E tu come tieni il “tuo cancello?” (o della Retta Parola)
Nonostante si studi la comunicazione e suoi effetti da millenni,
ancora oggi fatichiamo a trovare modalità appaganti, rispettose e autentiche con cui relazionarci.
Spesso ci sono vuoti di comunicazione o momenti troppo pieni, ci sfugge che ogni parola ha un ritmo, una vibrazione, una forma e che va usata con estrema cura.
Come onde, le parole sono suono, forma e sostanza,
sono specchio dell’esperienza che le segna.
Per questo la stessa parola ha pesi diversi da mente a mente, da cuore a cuore.
Volendo andare più in profondità sull’analisi della comunicazione
potremo iniziare ad osservare non solo come ” mi arriva” la comunicazione dell’altro e come io “arrivo” all’altro,
ma come io 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑝𝑟𝑒𝑡𝑜 il mondo dell’altro, e cosa di me trasferisco sull’altro con i miei detti e non detti.
La domanda rivoluzionaria, quindi, che potremmo porci non è come io possa farmi capire,
ma come 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑑𝑎 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑒 𝑎𝑟𝑟𝑖𝑐𝑐ℎ𝑖𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑔𝑛𝑖𝑡𝑎’ 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑖𝑡𝑢𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑡𝑜 𝑣𝑖𝑣𝑒𝑛𝑑𝑜,
come possa comunicare 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑖𝑙 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑜 𝑣𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑚𝑖𝑜 𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖.
In una prospettiva possibilista e creativa, potremmo iniziare, ad esempio, concedendoci una pausa prima di scaricare su un altro essere umano la nostra insofferenza e potremmo chiedere altrettanto al nostro interlocutore, risparmiando semplicemente disagio reciproco.
La retta comunicazione consiste nel trovare la nostra “voce” e nel fidarci di essa come strumento 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒏𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 per la nostra partecipazione al mondo.
Gli antichi testi parlano di Retta Parola quando vengono rispettati Cinque Cancelli:
parlare quando è il momento giusto
parlare per dire la verità
parlare con gentilezza
parlare con una motivazione positiva
parlare con una mente libera da malevolenza.
Ecco allora che il nostro cancello può aprire varchi immensi o sbarrare strade,
e questo dipende da noi.
𝑬 𝒕𝒖 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒕𝒊𝒆𝒏𝒊 𝒊𝒍 “𝒕𝒖𝒐 𝒄𝒂𝒏𝒄𝒆𝒍𝒍𝒐?”
𝘌𝘵𝘪𝘤𝘢#𝘚𝘢𝘨𝘨𝘦𝘻𝘻𝘢#𝘗𝘳𝘦𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢
𝘯𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘰𝘳𝘨𝘢𝘯𝘪𝘻𝘻𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪
𝘗𝘦𝘳𝘤𝘰𝘳𝘴𝘪 𝘌𝘷𝘰𝘭𝘶𝘵𝘪𝘷𝘪
𝘙𝘪𝘧𝘭𝘦𝘴𝘴𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘴𝘤𝘰𝘮𝘰𝘥𝘦 𝘮𝘢 𝘝𝘪𝘵𝘢𝘭𝘪