Duecento. Tante sono le ore di studio che a un bambino del Sud vengono sottratte rispetto ai suoi coetanei del Nord
DUECENTO – Duecento. Tante sono le ore di studio che a un bambino della mia Campania, del mio amato Sud, vengono sottratte rispetto ai suoi coetanei che vivono in Liguria, in Veneto o in Lombardia.
La colpa non è di una vecchia clessidra difettosa alla quale si è ritretto il foro. Il ladro di ore non è una persona che puoi acciuffare e mettere in gattabuia, ma una serie di situazioni che si trascinano da più di un secolo e mezzo.
È da allora, infatti, che la nostra bella Italia continua a camminare a doppia velocità. Le diagnosi degli esperti, a riguardo, non mancano. Al contrario, sono tante e, sovente, contraddittorie. Dipende chi le fa, perché le fa e dove intende arrivare. Ovviamente, dalla diagnosi, più o meno esatta, dipende poi la terapia, più o meno efficace.
Oggi siamo contenti di essere un popolo solo. Nessuna nostalgia del perduto regno. Siamo fieri della nostra Costituzione. Sono italiano, orgoglioso di essere italiano, ma sono pur sempre un italiano del Sud. E non è poco. Perché le deficienze che la mia terra è costretta a sopportare le vivo sulla mia pelle. I miei bambini, quindi, rispetto ai bambini di don Ambrogio, in provincia di Como, studiano quattro ore a settimana in meno. E questa è una plateale igiustizia. Come me, anche don Ambrogio lotta per la pari dignità, le pari opportunità. Ma, come me, è costretto a prendere atto che siamo ancora ben lontani dal realizzare i nostri sogni, che sarebbero poi i diritti dei bambini.
Sono stati in una scuola di Salerno. Due ore benedette. Con gli studenti abbiamo parlato di droga, di alcolismo, di disagio giovanile. Ho chiesto, poi, chi avesse un pacchetto di sigarette. Luisa e Gennaro si sono fatti avanti. Li ho invitati a leggere le scritte sul pacchetto: « Il fumo danneggia i tuoi polmoni. Il fumo aumenta il rischio di cecità. Il fume uccide. Smetti subito». Ci siamo fermati. Abbiamo ragionato. Ho raccontato storie vere di persone morte recentemente di cancro alla gola e al polmone. Ci siamo soffermati sulla bellezza e la fragilità della vita. Li ho invitati infine a schiacciare sotto i loro piedi le sigarette assassine. Lo hanno fatto. La sala è scoppiata in un applauso incoraggiante e liberante.
Al Sud abbiamo ottimi studenti, ottimi insegnanti, ottime intelligenze, che esportiamo in tutto il mondo. Abbiamo, però, meno opportunità, meno diritti. I dati Svimez sono impietosi. Abbiamo meno aule, meno palestre, meno mense scolastiche. Un’ ingiustizia, sotto il naso di tutti, alla quale tanti responsabili fanno finta di non guardare. Lasciamo le polemiche ai soliti polemisti. Almeno in questa sede, non ci interessano.
La scuola, d’altronde, non è la sola ingiustizia cui è sottoposto il nostro popolo. La sanità pubblica è l’altra spina nel fianco. Pochi giorni fa è morto Luigi. Aveva solo 17 anni. Ha combattuto come un leone contro una patologia al cervello. Per anni ha dovuto fare la spola tra il “ Gaslini” di Genova e Crispano, il paese del Napoletano dove viveva con i genitori.
In Campania, in Calabria, in Puglia i tempi di attesa per una risonanza magnetica, una Tac, o altri esami diagnostici, sono lunghi. Chi teme per la vita del suo bambino scappa altrove pur di metterlo in salvo. Le famiglie si lacerano. E accade una cosa paradossale, la Liguria, per esempio, essendo una delle regioni “più vecchie” d’Italia riceve dallo Stato centrale più fondi della Campania, regione tra le “più giovani” della Penisola. I criteri per la ripartizione dei fondi avvengono su basi anagrafiche.
Le cose stanno – purtroppo – così. Allora? Vogliamo dare ai ragazzi del nostro Sud gli stessi diritti e le stesse opportunità che hanno i loro coetanei del Nord? Penso che tutti, ma proprio tutti, da Tarvisio a Lampedusa, Dal Salento alla Sardegna, diranno di si.
Chi manca all’appello, allora? Non penso ci sia bisogno che lo dica io. Allora, senza perdere altro tempo prezioso, corriamo ai ripari. La dignità dei nostri bambini del Sud è sacra quanto quella dei nostri bambini del Nord.
Maurizio Patriciello.