Le molte storie di Milano: Quasimodo e il non imparare le poesie a memoria
In Largo Treves, c’è un noto e storico ristorante, a pochi metri dal Corriere della Sera, a pochi metri dall’Accademia di Brera. Negli anni ‘60, e ancora adesso, era frequentato da giornalisti e intellettuali.Uno di questi ultimi era il premio Nobel per la letteratura Salvatore Quasimodo, che lo frequentava insieme ad Eugenio Montale.Il figliolo dei proprietari, toscanacci trapiantati da Chiesina Uzzanese nella Milano del boom, andava allora alle elementari, oggi gestisce il locale.Quando lui tornava dalla scuola, li vicino in Via Palermo, trovava la mamma occupata in cucina e il babbo in sala. Cosicché il babbo prese l’abitudine di chiedere al Quasimodo di controllare se poteva, un poco, i compiti a casa del figlio li sui tavoli della sala, dopo che gli avventori se ne erano andati.Un giorno il bimbo disse al Quasimodo che doveva ripetergli una poesia che la maestra gli aveva chiesto di imparare a memoria, e il Maestro tuonò, “mai ripetere a memoria, ripetono a memoria i cretini, tu devi interpretare se non ti ricordi, interpreti quello che hai capito, e la maestra che ti chiede di imparare a memoria è una cretina!!!”
Ovviamente scioccato, il bimbo il giorno dopo si presentò alla maestra che lo interrogò su una poesia del Manzoni; al momento in cui il bimbo andò in difficoltà perché non ricordava una parola, interpretò, inventò la parola, e fu ripreso dalla maestra, alla quale però lui replicò: “chi fa ripetere le poesie a memoria è un cretino” con grande scandalo della maestra che lo mise fuori dalla classe in corridoio e poi scese con lui da scuola perché voleva accompagnarlo dai genitori.Alla vista del padre li nel ristorante, la maestra raccontò e il babbo senza stare tanto a pensarci rifilò due sonore sberle al bimbo che intanto guardava li nell’angolo il Quasimodo, che a questo sconquasso lo aveva condotto. E infatti proprio appena la punizione esemplare era stata comminata e la maestra soddisfatta se ne stava andando, il Quasimodo si alzò e porgendo la mano alla maestra, pronunziò fatali parole: “molto piacere, io sono Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura, volevo dirle che sono io che ho spiegato al nostro Renatino che chi obbliga ad imparare a memoria le poesie è un cretino, e glielo ribadisco, e mi prendo tutta la responsabilità di averglielo detto. Le poesie vanno interpretate, non imparate a memoria, la ringrazio e la saluto.
”Immaginabile il gelo che calò nella sala, e lo scalpitio scenografico dei tacchi della maestra che si voltava, si avvicinava alla porta e usciva, in direzione della scuola.Il bambino non fu mai più interrogato dalla maestra, racconta lui stesso oggi, e quella sala da pranzo della Milano che incominciava ad assaporare il boom, frequentata da giganti della letteratura mondiale e del giornalismo, diventata per un attimo palcoscenico di una lectio magistralis è ancora lì, magari oggi non più frequentata dai giganti ma ancora bella e densa di storia.
Emanuele Fiano