Cresima e Scuole Medie senza smartphone: yes, we can!
Da mesi io e mio marito partecipavamo a serate dal tema “Il digitale”. Da mesi ne parlavamo di notte tra noi come se fosse in procinto di scoppiare una guerra e noi fossimo alla disperata ricerca di una strategia che non fosse quella di essere impreparati.
Poi arriva il giorno della Cresima, Maggio 2023 e con esso le inevitabili domande “Cosa regaliamo a Leo?”. Noi a rispondere “esperienze belle e niente cellulare”. Grazie a Dio (o forse grazie al nostro caratteraccio noto a tutti i parenti ed amici) non veniamo sabotati. Il cellulare non arriva. Nostro figlio nemmeno se ne accorge.
Finiscono le scuole elementari, inizia l’estate e via una serie di campi sportivi più settimane tra i rifugi in alta montagna. I cellulari degli altri restano a casa. Altro sospiro di sollievo.
Poi la prova con la P maiuscola: l’inizio della scuola media. Ma qui serve un passo indietro: la scelta della scuola. Leo veniva da una scuola elementare paritaria, molto vicino a casa nostra ma di fatto non sul nostro territorio. Impossibile negare quanto l’esperienza didattica ed umana sia stata meravigliosa: maestra unica, molto empatica e carismatica. Leonardo nei 5 anni della primaria impara un metodo di studio infallibile: legge, sottolinea, ripete, fa mappe. Si innamora di tutto. Sviluppa curiosità. Riceve istruzioni di civica: passa dai dinosauri a Falcone e Borsellino, da Giulio Cesare ad Aldo Moro, dalla cellula eucariota alla costituzione. Poi però chiede per la scuola secondaria di stare sul territorio, di frequentare gli amici del paese, di percorrere la strada con loro a piedi tutti i giorni. Io e mio marito siamo d’accordo, la scuola secondaria del paese è molto forte come corpo docenti, come rispetto delle regole, come esperienze e laboratori. Decidiamo di assecondare le sue richieste che peraltro condividiamo: fare comunità, crescere con gli altri, vivere il territorio. Tuttavia, chiariamo a Leo, al momento dell’iscrizione uno dei grossi temi della preadolescenza: più autonomia vuol dire più responsabilità. Arriva settembre, si comincia in prima media: classe di 24 studenti, classe di 22 cellulari. Teniamo duro. Lui sembra non soffrire.
Per prima cosa, mettiamo in atto strategie alternative: organizziamo momenti di vita collettiva come partite di calcio, aperitivi, pizzate partendo dalla chat dei genitori così che nessuno sia escluso da momenti di festa. Inoltre, ci sembra giusto, dotare il tablet di casa di alcuni giochi (controllati!) che gli permettano di distrarsi massimo trenta minuti al giorno (questo c’è scritto nel contratto che abbiamo firmato noi e lui al momento dell’acquisto) da solo o in compagnia.
Poi, sottolineiamo i successi che arrivano e sottolineiamo il fatto che non sono solo successi scolastici ma sono vittorie di vera organizzazione: con gioia del ragazzo, vengono mantenuti e rispettati tutti gli impegni a cui tiene tanto ossia i due sport e la chitarra. Facciamo leva sul fatto che calcio + atletica + musica = 50 amici in più. Nel lodare questo successo, proviamo ad instillare il dubbio che forse non avere un oggetto così distraente come lo smartphone aiuti a riempire e vivere bene il tempo.
Ancora, stiamo a guardare eventi spiacevoli che non tardano ad arrivare: la chat dei ragazzi di classe si riempie di messaggi, ogni sera verso le 23:00 oltre 200 notifiche, nessuna dal contenuto scolastico, alcune dal dubbio buon gusto. Ad un certo punto, su quella stessa chat di 22 ragazzi ci si avvicina a tematiche compromettenti per non dire pericolose da maneggiare in autonomia a 11 anni. La chat viene chiusa.
Infine, a casa cerchiamo di non creare tabù sul digitale ma ci facciamo sempre trovare più innamorati della real life piuttosto che della onlife: partecipiamo insieme a grandi progetti solidali come insegnare le manovre salvavita in paese o come preparare un corso in Africa. E mentre in autentico ingaggio facciamo questo, sentiamo scorrere titoli di influencer che inevitabilmente cadono, con la loro immagine, con la loro precarietà, con il loro stesso mondo di consensi virtuali. Mentre il mondo delle case dei ricchi crolla sotto vendetta e invidia, noi nella nostra casetta facciamo picnic serali in cui si litiga per avere il turno di parola.
Ma insomma…con tutto questo scorrere nel fiume della vita, siamo arrivati quasi alla fine del primo anno di medie…sospirone…e ci sono stati anche momenti comici: una mattina Leo esce senza le chiavi di casa. Sono in ospedale, me ne accorgo tardi, non posso muovermi. Le lezioni sono già finite e lui è per strada. Due possibilità: farmi prendere dal panico e chiamare i Navy Seals per recupero persona oppure sedermi e godermi lo spettacolo delle risorse improvvisate dall’undicenne. Le risorse non tardano ad arrivare: arriva a casa, citofona alla zia per far sapere a tutti gli adulti della famiglia che è ancora vivo, si autoinvita dai vicini di casa per scroccare il pranzo, scavalca il nostro cancelletto e prende la palla…almeno un’ora imprevista per giocare a muretto, beve dalla canna dell’acqua per le piante… arrivo nel pomeriggio e mi accoglie “ciao Ma’ vuoi vedere come sono diventato bravo a palleggiare?”
Ora, lungi da noi pensare che sia tutto qui, che sia tutto facile, che sia tutto stabile…ma vissuto in questo modo, il tempo delle medie ci sembra meraviglioso…incrociamo tutto…