Perché lo Stato gestisce e permette il gioco d’azzardo?
Tentare la sorte è un pensiero che ha sempre sfiorato ognuno di noi. Solo che alcuni riescono ad evitare perché – tutto sommato – non si sentono poi così attratti e ragionano affermando: “Tanto non vinco niente…”; altri lo considerano solo un gioco sul quale investire pochi spiccioli, sperando di ricavarne qualcosina per coprire le spese; altri ancora, invece, sono così condizionati da farsene una malattia, spesso anche grave.
Ho conosciuto persone che hanno gettato alle ortiche famiglia, affetti, proprietà e la loro stessa vita per l’accanimento alle scommesse sportive. Ai ‘miei tempi’, in cui il Totocalcio spopolava, si investivano tante, troppe risorse, con la speranza di fare il colpo grosso e ritirarsi in un paradiso tropicale. Questa illusione ha accecato – e anche molto peggio – tanti sventurati che si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano e hanno dovuto riparare sotto i ponti. Di questi tempi, poi, si è persino ampliato il ventaglio delle proposte e la situazione è molto peggiorata.
Quello che mi crea maggiore disagio è che le scommesse sono ‘gestite’ e ‘controllate’ dallo Stato, il quale dovrebbe garantire il bene globale dei cittadini, la loro salute fisica e psicologica. Invece, l’idolo dei profitti prevale sempre. È utile lucrare sulla salute psico-fisica dei cittadini, fosse anche per un fine ‘buono’ (p.e. recupero dei beni culturali…)? Non mi è mai piaciuta la massima machiavelliana ‘il fine giustifica i mezzi’, non l’ho mai condivisa e mai la accetterò come forma di pensiero.
Oggi, la ribalta mediatica è a riservata a giovani calciatori professionisti che sono stati scoperti essere affetti da ludopatia. E il vaso di Pandora non è ancora scoperchiato del tutto… Certo, ci sono regole che vanno rispettate. Ma un ragazzo di 20-25 anni, che ha avuto tutto dalla vita, che guadagna a sufficienza per sé e per le prossime generazioni, che bisogno ha di scommettere per fare soldi ‘facili’? Perché chi dovrebbe garantire e tutelare la nostra ‘salute’ permette simili eccessi? Perché non si inseriscono, nelle giocate, sistemi di controllo che evitino forme di dipendenza? È facile: perché si lucra sulle fragilità umane.
Ma come si può distruggere la vita di un ragazzo? E non mi venite a dire che è maggiorenne e responsabile. Perché, dal punto di vista morale, la responsabilità non è solo di chi gioca, ma, soprattutto – dico io – di chi permette questo tipo di giocate senza controllo. Ormai, il termine ‘moralità’ è assolutamente desueto e non importa più a nessuno. Poi piangiamo le vittime di questa situazione ingestibile.
Ancor più, quando ad ammalarsi di tali forme di dipendenza sono ‘poveri’ padri o madri di famiglia, persone umili e semplici che cadono facilmente nel tranello dell’ingannevolezza delle vincite stratosferiche facili, come la mettiamo?
Anch’io, talvolta, ho ‘giocato’ alle lotterie: a quelle di paese con grande disponibilità per la giusta causa che rappresentano e per l’esiguità degli esborsi; a quelle nazionali, con grande attenzione e solo per ‘gioco’, senza investire somme superiori a qualche euro (in un anno € 10,00 per capirci). Ma la patologia è altra cosa. E su queste forme bisogna vigilare tutti, non per condannare i ‘poveri’ malcapitati ma per aiutarli a ritrovare la strada. L’unica ‘mia’ condanna è nei confronti di chi permette tutto questo!
Aspettiamo, adesso, le sentenze per i suddetti calciatori. Ma io mi aspetterei che si bandissero i giochi d’azzardo. Oggi, la pubblicità intorno allo sport – e, soprattutto, al calcio – è prevalentemente di agenzie di scommesse; tanti sponsor sulle maglie dei calciatori portano il marchio di queste compagnie. Ma come si fa a debellare questo male, se non si blocca all’origine? È il ‘peccato originale’ che ha dato inizio al male che è nel mondo…
don Rocco D’Orazio