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Buon Pastore e Agnello immolato: modelli di Missione

La quarta di Pasqua è detta, tradizionalmente, la Domenica del Buon Pastore, dato il brano del Vangelo, che è sempre tratto dal capitolo X di Giovanni, nel quale Gesù si presenta come il vero pastore del popolo. Per l’evangelista Luca, Gesù è il buon pastore che va alla ricerca della pecora smarrita, se la carica in spalla, fa festa con gli amici… (Lc 15,4-7): è un pastore dal cuore misericordioso.

Buon Pastore e Agnello immolato: modelli di Missione

Atti 13,14.43-52; Salmo 99; Apocalisse 7,9.14-17; Giovanni 10,27-30

Riflessioni
La quarta di Pasqua è detta, tradizionalmente, la Domenica del Buon Pastore, dato il brano del Vangelo, che è sempre tratto dal capitolo X di Giovanni, nel quale Gesù si presenta come il vero pastore del popolo. Per l’evangelista Luca, Gesù è il buon pastore che va alla ricerca della pecora smarrita, se la carica in spalla, fa festa con gli amici… (Lc 15,4-7): è un pastore dal cuore misericordioso. Questa immagine carica di tenerezza si completa con quella di Giovanni, che presenta un pastore attento ed energico nel difendere le pecore dai banditi e dagli animali feroci, deciso a lottare fino a dare la vita per il gregge.

Il Buon Pastore è la prima immagine usata dai cristiani, fin dal III secolo, nelle catacombe, per rappresentare Gesù Cristo, molti secoli prima del crocifisso. La ragione di tale antichità è nella ricchezza biblica dell’immagine del pastore (cfr. Esodo, Ezechiele, Salmi…), con il quale Gesù si è identificato e che San Giovanni (cap. X) ha riletto in chiave messianica. Abbondano infatti le espressioni che indicano la vita e le relazioni tra lui e le pecore: entrare-uscire, conoscere, chiamare-ascoltare, aprire, condurre, camminare-seguire, perdere-rapire, dare la vita… Fino all’identificazione piena di Gesù con il buon pastore che dà la propria vita per le pecore (v. 11.28). Il testo greco usa un sinonimo: il pastore bello (v. 11.14), cioè buono, perfetto, che unisce in sé la perfezione estetica ed etica. È il pastore per eccellenza!

Gesù ci rassicura ostinatamente che la sua iniziativa di salvare le pecore avrà successo: “non andranno perdute e nessuno le strapperà dalla mia mano… e nessuno può strapparle dalla mano del Padre” (v. 28-29). Tale sicurezza non si fonda sulla bontà e fedeltà delle pecore, ma sull’amore gratuito di Cristo, che è più forte delle miserie umane. Egli non rinuncia a nessuna pecora, anche se queste si sono allontanate o non lo conoscono: tutte devono entrare per la porta che è Lui stesso (v. 7), perché Egli è l’unica porta, l’unico salvatore. Egli offre la sua vita per tutti: ha anche altre pecore da attirare, fino a formare un solo gregge con un solo pastore (v. 16). La missione della Chiesa si muove su questi parametri di universalità: vita offerta per tutti, vita in abbondanza, prospettiva dell’unico gregge… Anche se il gregge è numeroso, nessuno è in più, nessuno si perde nell’anonimato, anzi i rapporti sono personali: il pastore conosce le sue pecore, le chiama una per una, per nome (v. 3) e queste lo ascoltano e lo seguono (v. 27).

Per Giovanni, la bella notizia della Pasqua è duplice: Cristo è il Buon Pastore dal cuore trafitto, dal quale emana la vita per “una moltitudine immensa” e variegata, che nessuno può contare (II lettura); ed è anche l’Agnello immolato, nel cui sangue tutti trovano purificazione e conforto nella grande tribolazione (v. 14). Nella sua contemplazione, Giovanni, il veggente di Patmos (Ap 1,9), arriva alla identificazione tra l’Agnello e il Pastore, che guida “alle fonti delle acque della vita” (v. 17). La vita senza fame, né sete, né lacrime (v. 16-17) sarà un giorno realtà; per ora resta come una promessa all’orizzonte, una parola sicura che avrà il suo compimento. Agnello e Pastore sono due simboli correlativi, che si completano. Gesù è Buon Pastore, perché è l’Agnello immolato per dar vita al popolo; è Pastore buono, perché prima è Agnello mite, servo disponibile. Questa identificazione ha una validità inesauribile anche per noi oggi. Tutti noi siamo un po’ pastori e un po’ pecore; saremo tanto più pastori buoni quanto più saremo agnelli miti e servi disponibili per la vita del gregge.

Gesù è pastore e agnello, perché ha avuto misericordia, si è preso cura del gregge; la qualità della nostra vita si misura sulla nostra capacità di prenderci cura degli altri. Il cristiano è chiamato ad amare e a servire chi è nel bisogno; ed annunciare il Vangelo di Gesù, pur in mezzo a opposizioni e resistenze, con la consapevolezza che ha sempre sostenuto Paolo (I lettura) di essere chiamato a diventare luce per le genti, sino all’estremità della terra (v. 47). Sulla scia di Paolo e contemplando il Buon Pastore, si capisce l’appello della Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. (*) La vocazione di speciale consacrazione (sacerdozio, vita consacrata, vita missionaria, servizi laicali…) si rafforza nell’esperienza personale di sentirsi amato e chiamato da Qualcuno. Sentirti nel cuore di Dio ti fa sentire vivo, ti dà sicurezza, ti fa sentire figlio e fratello, fa di te un apostolo. Ti apre il cuore al mondo intero.

Parola del Papa

(*) “La chiamata del Signore allora non è un’ingerenza di Dio nella nostra libertà; non è una ‘gabbia’ o un peso che ci viene caricato addosso. Al contrario, è l’iniziativa amorevole con cui Dio ci viene incontro e ci invita ad entrare in un progetto grande, del quale vuole renderci partecipi, prospettandoci l’orizzonte di un mare più ampio e di una pesca sovrabbondante”.
Papa Francesco
Messaggio per la 56° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (2019)

P. Romeo Ballan, MCCJ

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