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I fatti di Peschiera e la percezione del pericolo che viviamo con e per i nostri figli

Quasi una settimana fa, nel tardo pomeriggio del 2 giugno, su un treno che viaggiava tra Peschiera del Garda e Desenzano, alcune ragazze minorenni si sono trovate intrappolate in vagoni ferroviari sovraffollati da giovanissimi provenienti da un rave party che le hanno molestate, rendendole oggetto di violenze fisiche e verbali. Sono notizie così che lasciano noi genitori completamente impotenti e spaventati. Sono notizie così che ci fanno temere che ogni volta che un nostro figlio esce di casa per fare qualsiasi cosa, gli possa succedere qualcosa.

Percepiamo il mondo come pericoloso e trasmettiamo ai nostri figli l’idea che ogni passo fuori di casa possa metterli a confronto con un rischio difficile da gestire. In effetti, questo è proprio ciò che è successo alle ragazze che si sono trovate, loro malgrado, su un treno in cui avrebbero dovuto viaggiare sicure e invece si è trasformato in una gabbia che le ha esposte alle azioni criminali di soggetti che hanno agito senza alcun rispetto della legge dello stato, ma anche della legge della convivenza civile, del riconoscimento dei confini corporei “dell’altro da te”.

In questi fatti ci sono varie emergenze che i media stanno facendo emergere. I nostri figli crescono sentendosi raccontare che il mondo fuori offre più rischi che opportunità e alla fine accettano di essere sempre “scortati” dagli adulti quando escono (quanti tra noi genitori sono “tassisti di famiglia” come secondo mestiere?). Col senno di poi, ci sono molte lezioni che si possono imparare riflettendo su tutto ciò che non ha funzionato quel maledetto pomeriggio: il rave avrebbe dovuto essere bloccato ancora prima del suo inizio, il treno avrebbe dovuto essere presidiato da persona capaci di garantire la sicurezza per tutti su un mezzo di trasporto pubblico, branchi di persone che si muovono in un territorio in evidente stato di alterazione mentale dovrebbero essere fermate e identificate prima di aver commesso un reato e non dopo.

A noi genitori resta il difficile compito di permettere ai nostri figli di non smettere mai di avere il desiderio di uscire nel mondo fuori, incontrare i loro amici e vivere esperienze di animazione, aggregazione e divertimento adatte ai loro bisogno di crescita. E’ questo che volevano fare le ragazze che sono state vittime dei reati che hanno denunciato. A loro deve essere garantita giustizia e terapia adeguata per il trauma subito. A tutti i nostri figli deve essere garantito un mondo sicuro in grado di accogliere i loro bisogni di crescita. Perché questo accada, noi genitori abbiamo però bisogno che anche lo Stato faccia la sua parte.

La mia riflessione completa su questa vicenda è disponibili sul sito di Famiglia cristiana, al link associato a questo post.

Alberto Pellai

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