Venerdì Santo ed Evaristo il Pettirosso
VENERDI’ SANTO-La Chiesa ci fa meditare, Venerdì Santo, il quarto carme del Servo (1a lettura), un brano della lettera agli Ebrei (2e lettura) e nel vangelo il racconto della passione secondo Giovanni. C’ è poi una preghiera estremamente solenne per tutti gli uomini, l’adorazione della croce e la possibilità di ricevere l’eucaristia (come in segreto), e la sacra riserva viene conservata per i malati. Il quarto carme del Servo in Es 52,13- 53,12 è certamente il testo più drammatico, più profondo e più adatto della morte di Cristo : «…Non aveva figura né splendore per attirare i nostri sguardi…Disprezzato, ripudiato dagli uomini, uomo dei dolori…Eppure, egli portò le nostre infermità e si addossò i nostri dolori…».Il brano della lettera agli Ebri è anche importantissimo : «…Nei giorni della sua carne, implorò e supplicò con grida veementi e lacrime colui che poteva salvarlo da morte, e fu esaudito per la sua riverenza…». Cristo è autore di eterna salvezza, perché ha obbedito al padre. Abbiamo dunque un pontefice grande, che compatisce alle nostre infermità. Si è consegnato a morte affinché noi fossimo perfetti. Il racconto della Passione secondo Giovanni ha un filo conduttore : la proclamazione della regalità di Gesù, Messia e Figlio di Dio. Il titolo” re dei Giudei” annunciato da Pilato, un rappresentante dei pagani, o la scritta posta al di sopra del Crocifisso,”INRI” (Gesù di Nazaret re dei Giudei), ne sono un’illustrazione. Una sola goccia del sangue preziosissimo di Cristo sarebbe bastata a salvare tutti gli uomini : ma se questo poteva bastare alla giustizia, era insufficiente all’ amore infinito e totalitario nutrito dà Gesù per l’umanità peccatrice. Di fronte alla sofferenza, l’anima del cristiano deve sublimarsi, poiché la sofferenza ci avvicina a cristo. Dopo la commemorazione della passione di Cristo, la Chiesa si raccoglie in una preghiera estremamente solenne per tutte le categorie di persone : la Chiesa, il papa, il clero e il popolo fedele, i catecumeni, l’unità dei cristiani, gli Ebrei, quelli che non credono in Dio. E’ un affermazione dell’ universalismo della salvezza recata da Cristo.In effetti, attraverso questa “preghiera universale”, siamo introdotti nell’ adorazione, in processione, della croce sulla quale Cristo è morto. La croce è la grande protagonista del Venerdì Santo: è divenuta santa per la santità di chi l’ha portata. La croce, oggi e sempre, deve fare sorgere in noi sentimenti vari di odio al peccato e di amore al Redentore. Dobbiamo, quindi, guardarci di separare la liturgia di questo giorno, che ci rammenta l’origine e la propria nascita della Chiesa, dalla nostra vita quotidiana.Anzi, le liturgie di questa giorni (cf Triduo Sacro) dovrebbero penetrare tutta la nostra vita, trasformarla, migliorarla nell’amore verso Dio e nella carità verso fratelli.
EVARISTO IL PETTIROSSO–Evaristo era un passerotto come tanti altri. Viveva in un bel nido tra le tegole del Tempio di Gerusalemme e ogni mattina si appollaiava fra le travi di cedro del Portico di Salomone per ascoltare Gesù. In quei giorni, la città era piena di gente, perché si avvicinava la Pasqua: c’era gran folla anche tra gli uccellini ed Evaristo ogni mattina, al sorgere del sole, volava in picchiata a prendere il posto in prima fila per poter sentire bene gli insegnamenti del Redentore. Un venerdì, però, gli uccellini aspettarono tutta la mattinata invano. Un po’ alla volta gli altri se ne tornarono ai loro nidi. Evaristo era preoccupato: «Com’è strano! Di solito è sempre così puntuale! Sarà successo qualcosa?». Poco dopo mezzogiorno decise di andare a cercarlo. Quando giunse nei pressi del Golgota, ebbe una terribile sorpresa: Gesù era stato crocifisso. La folla che fino al giorno prima lo acclamava come Messia, ora lo scherniva e insultava. Il suo Corpo era tutto piagato e sul suo capo era stata posta una corona di spine. Evaristo si accorse subito che una di quelle spine gli causava un particolare dolore e decise di togliergliela. Al volo raggiunse il suo Signore, prese la spina con il becco e con tutte le sue forze cercò di staccarla. Dopo vari tentativi ci riuscì, ma appena si fu allontanato un po’ si accorse di essersi ferito: una piccola spina gli era penetrata nel cuore e gli faceva tanto male. «E’ dolorosa, ma non è niente rispetto a quello che soffre Gesù!». Il tempo passava e quella spina diventava ogni momento più insopportabile. Il fervore iniziale era finito e la generosità veniva soffocata dal dolore. Evaristo si avvicinò alla Madre di Gesù per lamentarsi ed essere liberato da quella spina: «O Signora! Guardatemi come soffro! Nessuno soffre come me e non ce la faccio più!». L’Immacolata lo guardò con mestizia e, senza dir niente, con la mano gli mostrò il suo bel Cuore Immacolato: non una sola spina, ma l’intera corona lo attanagliava, facendolo sanguinare copiosamente. Evaristo rimase profondamente confuso: lui si era lamentato così tanto per una piccola spina, mentre la Regina stava offrendo, in silenzio e con amore, al Padre il suo immenso dolore. «Oh! Scusatemi! Non voglio più essere liberato dalla mia spina, ma la voglio offrire insieme a Voi!». Non appena ebbe detto queste parole la spina incominciò a dissolversi, lasciando sul petto una bella impronta rossa come il Sangue del Redentore e della Corredentrice. Da allora, Evaristo e i suoi discendenti mostrano, con commozione e gratitudine, il loro petto rosso che ricorda a tutti quelli che lo vedono i dolori immensi di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria.
Miriam Soter