Quanta pazienza hai Gesù
Io la pazienza di Gesù non ce l’ho. Cioè di sicuro al posto suo a una certa avrei sclerato di brutto.
Voglio dire, nel Vangelo di Marco, carta canta, Gesù ha iniziato da poco la vita pubblica col botto.
A Cafarnao insegna come il meglio degli scribi e non come un falegname Nazareno qualunque, guarisce il tizio posseduto nella sinagoga, dopo dieci minuti guarisce la suocera di Pietro, alla sera già s’era fatta la fila fuori casa, da tutta la città gli portavano storpi e indemoniati come se piovesse.
A quel punto dice timeout, non si lascia blandire dalla fama e dalla gloria manco di striscio, cambia zona e se ne va per la Galilea predicando e guarendo pure i lebbrosi (e ce ne voleva del buono e del bello per guarirli duemila anni fa, che noi mortali è dal 1960 che forse abbiamo beccato la combinazione d’antibiotici per farlo).
Se ne torna di nuovo a Cafarnao, guarisce addirittura un paralitico restituendogli l’uso delle gambe, e meglio ancora perdonandogli i peccati. E vedendo tutto sto popò di roba che fanno, gli scribi i farisei la gente attorno tipo quella che sa tutto perché l’ha letto su internet?
Eh ma stai mangiando con i peccatori e i pubblicani, eh eh eh! Non si fa!
Eh ma non stai facendo fare il digiuno della settimana, eh eh eh, mica va bene sai!
Cioè, ma veramente ci vuole una faccia di bronzo spudorata. Brutti invidiosi saputelli megalomani. Ma Gesù invece di seccarli con lo sguardo, trasformarli in ranocchi o che ne so, con una santa pazienza risponde e spiega pure. Sono venuto a chiamare i malati e i peccatori. I miei discepoli un giorno avranno la loro parte di tribolazione atroce, altro che digiuno appiccicato come un post-it su cuori duri e inconvertiti.
Insomma. Dico, no.
Ma se per esempio provassimo ogni tanto solo a osservare, contemplare, meditare, e rimettere a Gesù i motivi delle sue opere di cui noi possiamo intuire solo un’unghia, mica ci si seccherà la lingua.
Allora ha proprio senso l’invito a tornare come bambini. Loro sì sanno cos’è lo stupore del cuore.
Sanno innamorarsi del bene con meraviglia.
Le dita puntate e gli occhiali calati sul naso, a Gesù gli fanno un baffo.