Social Media e rischio in età evolutiva: ciò che noi genitori dobbiamo sapere
I social sono un fattore di rischio per la salute mentale in adolescenza? La risposta è SI’. Le evidenze della ricerca scientifica sono così numerose che hanno portato qualche settimana fa ad una sorta di class action contro META che ha fatto discutere il mondo. Infatti, la maggioranza degli stati degli Stati Uniti ha intentato una causa federale a Meta Platforms. Il motivo? Le funzionalità dei social di Zuckenberg generano dipendenza tra i soggetti in età evolutiva.
“Meta” sa esattamente attraverso quali funzionalità si possono aumentare i tempi di esposizione e di ingaggio dei minori sulle sue piattaforme e tramite algoritmi, allarmi e notifiche stimola meccanismi che nei circuiti dopaminergici inducono a diventare protagonisti di uno scrolling senza limiti. Si aggiunga che molte delle attività correlate alla presenza dei minori nei social rappresentano un fattore di rischio per la loro salute mentale e generano una problematicità enorme nell’area dell’accettazione di sé e della percezione sana della propria immagine corporea, fattori che possono contribuire allo sviluppo di manifestazioni cliniche evidenti. Inoltre, Meta è anche accusata di violazione del Children’s Online Privacy Protection Act, poiché raccoglie dati personali degli utenti con meno di 13 anni, senza alcun reale e consapevole consenso dei genitori.
Meta è a conoscenza dei problemi di salute arrecati dalla frequentazione della sua piattaforma da parte dei minori. In pratica, si trova nella stessa posizione delle multinazionali del tabacco che pur avendo evidenza dei danni procurati dal loro prodotto alla salute degli esseri umani, fino a meta degli anni ’80 hanno continuato a negare tale evidenza e a falsificare la percezione di tale verità, per continuare ad agire indisturbate sul mercato.
Sarebbe importante che, al pari delle multinazionali del tabacco, META e i gestori di grandi social network – che sfruttano la conoscenza dei funzionamenti intrapsichici in età evolutiva (e non solo) e in particolare che basano la logica dell’algoritmo sulla risposta dopaminergica allo stimolo proveniente dallo schermo – ammettessero di sapere i pericoli a cui vanno incontro i loro utenti e avvertissero il mondo che i social sono un territorio molto complesso che va usato con molta cautela in età evolutiva. Questo contrasterebbe con la “narrativa” oggi imperante che i social appartengono alla cultura giovanile e che sono uno dei luoghi in cui oggi si cresce al pari del cortile, del parco, del campetto di calcio di soli due decenni fa. Non è vero e non è possibile equiparare la community social alla comunità della vita reale.
In generale, dovremmo tutti prendere consapevolezza che i Social guardano i nostri figli con l’occhio predatorio di chi in loro vede solo potenziali consumatori, senza alcun reale interesse per la loro formazione umana ed educativa. Ti chiedono di entrare, quando sei piccolo, nel loro mondo perché in quel mondo tu imparerai il desiderio del “tutto e subito” da riversare verso un’infinità di esperienze e prodotti per i quali c’è sempre un conto da pagare.
Insomma: oggi lo chiamiamo Meta. Un tempo, Collodi lo chiamava “il gatto e la volpe”. Il problema è uno solo: i nostri figli sono inesperti, proprio come Pinocchio. E la loro inesperienza dovrebbe muovere il mondo adulto con una preoccupazione educativa e non predatoria. A noi genitori, in questo momento, spetta un compito complesso. Favorire che la socializzazione dei minori avvenga sempre più nella vita reale e sempre meno nei social. Inoltre possiamo educare i nostri figli a ritardare la generazione del proprio profilo all’interno dei social. Lo so non è un compito facile. Ma è un compito educativo importante.
Ritengo questo post davvero importante e per questo vi chiedo di farlo circolare tra genitori, educatori e famiglie. E magari di leggerlo a scuola con i vostri studenti nei prossimi giorni.