Quando i figli spiccano il volo. Una riflessione in preparazione della festa del papà.
“Quando sei arrivato di te non sapevo niente. E anche di me sapevo pochissimo. Ti ho guardato e mi sono interrogato. Chi eri tu per me? Chi ero io per te? Più ti guardavo, più mi confondevo.
Sei stato gioia e paura. Tutto insieme. Poi ti ho guardato meglio. È vero. Di te non sapevo niente. Di me sapevo poco. Ma potevo imparare. E tu mi potevi insegnare.
Mi sono messo in cammino. Tu maestro. Io allievo. A volte riuscivo bene. A volte così così. Ma tu sei stato paziente. E alla fine imparare da te è stata la scuola più bella che potessi frequentare.
Quando mi stringevi la mano e mi dicevi: «Papà vieni», ho imparato la felicità. Quando cantavo la ninna nanna per addormentarti, ho imparato la pazienza. Quando mi aspettavi alla stazione, mi hai insegnato la gioia del ritorno a casa. Quando sei guarito dopo essere stato in ospedale, mi hai insegnato la speranza. (…)
Mi hai insegnato, crescendo, che non si deve essere uguali per andare d’accordo. E che si può litigare, sentendo male, ma senza farsi male davvero. Perché alla fine dei nostri litigi, non ci sono ferite da medicare. E non ci saranno cicatrici da portarsi addosso.
Non le sapevo tutte queste cose. Ma tu me le hai insegnate. Non so se le ho imparate bene. Ma ora so almeno di quali ingredienti è fatta la ricetta della felicità. (…)
Ecco, figlio mio. Mi hai insegnato come si fa a far battere forte il cuore. Anche se sei dall’altra parte del mondo, mi abiti dentro. E ogni tuo ritorno sarà festa. Così come ogni tua partenza.
Perché ti ho dato radici affinché ti spuntassero le ali.
E non c’è niente che mi rende più orgoglioso e felice che vederti volare.
(Tratto da : “Da uomo a padre. Il viaggio emotivo verso la paternità” di A.Pellai, Mondadori Ed., in uscita il 2 aprile 2019)
Ho appena accompagnato mio figlio Jacopo all’aeroporto. Ora ha 23 anni e sta completando i suoi studi universitari. Mentre tornavo a casa dopo averlo lasciato al terminal mi è venuta in mente questa lettera che gli ho scritto per il suo 18esimo compleanno e resa pubblico (col suo consenso) in un libro dedicato alla paternità in cui ho parlato di me figlio e di me padre per parlare a tutti i papà alle prese con i propri figli. In questi giorni che precedono la festa del papà, come ho spesso fatto in questi anni, voglio invitare i padri a scrivere una lettera ai propri figli e a consegnargliela proprio il giorno della festa del papà. Vedere i miei figli volare nella vita mi riempie di orgoglio e felicità, ma anche di tristezza. Mi viene da pensare: “La vita fa il suo giro”. C’è comunque tantissima bellezza in questo “passaggio di testimone”. E io resto sempre colpito nel constatare quanto accelera il battito del mio cuore ogni volta che lascio un figlio ad una stazione o aeroporto e poi lo vedo andare e partire.
(Illustrazione di Ilaria Zanellato Illustratrice, tratta dal libro “Le mie mani sono le tue ali”, De Agostini ed.)