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“C’è ancora domani” di Paola Cortellesi non è un film per bambini

Sui titoli di coda, mentre asciugavo mezza lacrima scappata via, mio marito mi stringe la mano e dice guarda là, un bambino.

Un che? Seguo il suo sguardo e lo vedo. Terza fila, proprio davanti lo schermo gigante, una testa di ricci di sei sette anni. Eccheccà, ma non finisco di pensarlo che ne vedo un altro paio, su per giù coetanei del primo.

D’altronde la stessa regista Paola Cortellesi ha raccontato in un’intervista di qualche sera fa le reazioni di sua figlia ottenne, alla visione del film (a lei stessa dedicato), e nei millemila commenti sotto i millemila post letti in questi giorni una schiera di madri entusiaste giura di aver portato i figli di cinque anni a vederlo, soprattutto se maschi, perché certe cose devono impararle presto.

Ci piace vincere facile, eh, pure da genitori. Però la vincita facile dura poco.

Forte del dialogo avuto con una psicologa dell’età evolutiva, confermo ciò che pensavo prima di vederlo: questo non è un film per bambini.

Loro hanno strumenti insufficienti per capire il non detto, il messaggio implicito.

Volergli insegnare il rispetto umano portandoli a vedere “c’è ancora domani” se poi gli offriamo il nostro esempio scadente di persone agguerrite, irrispettose, immisericordiose nelle relazioni a partire dall’ortolano sotto casa, vale zero, anzi peggio.

Ci assicuriamo gli adolescenti incazzati del domani che inchioderanno noi, adulti egocentrici, alle nostre chiacchiere da quattro soldi.

Meglio lavorare su noi stessi dunque, e anche molto più faticoso.

Ovunque ho sentito parlare di questo film, si rincorrono le parole uomo e donna, donna e uomo.

Ci mancherebbe.

La regista mette magistralmente la lente d’ingrandimento su una storia del dopoguerra romano: la relazione marito moglie è focale, potente e richiama echi lontani e pure vicini.

La cosa strabiliante è che non ho mai, ma proprio manco mezza volta, letto una riflessione su quei due bambini.

I figli dei protagonisti, che stanno a guardare e ascoltare, vedono le botte e sentono le urla.

Nel film restano inesplorati, le loro espressioni mute sfilano via senza rumore.

Il film è davvero molto bello, e merita.

Gli adultescenti che vanno a guardarlo, no.

(in questo video Paola Cortellesi parla del suo film presso il Cinema Andromeda di Roma)

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