Per una mamma incapace di amare ricordiamoci delle altre mille che si consumano d’amore per i figli
FIGLI. L’ho conosciuto quest’anno, in Sardegna. Si chiama Alessandro, è un giovane prete. Siamo diventati amici. I genitori di Alessandro hanno dodici figli. Si potrebbe discutere sul perché a due persone già baciate dalla grazia di un figlio non venga meno il desiderio di continuare a essere madre e padre.
La storia della famiglia di don Alessandro è interessante: ben 9 dei suoi fratelli e sorelle, infatti, sono stati adottati. Penso a loro in questi giorni in cui siamo stati schiaffeggiati dalla notizia della giovane mamma che ha abbandonato fino a farla morire la sua bambina di pochi mesi per stare con il suo compagno. Siamo annichiliti. Se solo ci dicessero che la signora è psicologicamente disturbata, ritroveremmo un po’ di pace. C’è un limite a tutto. Siamo sempre stati convinti che non c’è amore più forte di quella della mamma; c’ eravamo rassegnati finanche all’idea che un padre potesse far male a suo figlio, ma la mamma no. Impensabile. Anche questo baluardo è crollato? Di niente possiamo essere più certi?
Le cose non stanno così. Intanto è giusto ricordare che per una mamma incapace di amare, mille altre mamme si consumano. La famiglia resta la cellula fondamentale per il benessere della civiltà. Si forma una famiglia perché due persone s’ incontrano, si attraggono, si amano. Si mettono al mondo i figli perché l’amore fra i due – collante indispensabile – ben presto sente il bisogno di allargare la tenda e proiettarsi in un futuro ignoto che non si estingue con la loro morte. Ciò accade non perché la coppia soffoca d’ inedia, ma perché avverte la necessità di specchiarsi in altre vite.
Ritorna la domanda: « Ma che cos’è l’amore?» Le risposte sono tante e tanto diverse tra loro. Troppa confusione si è creata negli anni riguardo all’amore. Certo, ci sono tanti modi di amare. Purtroppo, però, ci si può anche illudere di amare o di essere amati. Non poche volte finanche i più biechi egoismi vengono confusi con l’ amore. I tanti spietati femminicidi stanno a dimostrarlo. Lungi da noi ogni pur minima tentazione di giudicare. Qualcosa però, alla luce del Vangelo e della ragione sentiamo di dire. Nessuno può dare quello che non ha. Accade in ogni campo. E se è relativamente facile donare le cose, ben più difficile è fare dono del proprio tempo, delle proprie attenzioni, della propria vita. Amare ed esseri amati è bello ma esigente. Non poche volte è crocifiggente. L’altra faccia dell’amore è la croce.
Nessuno amerà nessuno se non è disposto a rinunciare a qualcosa di legittimo. Per accogliere occorre fare spazio. Occorre lavorare di fantasia, correre col pensiero, prevedere. Unire due esistenze, trovare un’ intesa su come impostare la famiglia, essere complici nell’educazione dei figli, vivere sotto lo stesso tetto, non è cosa semplice. Mantenere in vita il fuoco sacro dell’amore scoppiato tra i due è impresa ardua ma possibile. Occorre volerlo, però, con tutte le forze, mettendo in conto i giorni pesanti che non mancheranno, i dolori, le malattie, le delusioni. Occorre sapere che un figlio limita la tua libertà non la tua gioia. Giovincello, potrebbe pensarla diversamente da te fino a contraddirti. E tu devi solo e sempre amarlo. Potrebbe frequentare amicizie pericolose, fare uso di sostanze stupefacenti. Tu, pur morendo dentro, devi continuare ad amarlo.
Essere genitori è una delle esperienze più complesse, esaltanti e appaganti della vita. Occorre imparare a seguire il figlio nel suo inesorabile itinerario di crescita fino a scomparire pur di fargli spazio. Amare vuol dire questo. Essere genitori comporta morire a se stessi per vedere realizzata la creatura che da te è nata.
Ne vale la pena, allora? Certo, – ed è nascosto qui il segreto – ma solo se chi si accinge ad accogliere una vita ha compreso che quell’esserino che ti ha sconvolto l’esistenza, se tanto ti chiede, tantissimo ti dona. Che la gioia continuerà a farti compagnia, solo che adesso ha trovato casa in lui. I genitori di don Alessandro lo compresero bene . Per questo motivo, da veri ingordi, allargarono le braccia e il cuore ai loro dodici figli. Donando tanto, ricevendo tantissimo.
Maurizio Patriciello