Riformatore per eccellenza: lo Spirito che dà vita!
Udire e credere. I verbi che schiudono il rinnovamento nello Spirito Santo, la vita nuova in Cristo Figlio del Padre. Sì, perché nella visione del profeta Ezechiele – quella della valle delle ossa inaridite – l’udire la parola di Dio dopo l’annuncio dell’inviato di Dio (chiamato a profetizzare su quella distesa sterminata di aridità e morte) è l’inizio della trasformazione di quella zolla arida in terra che accoglie un esercito di uomini e donne nuovi che ricevono i quattro venti dello Spirito; chi ascolta la parola del Signore si mette in condizione di vivere il passaggio dalla morte interna alla vita nuova. Ascoltare. Atto primo di chi vuole rifarsi nella vita. San Benedetto inizia così la sua Regola per i monaci e le monache: Ascolta, figlio. E sant’Antonio abate lascia tutti i suoi possedimenti e scappa nel deserto per vivere il vangelo alla lettera dopo aver ascoltato la Parola durante una messa in Egitto. L’ascolto fa nuovi i cuori. Un ex tossicodipendente raccontando la sua esperienza, di come è risuscitato dal sepolcro di una vita infernale e mortifera, dice che tutto è cominciato dall’aver ascoltato il suo cuore: non ne poteva più di sentirsi andare sempre più giù e lentamente consumarsi nel nulla e nell’insignificanza della dipendenza. L’ascolto è l’inizio della fede, ci ricorda San Paolo. Lo Spirito santo è come la brezza leggera che Elia finalmente riconosce come segno tangibile della presenza di Dio, dopo il fuoco, il vento forte e il terremoto. Dio è nel silenzio. Dove il silenzio dell’anima partorisce una parola per noi, lì c’è lo Spirito Santo in azione.
Ma non basta udire se non si crede, come già dicevo nella citazione di Paolo: “Fides ex auditu” (Rm 10,17), appunto. La fede, che non è un cumulo di concetti dottrinali imparati a memoria e nemmeno la convinzione intima che Dio esista, è l’accoglienza dello Spirito e l’impegno a seguire le direzioni da lui indicate. Chi crede è uno che è già in cammino verso una meta, non imposta da sé ma ascoltata dal Maestro, Gesù. La fede non è un tesoro chiuso in un baule di cui vivere di rendita, fino ad esaurimento scorta. La fede va alimentata come si soffia sul fuoco perché non si riduca in cenere. Ecco infatti perché Israele è stato paragonato alla valle di ossa aride, perché nel peccato e nella durezza di cuore ha smesso di ascoltare e di vivere secondo la legge del Signore. Chi non cammina, non resta fermo, ma indietreggia. Chi non sale la scala dei valori, non è immobile, ma sprofonda nell’imbuto di una vita vuota e inutile. Chi non ama, non è un indifferente soltanto, ma un ladro e un omicida. Perché restando fermi si diventa complici di ciò che fa bloccare la vita fa disperdere i doni di Dio. Ecco che la borraccia che la Chiesa pellegrina porta con sé nel deserto della storia ha bisogno di attingere continuamente alle fonti di acqua viva: la Trinità. Comunità d’amore da cui sgorga la Persona più missionarie delle Tre persone divine: lo Spirito incoraggiatore, Signore e Vivificante, Rinnovatore e Riformatore per eccellenza, Fonte di Vita e garanzia di una vita meravigliosa, bellissima, viva e vitale. Vieni, vieni santo Spirito e donaci una goccia sola dell’acqua viva del tuo amore. Amen.
don Domenico Savio