Il bimbo in grembo non è di destra ne di sinistra
Fatevi un regalo, trattatevi bene. No, non ho detto trattatemi, ma trattatevi, vogliatevi bene. Cioè, non fatevi male – un male che prima o poi vi presenterà il conto da pagare –, non abbassate la guardia di fronte ai veri drammi della vita.
Capisco che in campagna elettorale ognuno vuole strappare all’avversario voti e preferenze. Ma non capisco come si possa affrontare a cuor leggero il dramma dell’aborto. Le prossime elezioni ci porteranno, ancora una volta, a scegliere quelli che, secondo noi, sono i migliori. Ammettiamolo, cosa decisamente ardua. Si tratta di dare la nostra fiducia a coloro che riteniamo meno egoisti, meno ignoranti, meno ingordi, meno attratti da interessi personali e familiari. A coloro che hanno a cuore i diritti dei più poveri, dei più indifesi, dei più fragili. A quelli che credono che la famiglia, sia la prima cellula dove s’impara a crescere, a rispettare gli altri, ad amarli. Si tratta di capire, per esempio, come si pone Tizio, Caio e il partito che rappresentano davanti ai grandi, immensi temi della vita nascente, della pace, dei poveri, della vita morente.
Il tema – o meglio – il dramma dell’aborto non è mai uscito né mai potrà uscire di scena. Sul tema – o meglio – sul dramma dell’aborto non sono ammessi slogan da sbandierare, siano essi di destra, di centro o di sinistra, per il semplice motivo che il bambino che palpita nel grembo materno non è di destra, di centro o di sinistra. È un essere umano. Immenso, unico, irripetibile. I vari partiti, in campagna elettorale, non possono non ammettere che il diritto alla vita, per il quale tutti siamo pronti a stracciarci le vesti, non può che scoccare con lo scoccare stesso della vita. A riguardo non sono ammesse le bugie e nemmeno le mezze verità, che non sono che mezze bugie.
Non è lecito, a nessuno, sferrare colpi bassi agli obiettori di coscienza. Tutti dovrebbero sapere che cosa sia e quali valori racchiuda l’obiezione di coscienza. Un baluardo della democrazia. Un santuario sicuro per chi non vuole insozzare la propria coscienza, quando è messa a rischio. Traguardo raggiunto con fatica. Non posso condividere il pensiero di chi dice che «se tu non vuoi divorziare non divorzi, se sei contro l’aborto non lo pratichi, se sei contro le relazioni omosessuali sei libero di non averne. Ma non puoi impedire ai tuoi concittadini di fare quello che tu non sceglieresti per te. Questa è la laicità dello Stato, una delle grandi conquiste ora in pericolo». Che dire? Laicità dello Stato in pericolo? Non credo sia questa una delle emergenze da affrontare. Ce ne sono ben altre cui guardare con timore e tremore. Da prete cattolico, vorrei dire che a Caivano e in Terra dei fuochi tante donne chiedono di abortire solo perché povere o con mariti disoccupati. Avete capito bene: la paura di non poter sfamare il figlio le “costringe” a ricorrere all’aborto. Di queste donne invisibili, nessuno si prende cura. Non interessano né alle femministe, né ai politici, né ai difensori dei diritti a oltranza. Non esistono. A loro viene solo concessa la “libertà” di abortire. Bel modo di risolvere i problemi. Loro non fanno chiasso, non reclamano, non pretendono. I poveri tacciono. Qualcuno ha il dovere di gridare al posto loro? Qualcuno – cattolici in testa – si accerta che tutto sia stato fatto, come legge comanda, per scongiurare quell’aborto? Qualcuno ha il diritto di richiamare l’attenzione, oltre che sul diritto della mamma all’autodeterminazione, anche su quel bambino che di certo non vuole essere strappato dal suo rifugio? Nessuno va loro incontro, nessuno propone un percorso alternativo, nessuno cerca di alleviare la loro sofferenza. No, nessuno, tranne i vari amanti della vita. Gente spesso bistrattata, umiliata, calunniata; che rischia anche fisicamente pur di correre in aiuto a una donna e dirle di non aver paura, che “noi ci siamo”. Se ha bisogno “noi ci siamo”. Per qualsiasi cosa “noi ci siamo”. E in questo modo, semplice, fraterno, umano, a zero spese per la casse dello Stato, abbiamo salvato decine e decine di bambini.
La cosa che tanti, però, fingono di non sapere è che questi neo-genitori non smettono, negli anni, di ringraziare chi è andato loro incontro in un momento difficile. Le loro testimonianze sono fonte di gioia e di speranza. Se davanti a un’opera d’arte c’è gente che, sopraffatta dal bello, sviene, che cosa mai dovrebbe accadere – a tutti, credenti e non credenti – davanti a un neonato che succhia al petto della mamma dopo aver scampato il buco nero dell’aborto?
No, lo dico da fratello, non fatevi male. Chiunque siete, a qualsiasi partito appartenete. Davanti alla vita togliamoci il cappello. Prima di arrenderci accertiamoci di avercela davvero messa tutta, a tutti i livelli, perché, oltre ai diritti della mamma siano presi in seria considerazione anche quello del bambino che altro non chiede di essere accolto in questo mondo come lo fummo noi.
Padre Maurizio Patriciello – da Avvenire