Vitigni italiani: i numeri del nostro comparto viticolo
Il significato lo prendiamo direttamente da uno dei dizionari italici più famosi ed è questo: s. m. [lat. *vitignus, ritenuto indipendente dai due agg. vitigĕnus e tardo vitineus «relativo alla vite»]. – Varietà coltivata di vite, dalle cui uve il vino acquisisce le sue principali caratteristiche, assumendone spesso la denominazione.
L’Italia è uno dei paesi con il maggior numero di vitigni autoctoni ebbene sì è nostro questo primato. In Italia sono attualmente (2019) registrate 545 varietà di vite da vino e 182 varietà di vite da tavola. A livello mondiale sono più di 1300 solo le varietà da vino. Sono i vitigni che caratterizzano i vini che se ne ottengono, dal momento che ogni varietà di vite ha caratteristiche diverse sia dal punto di vista colturale (resistenza ai parassiti o al clima, tipo di terreno o di esposizione ideale) che dal punto di vista enologico (dimensione degli acini e dei vinaccioli, spessore della buccia, contenuto zuccherino e in acidità, tannini e molte altre).
Inoltre la diffusione geografica delle specie è largamente influenzata dalle tradizioni locali e dalle commercializzazioni, per cui varietà autoctone di determinate regioni (vedi ad esempio la Francia vedi Merlot e Chardonnay) si sono trasformate in varietà internazionali e hanno conosciuto una diffusione pressoché mondiale.
E’ il Sangiovese il vitigno più coltivato in Italia, con una superficie di 72.000 ettari e un peso sul totale dell’11%. Sangiovese che tra 2000 e 2010, intervallo di tempo trascorso tra i due censimenti Istat sull’agricoltura italiana, ha incamerato 1.800 ettari in più di superficie. A seguire, anch’esso in crescita, è il Montepulciano, con circa 35.000 ettari coltivati, mentre percorso totalmente opposto ha fatto il Catarratto bianco, che a 35.000 ettari invece è precipitato, avendone persi 16.000 in dieci anni. Stessa sorte per il Trebbiano toscano, ridottosi di 20.000 ettari (-4.000 il cugino romagnolo e -3.000 l’abruzzese, mentre più di una perplessità lascia il dato in crescita del Trebbiano giallo. In crescita invece i francesi: Merlot (+2.000 ha), Chardonnay (+8.000), Cabernet Sauvignon e Syrah (+5.700). Mentre – rimanendo nelle posizioni di testa – si registra un forte decremento per l’uva Barbera, passata in dieci anni da 28 a poco più di 20.000 ettari, e per il Negroamaro, sceso di oltre 5.000 ettari.
Le varietà più rampanti ovviamente sono Pinot grigio e Prosecco/Glera: per entrambi la crescita supera i 10.000 ettari. Ma buone notizie arrivano anche per varietà storiche come Calabrese/Nero d’Avola (+5.200 ettari), Primitivo (+4.300), Grillo (+4.500). In riduzione (nonostante nel mondo ve ne sia una gran richiesta) il Moscato bianco, passato da 13 a 11.000 ettari.
Tutto ciò rende i nostri vini unici ed amati da tutto il mondo proprio per queste sfumature viticole che arricchiscono il patrimonio enologico italiano rendendolo ricco ma soprattutto vario….cin cin alla salute!