Quanto è estranea la vecchiaia finché non ci si piomba in mezzo
𝑰𝒏𝒕𝒊𝒎𝒊𝒕𝒂’ 𝒏𝒐𝒕𝒕𝒖𝒓𝒏𝒂 𝒂𝒍𝒍’𝒖𝒍𝒕𝒊𝒎𝒐 𝒈𝒊𝒓𝒐 𝒅𝒊 𝒃𝒐𝒂
Ogni volta che va in scena Lella Costa, vado. Amo di lei la modalità ironica e asciutta. Il ritmo profondo veloce e femminile. In scena al Duse un tema “diverso” dal mio solito, che potrei definire ironicamente: l’intimità notturna all’ultimo giro di boa. Lella Costa interpreta una donna che si sta avviando a vivere l’ultimo ciclo della sua vita e rimasta vedova chiede ad un amico anch’egli vedovo di dormire insieme. Non si tratta di una proposta erotica, ma del desiderio di condividere con qualcuno ancora quell’intimità notturna fatta soprattutto di chiacchierate nel buio prima di cedere al sonno.
“Ma la società non è pronta a concedere a chi entra nel terzo tempo della vita un sogno romantico”, tutto suona superfluo.
Tanti temi si muovono qui al Duse stasera. Le convenzioni, il giudizio e ovviamente il tempo. Spesso rifletto a quanto sia estranea la vecchiaia finché non ci si piomba in mezzo. Dovremmo allenarci all’anzianita fin da bambini. In occidente (ora più che mai) il tema vecchiaia (e dunque morte) e’ sempre stato allontanato.
Penso al risalto che si dà alla scelta capelli bianchi si o no, le rughette da nascondere o ritardare, la difficoltà di accettare l’uso di bastoni e ausilii.
Eppure fino a non molto tempo fa la vecchiaia era saggezza. Non era malattia.
E portava con se una sua intimità un suo silenzio un suo sentirsi al centro, era esperienza.
Quando mi fermo su mia madre che accudisce mio padre mi domando quanto sia difficile accettare l’impermanenza, quando la vita ti porta lentamente via chi ami.
Quando la vita inverte l’ordine e dell’uomo su cui ti sei appoggiata per una vita, di quella montagna, è rimasto un ricordo.
Ecco forse dovremmo educarci alla vecchiaia alla sua bellezza alla sua difficoltà, quando la vita è nel massimo della sua forza. Curare l’anziano e familiarizzare con l’anzianita’ sapendo che comunque ci appartiene: è solo questione di tempo.
E forse impareremo a celebrare tutto della vecchiaia, la bellezza, il dolore, l’impossibilità e la possibilità,
quei desideri che non ci si concede, quelle speranze di cui ci si vergogna, di quei giudizi frutto di un’epoca non futuribile.
Fossero anche parole sussurrate prima di cedere al sonno.
E poi ovviamente, nel mentre ragiono di impermanenza, aspettando la vecchiaia mi godo “il qui e ora” con il solito calice di rosso.
Dalla parte della vita,
con il sorriso,
sempre.
Riflessioni scomode ma Vitali