Crotone: per quelle vite spezzate dobbiamo alzare la voce
VITE SPEZZATE – Partono dai loro paesi i poveri in cerca di pane e di fortuna. Qualcuno li ha messi in guardia, la traversata è pericolosa, gli scafisti sono spietati, bramano solo i vostri soldi. Partono ugualmente. Li spinge la speranza.
Speranza, chi sei? Senza di te vivere è un tormento. Vanno, tenendo gli occhi fissi nei tuoi. Ingenui. Si fidano di quel poco di cuore che alberga in ogni essere umano. “Ce la faremo” si dicono “Ce la faremo e la vita inizierà a sorridere anche a noi”. Da una parte, loro, i bistrattati, gli umiliati, gli scarti schiavizzati. Da quest’ altra parte noi, la cultura di cui andiamo fieri, la nostra economia, il nostro progresso, la nostra fede religiosa. I tanto declamati valori di libertà, uguaglianza, fraternità, intrecciati ai nostri egoismi non sempre manifesti, i nostri affari, più o meno leciti.
Quattro giorni e quattro notti in mare. Minuti dalla durata eterna. Ecco, ci siamo. Terra. Terra. La traversata è quasi conclusa. “Ce l’abbiamo fatta” si son detti. E, invece, l’inferno era nascosto tra le onde. L’imbarcazione si spezza in vista della riva. Il mare si fa nemico spietato, cieco, sordo, che sbava come un vulcano gelido. Un mostro affamato che inghiotte tutti, adulti, bambini, mamme, giovani sposi.
Paura, pianto, spavento. È il panico. Una lotta impari con le forze irrazionali della natura in tempesta. E quei bambini… Che tenerezza, che rabbia, che dolore nel vedere i “nostri” bambini dibattersi nella notte buia. Sono i figli di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà. Bambini verso i quali abbiamo un debito colossale da pagare. Piangono. Strillano. Si disperano. Gli occhi spalancati dal terrore, invocano, chiedono aiuto. Non vogliono morire.
Invocano da noi quella pietà senza la quale a nessuno è dato di chiamarsi uomo. Eccoli, alzano le manine raggrinzite verso Dio, verso di noi, cristiani di antica data. Ci svegliano dal sonno. Ci schiaffeggiano. Ci pugnalano il cuore. Caino si chiamava chi per la prima volta uccise. Caino si chiama chi ancora uccide oggi. Erode si chiamava chi straziò “Rachele”. Di Rachele sempre porteranno il nome le “mamme orfane” per le quali consolazione non c’è. Per le vie del mondo continua ad aggirarsi Pilato con il suo insopportabile catino.
« La mafia uccide, il silenzio pure». Uccidono e massacrano le mafie di ogni tempo e di ogni luogo; quelle crasse che ti sparano un colpo di lupara in testa e quelle che avanzano a suon di collusioni, corruzioni, cattive leggi. A suon di orgogli e di interessi economici, nazionali, continentali, regionali o tribali. Oggi siamo tutti sul banco degli imputati. Tutti siamo chiamati in giudizio. A nessuno è dato di lavarsi le mani, di bendarsi gli occhi, di cercare rifugio tra le pieghe di leggi ingiuste. Oggi siamo chiamati a non mettere da parte le strazianti foto dei bambini che si aggrappano a qualsiasi cosa per non annegare. Oggi possiamo ancora fermarci e arrossire d fronte allo scempio dei naufraghi colpevoli di avere – come noi – fame e sete di pane e di libertà.
I cristiani di ogni confessione, i fratelli ebrei e musulmani, i credenti di altre fedi, e tutti coloro, che credono nella bontà degli uomini, debbono alzare la voce, senza temere di essere inopportuni. Isaia: «Grida a squarciagola, non avere riguardo… dichiara al mio popolo i suoi delitti…». Grida in ogni sede, da tutti i tetti, da tutte le pagine dei giornali. Grida in tutte le chiese, in tutte le sinagoghe, in tutte le moschee, nei palazzi dei poteri. Oggi, tutte le autorità politiche, di destra, di sinistra, di centro, italiane e straniere, devono trovare il coraggio di andare ognuno alla ricerca dell’altra e, con immensa umiltà, chiedersi dove e come poter intervenire efficacemente perché lo scempio delle vite ingoiate dal mare possa avere termine. I bambini, i poveri, gli emarginati, i bistrattati della storia non hanno colore politico. Sono esseri umani. Nei loro confronti abbiamo solo doveri da assolvere. E occorre farlo al più presto.
Le pagine dei giornali di oggi si trasformeranno nei libri di storia di domani e ci condanneranno. E – per chi si dice cristiano – nelle parole terribili di Gesù nel giorno del giudizio: «Ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito… Via lontano da me, nel fuoco eterno…». Dio non voglia. Perdonateci fratelli e sorelle. Perdonateci bambini. Perdonaci, Signore.
Maurizio Patriciello