I vizi capitali
I vizi capitali – specialmente quelli legati più alla materia e alla carne – di per sé non hanno origine dal male. Sono esigenze dell’io. Sono bisogno di conferma di esserci e di essere gratificati. Per intenderci non è peccato di per sé mangiar un cibo delizioso. Il peccato di gola però si radica in una fame esagerata e disordinata che diventa anche patologica.
I padri della Chiesa hanno classificato in 7 o 8 vizi capitali (ci sono diversi schemi ed elenchi) ciò che oggi la psicologia e la sociologia chiamano dipendenze.
Più l’uomo diventa capace di libertà e di amore, più sarà forte nel resistere a queste lusinghe di un ego mai appagato e mai sazio. Non è facendosi violenza che ci si libera né con quelle che venivano definite mortificazioni, ma attraverso un cammino fatto di aiuto e di buona volontà insieme. La società di oggi è abbastanza piena di questi vizi capitali (invidia, superbia, dipendenza da alcol e gioco, alimentazione scorretta, pornografia, cultura del pettegolezzo e del ‘terrorismo delle chiacchiere’, direbbe Papa Francesco).
Per disintossicarci e ritornare alla vita buona e libera abbiamo un modello di amore e padronanza di sé: Gesù di Nazareth, l’uomo che non è venuto per prendere in possesso il mondo ma per dar sé stesso alle persone che ha incontrato. E alla fine della sua vita terrena – la Pasqua – non ha trattenuto ma ha donato il Suo Spirito.