Settecentosettantanove giorni e settecentosettantanove notti
Di Matteo Messina Denaro vogliamo sapere solo notizie certe che riguardano la sua lunga latitanza, i suoi crimini, i suoi alleati, i suoi scagnozzi. Siamo contenti che venga curato bene, ma anche che resti al 41 bis.
Impari a capire – almeno adesso – che non può pretendere diritti – a volte inesistenti- se si rifiuta – da vero mafioso – di collaborare con la giustizia.
Cari fratelli e colleghi giornalisti, vi prego, abbiate pietà e rispetto dei poveri lettori e telespettatori. Risparmiateci gli inutili e fastidiosissimi pettegolezzi sulla sua salute, i suoi umori, le sue camicie, la sua virilità, più o meno compromessa dall’età che avanza e dal cancro al colon.
Parlateci, invece, senza stancarvi mai, di Giuseppe, un bambino, che, ingannato, sequestrato, umiliato e tenuto prigioniero, peggio di una bestia feroce, per 779 (settecentosettantanove) lunghi giorni – e 779 interminabili notti – è stato costretto a vivere in condizioni disumane, peggiori di quelle vissute dai suoi coetanei nei tanti campi di sterminio, di cui possiamo solo vergognarci. Solo. Terribilmente solo. Spaventosamente solo. Disumanamente solo. Con le sue paure. I suoi tormenti. I suoi incubi. I mille attacchi di panico. Le sue lacrime. Le sue grida. La sua angoscia. La morte, in fondo, arrivò come un’amica, l’11 gennaio del 1996. Anche l’acido usato per annientarne il corpo è davvero poca cosa. Giuseppe era già morto. Sono quegli orribili 779 giorni e quelle inenarrabili 779 notti di inaudita ferocia che ci fanno impazzire. Ci tolgono la pace e il sonno. Giuseppe Di Matteo. Dategli la parola. Fatelo parlare. Fatelo gridare. Fatelo – finalmente!- piangere. Fategli prendere a pugni il mondo.
Da parte nostra, promettiamo di non scappare davanti alle sue accuse. Di non mettere la testa sotto la sabbia. Di non turarci le orecchie. Di non essere vigliacchi. Di non bestemmiare continuando a dire: ” Non mi interessa… non sono fatti miei… non so niente “. Ma di rimanere – in ginocchio e col cuore a pezzi – fermi davanti a lui.
A chiedergli perdono. A implorar pietà. Tutti. Tutti. Tutti. A cominciare dal signor Matteo Messina Denaro che di tanta, inaudita, spietata crudeltà fu uno degli artefici.
Continuiamo- intanto – a chiedere a tutti i sindaci della nostra bella Italia – soprattutto in Sicilia- di intitolare a Giuseppe Di Matteo, almeno una strada o una piazza della loro città.
Perché i bambini, domani, potranno averlo amico. Conoscerne la storia. Parlargli. Volergli bene. E invocarlo come fanno con gli angeli che giocano felici in paradiso.
Dio vi benedica.
Pinuccio, caro, piccolo martire della disumana ferocia mafiosa, prega per noi.
Padre Maurizio Patriciello.