Proprio come Giovanna – un racconto di Benedetta Bindi
“La fede è una conoscenza del cuore che oltrepassa il potere della dimostrazione” Khalil Gibran
Caterina ha avuto una visione in estate. Per la precisione alle diciotto di pomeriggio, del 24 luglio. Il suo stomaco era quasi vuoto, dal mattino aveva ingerito solo un frutto e un raviolo. E la fame si sa…può giocare brutti scherzi. Lei ha creduto fosse un segno inequivocabile del cielo, ciò che le è apparso davanti agli occhi. Come a volerle ricordare, che qualcuno che ci ama, prima o poi arriva sempre.
Era andata con la zia Giulia, e la cuginetta al giardino zoologico. La giornata era stata calda e afosa, troppo per i suoi gusti. La cuginetta però, dopo il pranzo domenicale, era apparsa come una furia nella sua camera, e tirandole il braccio, l’aveva catapultata giù dal letto. Ormai lei era diventata così leggera, che anche una
bambina di sette anni poteva farlo. Le erano volate via le cuffie sul tappetto, e continuavano a emettere musica: “Sarà che sono di settembre, come tutti i grandi cuori, ma i dolori che ho annegato, qualche volta saltan fuori”.*
Così Caterina, si era sentita come se le fosse stato affidato un compito, più grande dei suoi desideri: quello di rimanere a casa tranquilla. Aveva riso, rotolandosi per terra, con quella mocciosa adorabile, poi erano uscite insieme. Il primo shock era accaduto subito. Un’ondata di aria calda, le aveva fatto girare la testa, le gambe erano diventate molli e aveva creduto di svenire. Però stringendo i denti aveva sorriso a Daniela, ed era entrata in auto. Dopo un‘ora a passeggiare sotto il sole, in un giardino zoologico quasi deserto, mentre la cuginetta, scattava foto in continuazione, a un tratto davanti alla gabbia di una tigre, aveva notato un uomo biondo
dagli occhi azzurri. Accarezzava un felino sorridendogli. Si era stropicciata gli occhi, pensando di sognare, ma una volta riaperti, lui continuava a fissarla intensamente, e a coccolare il felino come fosse un gatto. Poi si era dissolto nel nulla, quell’uomo bellissimo, con il volto scavato e gli zigomi alti.
In macchina mentre tornavano a casa, Caterina ha ricordato le parole della professoressa di religione: “Ogni Santo ha avuto la chiamata….”.
Forse a lei stava accadendo la stessa cosa?
Si era sdraiata sul sedile posteriore, perché la testa le sembrava sul punto di scoppiare, aveva la nausea ed era confusa. La zia vedendola dallo specchietto posteriore dell’auto, le aveva domandato: “Stai bene Caty?”, lei aveva risposto: “Sì, sì, solo troppo caldo”. Mentre sua cugina, commentava felice le foto sul telefonino, non si era girata nemmeno a guardarla, in preda all’euforia dei suoi scatti. Caterina aveva chiuso gli occhi, e le era apparsa l’immagine di una guerriera a cavallo, una ragazza, che a soli diciassette anni, vestendosi da uomo, aveva liberato la città di Orlèans, dalle truppe inglesi. Una giovane che aveva le visioni e sentiva le voci: “Giovanna D’Arco”. Aveva comprato anche un libro su di lei mesi prima, un tomo di trecento pagine, che non era riuscita ancora a terminare. Da mesi sogna un atto eroico, qualcosa per il quale i suoi genitori rimanessero folgorati. Le sembra di essere diventata invisibile per loro.
Tutta colpa di: Stefano, suo fratello! Un moccioso di un anno, arrivato a casa, quando lei si era abituata ormai a essere figlia unica, quando nessuno pensava più, ci potesse essere ancora posto per una culla! Sua mamma aveva quaranta tre anni quando lui gli è apparso nel ventre!!! Se c’è un’età per tutto, si era ripetuta più volte, diventare madre dopo i quaranta dovrebbe essere vietato dalla legge! Stefano! Spesso vorrebbe urlare questo nome, mangiarsi tutte le lettere che lo compongono, o calpestarlo sotto le suola delle sue scarpe.
Pensare ai suoi genitori ultimamente la svuota, e si sente travolta dalla più pericolose delle tempeste: quella del passato, quando da loro, era veramente amata. Per questo da quattro settimane rifiuta il cibo. Ha finto ogni giorno di mangiare quello che i suoi le mettono in tavola, ha fatto anche commenti lusinghieri alla mamma, mentre spuntava nel tovagliolo ogni pietanza. Nessuno si è accorto dei suoi gesti, nemmeno degli etti, che giorno dopo giorno ha perduto. Erano troppo preoccupati di quelli che metteva Stefano, finalmente ingrassato. Nato prematuro e sottopeso, per un mese in incubatrice. Sua mamma è andata da lui ogni giorno appena nato, per fare: “Marsupio terapia” consiste nel mettere il neonato nudo, sul seno materno.
Per Caterina quello è stato il tempo più bello. Una volta entrato in casa il moccioso, è stata la fine. Il mondo com’era stato prima, cancellato per sempre. Il suo fratellino aveva portato via tutto, come quando si sparecchia in tavola e rimane solo la tovaglia. Ora da qualche giorno, si sono trasferiti tutti alla casa del mare. Lei trascorre molto tempo da sola, si mette in giardino e fa bracciali e collane. Compone le sue canzoni, e a volte prega. A sua madre non pare interessargli che non veda più Giulia e Isabella, che si rifiuti di andare al mare. Lei è interessata solo al piccolo. Se fa la cacca, se mangia, se tenta di muovere i primi passi. Una volta sono andate allo stabilimento insieme, Caterina e sua madre: è stato un disastro. Per questo ha deciso di non metterci più piede. Si è sentita tradita anche dalle sue amiche. Tutte sotto l’ombrellone a contendersi il suo fratellino, ognuna voleva tenerlo in braccio, le sentiva dire che era un bambolotto, con quegli ricci e gli occhi celesti. Poi lui sorrideva a tutte, le abbracciava il moccioso. Non gli bastavano le coccole dei suoi, no! Voleva le attenzioni anche di loro, che invece di fare il bagno con lei, giocavo con lui! Lo detesta.
Lei da sempre la prima della classe, tra le più brave a cavallo, con tre coppe sulla mensola, orgoglio dei suoi genitori. Erano ancora più felici del modo nel quale suonava perfettamente la chitarra. Contenti che desiderasse diventare una cantautrice, ora tutti i suoi sforzi per essere amata, le sembrano vani. Non mangiare più, è stata l’unica cosa sulla quale le è sembrato avere un certo controllo, mentre tutto le sfuggiva di mano. Si guarda allo specchio, un mese a spuntare nel tovagliolo, e sentire i crampi della fame, le vertigini, e anche una visione. Le sue anche sono appuntite come una spada, il ventre piatto, due minuscoli seni in procinto di
esplodere. Gli ormoni però sono tenuti a freno dal suo digiuno. Mentre le sue amiche, espongono felici al mare, le forme morbide dell’adolescenza. Si sente improvvisamente sola, quando vede le foto postate dalle amiche, nello scatto di gruppo ha notato la bella faccia di Davide. Le batte il cuore, finalmente è arrivato. Lui è stato il suo ragazzino l’estate precedente, quello al quale ha dato il suo primo bacio. Si erano lasciati con la promessa di vedersi l’anno seguente, perché lui è di Milano, lei di Roma. Lo trova in un angolo delle cabine, con Daria, una tipa più grande di lei, con un costume alla brasiliana e un sedere enorme. Lui le sta
mettendo le mani in ogni dove, la bacia. Lei distoglie lo sguardo e scappa via. Non fa nemmeno un tuffo al mare, sale sulla bicicletta e corre a casa. A ogni pedalata, una lacrima scende giù, è calda, pesante, come il masso sul cuore che le toglie il respiro. Sale in camera sua e con foga, si taglia la treccia bionda. Vuole essere come Giovanna, coraggiosa e forte, più di un uomo.
Invece…..Le gira la testa, è caldissimo, dal mattino ha mangiato solo una pesca. Si guarda allo specchio, si trova orribile, senza forme e con tre peli in testa. Adorava i suoi capelli, lisci, biondissimi, erano l’invidia di tutte le sue amiche. Con rabbia taglia ancora di più, tanto ormai tutto è perso, piange, mentre la testa continua a girarle. Guarda la sua treccia che giace sul pavimento, le viene in mente che potrebbe strozzarci il suo fratellino, è lunga abbastanza. La raccoglie e la tiene tesa con entrambe le mani. Entra nella camera del piccolo, lui dorme con il ciuccio in bocca, lo succhia avidamente come fosse un seno. Lei fa un passo nella sua direzione, basterebbe un colpo secco, a quel piccolo collo bianco….
Le torna improvvisa l’immagine dell’uomo nella gabbia, il suo sguardo, le si ferma il respiro, senso di panico.. Scappa via. Entra al bagno, mette la testa sotto l’acqua fredda del rubinetto. Vuole cancellare quel terribile pensiero, come può essere arrivata a tanto? Nello specchio scorge il suo volto: il viso dal perfetto
ovale, la pelle liscia, senza un brufolo, ciglia lunghe, bocca piccola ma carnosa. Potrebbe dire che ha un bel volto, ma gli occhi grandi e nocciola sono terribilmente spenti, tristi, e pieni di paura come se stesse affogando in mare. Porta la testa indietro e la ributta in avanti sputando alla sua immagine riflessa. Poi gli urla: “Mi fai schifo!” Altro che visioni pensa, lei non vale nulla!
Sente delle voci…Provengono dal piano di sotto, è arrivata la nonna. Suo padre chiama: “C’è nessuno in casa?” Sua madre si sveglia, e scende con il piccolo. Sente la nonna che dice: “Che bello Stefano, come sei cicciotto finalmente, ti sei fatto grande”. Poi sente dire: “Ma la mia Giovanna dov’è?” Alla ragazzina le si scalda il cuore, qualcuno che le dice ancora: “Mia”. Si precipita per le scale, poi alza lo sguardo, vede gli occhi dei suoi genitori entrambi sbigottiti, come se avessero visto un fantasma. Sente la nonna dirle: “Ma cosa hai fatto? I tuoi capelli! Come sei magra piccola mia”. Caterina non fa in tempo a rispondere, le gira la testa, dopo il primo gradino le si offusca la vista e sviene, rotolando per le scale.
Quando si risveglia, ha una piccola sonda al braccio, le duole la gamba destra, la tocca è fasciata ma non è ingessata. Sente dire alla nonna: “Domani esci piccola mia, sei caduta dalle scale, hai avuto un mancamento, devi mangiare di più. Ti lascio per tre settimane e che mi combini”. Sorride senza aprire gli occhi, poi gli spalanca e fa un tenue: “Bhù!”Si sente improvvisamente di buon umore, diversa. In camera con lei c’è una ragazzina, quando rimangano sole, parlano tutto il giorno. Erica ha un anno meno di lei, e un problema al cuore. Non fa sport, va poco a scuola ed è in attesa di un’operazione. Caterina durante la notte dorme poco, ha dolori sparsi, ma non le interessano, sente un’energia che la pervade, ma è anche triste per quella nuova amica. Pensa a tutte le cose che Erica farebbe se fosse lei: pattinare, andare a una festa di sera, giocare a pallavolo, andare all’acqua park. Gli ha esposto i suoi desideri, mentre per lei sono cose che può fare quando vuole.
Al mattino sente dei passi, un dottore fa capolino alla porta, al suo fianco c’è un infermiere. Lei li vede, ma richiude subito le palpebre: “Aldo guarda chi è tornata, la ragazzina dal cuore fragile, da giugno è già due volte che la ricoverano, speriamo le facciano presto il trapianto, altrimenti questa ci rimette le penne, l’altra non ha nulla, solo un po’ anoressica. Vogliono essere tutte modelle!”
Caterina vorrebbe non aver sentito, appena i due uomini si allontanano, inizia a piangere. Quel tipo di lacrime che nascono da dentro, che ti attorcigliano lo stomaco e poi lo riducono a cenere. Si sente in colpa, una stupida! Vorrebbe anche urlare a quel dottore che deve stare attento, i pazienti non sono cose, ma esseri umani!
Apre gli occhi e guarda Erica che dorme ancora, è bella, la pelle bianchissima, i capelli lunghi e neri. Vorrebbe avere il potere di fare un miracolo, guarirla, ma di una cosa è certa si prenderà cura di lei! Al mattino arriva sua mamma, entra in stanza trafelata, i capelli in disordine e senza trucco. Due profonde occhiaie le intristiscono il volto. L’abbraccia forte piangendo.
Caterina con un certo distacco le dice: “Dai mamma, mica sono morta”. Erica la guarda, le due ragazzine si sorridono complici. Sua madre le sfiora l’orecchio e le sussurra: ”Scusami per tutto” lei l’allontana con il braccio, come fosse ancora risentita. Poco dopo escono dall’ospedale, Caterina saluta l’altra se, quella rimasta tra quelle mura bianche. Si era affezionata a lei, a quella figura senza peso. Il suo angelo custode, che le dice ancora a gran voce: “E chi ti darà la mano se mi cacci via?” Lei non le risponde, non ci casca più, l’ignora. Sul viale che porta al parcheggio, a un certo punto si ferma, come sentisse una presenza alle sue spalle. Si gira, alza il volto verso la finestra. Erica è appiccicata al vetro della camera, lunga come i suoi capelli, con una camicia da notte rosa, sembra dipinta tanto è bella. Accanto a lei Marancella, un’infermiera simpaticissima, le tiene l’asta della flebo. La salutano con la mano.“A presto” le urla Caterina, anche se lei non può sentirla. S’infila rapida in auto, mette gli occhiali da sole, non ha voglia di parlare e chiude gli occhi. Sua mamma mette la sua musica preferita, e sulle note di: “E se mi hai visto piangere, Sappi che era un’illusione ottica, Stavo togliendo il mare dai miei occhi…..”*
S’ immagina con Erika a cavalcare, in un campo verde, sterminato, mentre alzano al cielo un legnetto, come fosse una spada. Eh dice, tra sè e sè, ognuna urlerà la propria vittoria ne sono certa, proprio come Giovanna!
Arrivata sotto casa, prima di scendere dall’auto sorride a sua madre con dolcezza, poi la bacia sulla guancia. Entra in casa e abbraccia la nonna, sente il suo profumo alla tuberosa, le ricorda la sua infanzia. È felice, fa caldo, muore dalla volgila di fare un tuffo al mare. Saluta il papà, che con occhi lucidi la bacia, poi vede
Stefano che muovendo i primi passi, come fosse ubriaco, le viene incontro porgendoli una macchinina. Affonda le mani nella sua ciccia, il naso nel suo collo. Poi corre in stanza a cambiarsi. Mentre nuota tra le onde, fa un ultimo pensiero, forse quell’uomo nella gabbia, l’ha visto davvero, forse qualcuno che ci ama prima o poi arriva sempre. Vede un’onda gigante che sta per arrivare, è emozionata sente di essere di nuovo viva, sente che lotterà anche per la sua amica.
*Zen- Canzone dei Pinguini Tattici Nucleari
-Pastello bianco –Pinguini Tattici Nucleari