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Ludopatia dei giovani calciatori: la patologia del troppo

Troppi soldi, carriere compresse e accelerate per cui ti trovi ad essere in cima al mondo quando ancora nemmeno hai capito bene chi sei. Mi sembra ci sia tanto sbaraglio nella costruzione di giovanissimi campioni che arrivano a neanche 20 anni ad essere al centro di esistenze di cui non hanno compreso la complessità e i significati. Il calcio a mio parere dovrebbe investire in potenziale educativo la stessa quantità di tempo, energie e denaro che investe per la crescita atletica dei ragazzi. E invece ci sono tanti procuratori e pochi educatori, nel mondo degli atleti in formazione, e poca riflessione sull’importanza del “saper essere” di questi ragazzi rispetto al loro “saper fare”. Col risultato che si trovano alla guida di una Ferrari con in mano la patente del motorino.

Questi ragazzi si trovano, giovanissimi e del tutto impreparati, a dover gestire somme di denaro impensabili per professionisti di altri settori e rischiano di non avere la capacità di usarle in una direzione funzionale ai loro reali bisogni di vita e di crescita.

Un ruolo decisivo è quello della famiglia che può fungere da grande stabilizzatore e da presidio in cui sostenere l’acquisizione di competenze reali per vite reali e non solo per vite da futuro campione. Un buon progetto educativo può e deve mettere insieme crescita sportiva e studi, in modo che energie residue e tempo libero vengano dedicati allo sviluppo di competenze che hanno un valore totalmente diverso, a completamento della tua dimensione umana”.

Livia Taglioli mi ha intervistato per la La Gazzetta dello Sport sul caso su cui tutti ci stiamo facendo domande. Fondamentale parlarne con i nostri figli e studenti. Se volete e potete condividete.

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