L’insegnamento di Padre Saverio Santini: “Mettiti qui in ginocchio e prega per i tuoi nemici”
Ricordo limpidamente questo momento, come uno dei più importanti della mia vita, avvenuto in uno dei momenti di maggior crisi della stessa.
Mia moglie che mi convince a fare una “chiacchiera” con il suo amico di famiglia Padre Saverio, io che varco il porto del Santuario della Madonna dell’Ambro e il frate dalla barba bianca che mi accoglie, prima mi fa sedere e si accosta al mio volto per sentire meglio il mio racconto, dal suo orecchio già anziano, e poi, dopo aver udito il mio lungo lamento, mi spinge sull’inginocchiatoio di legno e mi dice: “Bene, comincia col pregare per i tuoi nemici adesso” e se ne va lasciandomi lì da solo incapace di quel compito.
Mi guardo a lungo attorno, guardo il crocifisso, cerco il Rosario in tasca ma niente.
Per mia fortuna, dopo pochi minuti, Padre Saverio torna con il suo libro in mano che mi dona e che usa come guida per insegnarmi a pregare per i miei nemici.
Racconto di questo importante incontro, e di questo libro di lettere dal carcere intitolato “Le colpe di un innocente” (che custodisco gelosamente e che ora posso ri-pubblicare) nel mio libro “Google Ergo Sum” e vi lascio qui due capitoli dello stesso per celebrare e ricordare, per sempre, Padre Saverio Santini che ieri, 19 ottobre 2023, è tornato alla Casa del Padre.
Grazie di tutto Padre Saverio. Conosco decine di persone alle quali hai fatto del bene, so di centinaia e di centinaia altre alle quali hai portato Pace.
Io, almeno una volta l’anno, sono sempre tornato e torno volentieri al Santuario della Madonna dell’Ambro. Anche se tu negli ultimi anni non eri più in quel luogo meraviglioso, ci sono e ci siamo sempre tornati, con famiglia, per mettere i piedi al fresco nel torrente Ambro, certamente, ma anche per rinfrescare l’anima e ritrovare la Pace e i tuoi insegnamenti.
BRANI DAL LIBRO GOOGLE ERGO SUM DI GIORGIO GIBERTINI
SUL MONTE IL SIGNORE PROVVEDE
Lì vicino vi è questo Santuario dedicato alla Madonna al quale si accede da questi larghi gradoni, non tanti, ma belli larghi: ci vogliono tre passettini dei miei per farne uno. Nonno è salito per prima in cerca di qualcuno, noi quattro abbiamo rallentato il passo perché hanno cominciato a suonare le campane ed erano così vicine e belle che mi dispiaceva lasciarle da sole senza guardarle. Ho tirato forte babbo che si è fermato ed ho visto, assieme a tanti altri bambini che poi mi hanno rubato l’idea, questa campana molto grande che compariva, faceva don, e poi spariva, poi sentivo ancora don ma non la vedevo e dopo tornava ma ad intervalli sempre più lunghi. Nel frattempo il nonno aveva incontrato un anziano frate con la barba bianca ed era venuto a farcelo conoscere e salutare ed è stato molto cordiale con mamma e con papà e gli ha anche detto che era contento di conoscere il mio babbo dopo averlo letto nei suoi libri: mi sa che anche questo frate sa usare Google. Il frate è ritornato dentro in chiesa a confessare e la mia mamma mi ha spiegato che è una cosa dove tutte le persone dicono le cose brutte che hanno combinato, dicono anche che non le faranno mai più, poi dicono una preghierina e Dio, tramite il prete, concede loro il perdono, ovvero rinnova l’amicizia e la voglia di restare assieme. Un po’ come succede tra di noi, ho pensato. Quante volte anche a me la mamma ha detto di chiedere scusa a Massimo per gli scherzi che gli avevo fatto e poi ci ha detto di giocare ancora assieme, non ci dice di mai di andarcene ognuno per la propria strada. Anzi, mi ha detto la mamma, ora stai con Babbo che vado a confessarmi. Incredibile ma vero, anche la mamma aveva commesso qualcosa per cui doveva chiedere scusa? Ma cosa aveva fatto a questo frate per andare a chiedere scusa a lui addirittura mettendosi in ginocchio. Babbo mi ha spiegato poi che in chiesa, davanti al prete, si chiede scusa per le cose brutte che si fanno in generale, contro tutti e contro tutto, mentre alle persone dobbiamo andare direttamente a chiederglielo.
Abbiamo lasciato la mamma in ginocchio dal frate e sono uscito con Babbo anche perché le campane avevano ripreso a suonare e questo posto comincia a piacermi veramente tanto visto che le campane suonano ogni quindici minuti.
Dopo qualche minuto la mamma è uscita tutta raggiante ed ha detto a babbo: dovresti andare anche tu a farti una bella confessione e chiacchierata con Padre Saverio.
All’inizio mio babbo non sembrava molto convinto ma poi ha ceduto ed è andato. Io sono rimasto un po’ fuori con la mia mamma ma ora le campane non suonavano più allora ho fatto un giro con nonno ma poi gli ho detto che volevo vedere dov’era babbo e mi ci ha portato.
Quando nonno mi ha fatto entrare in Chiesa io mi sono allontanato e, vedendo che vicino a babbo, su un asse dove lui era in ginocchio, c’era ancora spazio sono andato a sedermi di fianco al mio babbo che anche lui era in ginocchio a parlare nell’orecchio di Padre Saverio che nel frattempo parlava anche lui nel suo orecchio e gli teneva il gomito piegato con la sua mano.
Ho perso la parte iniziale del loro colloqui ma ad un certo punto ho capito che babbo gli aveva raccontato tutta la storia di questi mesi e Padre Saverio gli ha allungato un suo libro piccolo ma con tante pagine e gli ha detto: leggi qua!
Babbo, con voce bassa e tremolante, sembrava molto agitato ha iniziato a leggere:
“Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, và nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt’e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutt’e due insieme; così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò il figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore provvede», perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore provvede». Poi l’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio, io ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Poi Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea”.
Ci fu qualche attimo di silenzio e posso ben capire il perché. Soprattutto io rimasi in silenzio perché, anche se è vero che non mi chiamo Isacco, qui l’aria per i figli non sembra mettersi buona. Restavo zitto ed accucciato quasi a non farmi vedere. Mio Babbo stranamente non apriva voce. Aspettava la spiegazione di quel brano, probabilmente che non tardò. Padre Saverio riprese il libro, lo chiuse e gli disse: “Anche a te Dio ha chiesto una delle cose che hai più care”. Mio babbo ha ritrovato il suo senso dell’ironia ed ha detto “Mi è già andata meglio di Abramo, almeno non mi ha chiesto mio figlio”. Anche io ho pensato lo stesso. Padre Saverio ha sorriso anche lui. Poi ha continuato: “Dio vi sta forgiando nel fuoco, vi sta preparando per qualcosa di più grande, vi sta facendo conoscere l’umiltà per poterla capire e per poter capire gli altri. E’ un grande momento di grazia, l’ho passato anche io, la sai la mia storia?”
Babbo rispose che non la conosceva allora questa volta Padre Saverio, sempre a voce bassa per non farsi sentire, cominciò lui a raccontarsi:
“Non avrei mai immaginato che il dolore morale potesse arrivare ad un livello così atroce. Mi sentivo sotto un torchio che, giorno dopo giorno, mi schiacciava sempre di più. Ora riesco a capire molto meglio il grido di Gesù sulla Croce: Dio Mio, Dio Mio, perché mi hai abbandonato? Tornando indietro nei miei pensieri ho potuto constatare che il Signore, nella Sua Bontà infinita, ha voluto, a mia insaputa, prepararmi ad affrontare questa pesante Croce. Con un gruppo di fratelli ogni mercoledì mi trovavo a commentare e meditare qualche pagina del Vangelo. Avevamo iniziato da qualche settimana il commento alle Beatitudini. Eravamo arrivati a: “beati quelli che patiscono persecuzioni a causa della giustizia, perché di loro è il Regno dei Cieli”. Il Signore mi stava chiedendo ora di dare con la mia vita una vera testimonianza a questa Beatitudine.”
Padre Saverio fece una pausa. Deglutì qualcosa. Mio babbo alzò lo sguardo verso il Padre ed io con lui.
“Sono stato arrestato la notte del 17 giugno 1983 alle ore 1,00. Era Venerdì. Anche questa coincidenza mi è stata molto utile per superare quei terrificanti momenti. Infatti il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato che anche Gesù è stato preso, arrestato e portato di fronte ai tribunali, proprio le prime ore di venerdì. Queste considerazioni mi hanno fatto affrontare quelle brutte ore con più coraggio: il Suo esempio non poteva non aiutarmi a superare anche la mia dura prova: infatti quando mi è stato comunicato l’ordine di cattura e sono iniziate le umiliantissime formalità richieste dalla legge ovvero foto segnaletiche, impronte digitali, perquisizioni personali ecc. ecc., il pensiero delle umiliazioni che ha subìto anche Gesù di fronte ai tribunali mi è stato di costante sprone a non perdere mai la fiducia in Lui.
Quando mi è stata letta la motivazione dell’ordine di cattura, ascoltando tutti quei gravissimi reati che mi venivano contestati, non riuscivo a rendermi conto, in modo completo, di quello che stavo vivendo. Ripensavo a quello che avevo fatto come Cappellano nel supercarcere di Ascoli Piceno, ma non riuscivo a colpevolizzarmi di qualche reato. Ho pensato allora che avevano travisato quello che avevo fatto con retta intenzione. Non sapevo ancora che c’erano stati due detenuti, ai quali mi sembrava di aver fatto solo del bene, che avevano inventato accuse assurde e calunniose su di me. Ci sono voluti nove lunghissimi mesi e undici giorni prima di poter vedere un piccolo spiraglio di luce ottenendo, da parte del Tribunale della Libertà, gli arresti domiciliari che mi erano già stati precedentemente rifiutati ben quattro volte con la motivazione “…persona pericolosa per la società”. Nove mesi ed undici giorni… come un parto… per rinascere a nuova vita.
L’esperienza del carcere, caro Giorgio, è veramente allucinante.”
Sentivo che il pensiero di mio babbo stava volando a quel suo amico sacerdote di Roma ora anche lui in carcere, anche lui preso di notte, d’improvviso ed infangato sui giornali e su google.
“L’esperienza del carcere è veramente allucinante. Il trovarsi improvvisamente dentro ad una cella, solo, emarginato, non creduto, senza poter sentire una parola di conforto, il dover cambiare radicalmente il proprio modo di vivere la giornata, l’essere considerato solo un numero di matricola: tutto ciò è qualcosa di terrificante. Ogni giorno chiedevo alla cara Mamma celeste la forza di portare la mia pesante croce e chiedevo perdono e pregavo per quelle persone che mi stavano facendo tanto soffrire con le loro calunnie.”
Si fermò ancora nel racconto , Padre Saverio. Ripetè due volte l’ultima frase: chiedevo perdono e pregavo per quelle persone che mi stavano facendo tanto soffrire con le loro calunnie. Poi alzò lui lo sguardo verso mio padre e gli chiese, in modo perentorio: tu preghi per le persone che ti fanno soffrire? Preghi per il tuo nemico, come dice il Vangelo. Non capii la risposta di mio babbo. Poi i ll frate terminò
“La possibilità di celebrare quotidianamente la S. Messa, solo dopo un mese, la preghiera dei Salmi, la riflessione sulla Parola di Dio erano il mio più grande conforto. Di tanto aiuto morale e spirituale era sapere che tanti fratelli pregavano per me e mi erano vicini, come Silvana ed Enzo, i tuoi suoceri. Anche se in quei momenti mi sentivo tanto solo e mi sembrava di non farcela, ora capisco che è stato proprio quell’aiuto soprannaturale quotidiano che mi ha dato la forza per andare avanti e non ammalarmi, né fisicamente né psichicamente. Ora che posso guardare quel triste periodo con un po’ più di serenità, non posso che ringraziare il Signore per questa dolorosa prova che Lui ha permesso. Ha voluto purificarmi e mi ha fatto capire che Lui voleva qualcosa di più da me, perché non potevo e non dovevo accontentarmi di una vita cristiana e religiosa mediocre. Mi sono reso conto, purtroppo, che io ero stato più attento a spronare gli altri alla santità che non me stesso. La tua vita come era Giorgio? Non è che forse non avevi il coraggio di cambiarla perché ti accontentavi della mediocrità?”
Ci fu ancora del silenzio. Molto silenzio. Ho capito che spesso gli adulti che si vogliono bene si parlano anche con il silenzio. Poi Babbo gli chiese: come è finita, Padre? Il frate sorrise, lo abbracciò e gli diede un libro: visto che sei uno scrittore leggi qua e fammi sapere cosa ne pensi, sono appunti che ho preso in tutto quel periodo.
Si salutarono affettuosamente, Padre Saverio fece un segno con la mano anche rivolto verso me e mi disse di salutargli nonna Silvana.
Uscimmo.
Babbo teneva in una mano il libro e nell’altra me ma non ero sicuro che se ne fosse accorto perché camminava in modo diverso.
La mamma gli chiese subito: allora?
Babbo rispose: straordinario. E’ un santo?
Non so cosa voglia dire tutto questo so solo che ci ripartimmo verso casa e prima di addormentarmi assistetti ad una piccola discussione familiare sul tema proposto da Padre Saverio, ovvero il pregare per i propri nemici.
Mamma continuava a ripetere che la cosa era molto difficile soprattutto perché già c’era molta gente per cui pregare e quindi non c’era spazio per i nemici.
I miei genitori, siccome vogliono anche loro scambiarsi le preghiere con gli altri, come con nonna Bice o Chiara di Nomadelfia ed altri ancora, che cosa si sono inventati: ogni decina del Rosario la dedicano ad una persona od una categoria.
Per esempio spesso li sento dire: questa decina preghiamo per il nostro futuro, la nostra famiglia, i nostri figli (beh… noi abbiamo quasi sempre il primo posto) ed attaccano con le dieci Ave Maria. Poi seconda decina preghiamo per gli ammalati ed in particolare Nonno ed altri nomi che spesso cambiano ma, purtroppo, a volte ritornano. E via con altre dieci Ave Maria eccetera eccetera. Spesso anche li sento pregare per le persone che non riescono ad avere figli, che sono in crisi matrimoniale, quelli, e fanno nomi cognomi onde evitare che lassù ci sia confusione, che non riescono a trovare fidanzata o fidanzato oppure quelli che si trovano in situazioni particolari ed hanno chiesto esplicitamente di pregare per loro.
E così finiscono le decine a disposizione, sostiene mamme.
Dopo un lungo tempo in cui si sono domandati questo mia mamma ha trovato la soluzione semplice semplice: diremo una decina in più per i “nemici”.
Così, prima di addormentarmi, finalmente ho risentito tanti nomi che da un po’ non sentivo…
LE COLPE DI UN INNOCENTE (dagli appunti di Padre Saverio – brani che Babbo ha ricopiato)
1 dicembre 1985
Compio oggi 55 anni. Non avrei mai immaginato di fare il mio compleanno in carcere. Mi deve sostenere il pensiero che i disegni di Dio, anche se sono misteriosi, sono però sempre disegni di amore. Nel tempo che il Signore mi darà ancora da vivere avrò modo di vedere gli effetti positivi per la mia anima! Ho cercato di insegnare sempre agli altri che il dolore e la sofferenza sono di grande aiuto per la santificazione. Ora devo applicarlo a me stesso! Giornata molto fredda. E’ caduta la prima neve. E’ iniziata la novena dell’Immacolata. Mi voglio preparare alla festa impegnandomi ad accettare con più pazienza e rassegnazione la mia triste ed umiliante realtà di detenuto.
28 marzo 1986
Sono sempre più convinto che il Signore mi ha fatto vivere questa dolorosissima prova, anche se umanamente assurda, perché mi vuol bene! La mia vita religiosa e sacerdotale aveva bisogno di un forte scossone, per potermi rendere conto che mi stavo cullando troppo sul buon nome e sul prestigio che avevo presso le tante persone che mi conoscevano. Dio ha guardato nel mio intimo ed ha veduto che potevo fare e dovevo fare molto di più per la mia santificazione. Signore, tu vedi però quanto mi pesa questa Croce e quanto facilmente mi avvilisco. Ripeto spessissimo che voglio abbandonarmi completamente nelle Tue mani, ma il pensiero del mio domani così incerto mi tormenta e mi fa dimenticare il Tuo amore! “Signore, tendi l’orecchio, rispondimi, perché sono povero ed infelice!”.
Ore 15.30, giorno ed ora indimenticabili. Nell’ora d’aria stavo giocando a dama con un altro detenuto, mentre a pochi passi da noi altri due detenuti stavano giocando a pallone. Li ho invitati più volte di spostarsi perché il pallone poteva colpirci ma hanno continuato senza tenere conto affatto della mia raccomandazione. Dopo pochi istanti, come si prevedeva, una pallonata ha mandato all’aria tutte le pedine. Sono riuscito a stare calmo ed a tacere. Non avrei mai immaginato che da lì a qualche minuto sarebbe arrivata la notizia tanto attesa e tanto desiderata: finalmente potevo uscire dal carcere!
17 agosto
Questa mattina ho letto una frase che mi ha fatto molto riflettere: “…. Io ho ricambiato a te quello che tu hai fatto a me” (Ez. 16,59). Parole molto dure che mi hanno fatto quasi pensare ad una vendetta di Dio. Ma non è giusto, soprattutto se intendo vendetta nel senso umano, cioè di ripagare il male con il male. Il Signore mi vuole invece far sperimentare il male che ho fatto, subendone il contraccolpo in modo che mi senta più impegnato poi nel ripudiarlo. E’ quindi una “vendetta amorosa”. Il peccato è castigo a se stesso, perché porta con sé frutti dolorosi. Se il Signore mi lascia subire violazioni e rovine per il peccato commesso lo fa solo per riportarmi a Sé in un modo più forte e sicuro. Ripensando alla mia triste avventura, devo ammettere che è stato proprio così. Il dolore, l’amarezza sono stati grandi, ma anche il risultato per la mia anima è stato e sarà positivo.
6 febbraio 1987
Anche oggi una bella pagina della Parola di Dio mi è venuta in aiuto:
“… Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore, non perderti d’animo quando sei ripreso da Lui, perché il Signore corregge colui che Egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio. E’ per la vostra correzione che voi soffrite! Dio vi tratta come figli: quale è quel figlio che non è corretto dal Padre? Se siete senza correzione, non siete figli… . Dio ci corregge per il nostro bene, allo scopo di renderci partecipi della Sua Santità!” (Ebrei 12,4).
8 agosto
Voltaire diceva: “…calunniate…calunniate… qualcosa rimarrà senz’altro…!” Devo oggi constatare sulla mia pelle la verità di questa affermazione. I pettegolezzi, le false notizie apparse sui giornali, il modo settario in cui è stata portata avanti l’istruttoria ed ora il processo…, tutto ha contribuito perché queste maligne insinuazioni si siano sempre più radicate nella gente che mi conosce solo superficialmente o per sentito dire. Anche ieri sera mi è stato riferito quello che si dice di me, non solo mettendo in dubbio la mia innocenza, ma affermando con sicurezza la mia colpevolezza.
Chiara Lubich
Se guardo la mia sofferenza con occhio umano, sono tentato di cercarne la causa nella cattiveria umana. Mi viene istintivo dire che quello che mi è capitato è tutta colpa di accuse calunniose. Ma se penso solo ciò, dimentico il più, mi scordo che dietro la trama della mia vita, c’è Dio con il suo Amore che tutto vuole o permette per un motivo superiore che è il mio bene. Per questo i Santi prendono ogni evento, che li colpisce, direttamente dalla mano di Dio. Per loro il dolore è volontà di Dio e basta! Essi immersi come sono nella Parola di Dio, comprendono cos’è e come deve essere per noi la sofferenza. Colgono la trasformazione che Gesù vi ha operato, vedono come Lui l’ha tramutata da elemento negativo in elemento positivo. Gesù stesso è la spiegazione del loro patire: Gesù Crocifisso. Per questo è persino amabile ed addirittura cosa buona la sofferenza. Per questo non la maledicono ma la sopportano, l’accettano, l’abbracciano.
14 febbraio
Trascrivo una bella riflessione sulla sofferenza:
La sapienza eterna di Dio ha previsto fin da principio la croce che Egli mi invia. Prima d’inviarmela, egli l’ha contemplata con i suoi occhi onniscienti. L’ha meditata con il Suo divino intelletto. L’ha esaminata al lume della sua sapiente giustizia. Le ha dato il calore stringendola fra le Sue braccia amorose. L’ha soppesata con le Sue mani per vedere se mai fosse di un millimetro troppo grande o di un grammo troppo pesante. Poi l’ha benedetta nel Suo nome santissimo, l’ha cosparsa con il balsamo della Sua grazia e con il profumo del Suo conforto. Poi ha guardato ancora a me, al mio coraggio… . Perciò la croce viene a me dal cielo, come un saluto del Signore, come una elemosina del suo misericordioso amore!
Ancora da Chiara Lubich:
“Noi immaginiamo la nostra vita come una serie di giornate positive. Con il nostro lavoro compiuto con soddisfazione, con il nostro studio, con il nostro riposo, con gli incontri con gli amici, con i tempi di ricreazione. Siamo portati istintivamente a pensare così. Forse perché la nostra vita sarebbe stata così se l’uomo non avesse peccato. Noi non introduciamo nient’altro nei nostri programmi di vita, se non ciò che è espressione di vita,di pienezza di vita, di felicità. Perché c’è nel cuore dell’uomo una speranza che le cose vadano sempre così e soltanto così. In realtà la nostra vita si dimostra diversa, perché Dio la vuole diversa e allora Lui pensa ad introdurre nei nostri programmi, altri elementi da Lui voluti, da Lui permessi, perché la nostra esistenza acquisti il vero senso. Ecco allora i dolori fisici, morali, spirituali, mille sofferenze che parlano più di morte che di vita. Ma perché tutto questo? Forse Dio vuole la nostra morte e la nostra infelicità? Le stesse Sue parole ce lo chiariscono e ci aiutano a capire: se il chicco di grano non muore, rimane solo, se muore porta molto frutto! Se non muore il chicco rimane bello, sano, ma solo perché solo se muore si moltiplica. Dio vuole che sperimentiamo nella nostra vita vari tipi di morte, per farci portare frutto. Questo è il senso della nostra vita. Una vita che dev’essere il riflesso della Sua. Allora occorre prevedere queste morti e disporci per accettarle nel modo migliore.