracci senza chiedere nulla in cambio. Diceva ti voglio bene senza meritarselo, bastava esistere per diventare persone meravigliose ai suoi occhi.

Aveva un amore sconsiderato per chiunque.

Certo anche lei viveva i suoi giorni tremendamente no. I giorni del dolore fisico, della stanchezza, del non farcela. Allora la vedevi spenta, ma nessun dolore le impediva di dare abbracci, ancora e ancora.

È la paura che ci frega.

La paura dell’imprevedibile.

In un mondo che ordina bimbi à la carte mescolando semi e uova catalogate per ottenere il prodotto conforme agli standard di qualità, un cromosoma X in più disorienta enormemente. L’ignoto spaventa, spaventa la sofferenza all’orizzonte di cui non si possono prevedere margini esatti.

Ho molto rispetto per la paura, non la giudico, sono una fifona di alto profilo da me stessa.

Ma siamo arrivati ad avere talmente paura della sofferenza, da rispedire indietro perfino l’amore pur di non rischiare. E questo non va bene, semplicemente, per nessuno.

Un cromosoma in più non vuol dire amore in meno. Al contrario, è tanta vita da amare e da cui lasciarsi amare. Non ho ancora incontrato una madre di figlio con sindrome di Down che mi abbia detto sono pentita di averlo messo al mondo.

Non è la vita il problema del mondo. È la morte.

Dire sì alla vita non è mai una sconfitta.

Dire sì a un cromosoma in più non toglie nulla a nessuno, ma dà tanto amore a moltissimi.

#vita

#sindromedidown

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