Forza piccola San Marino, difenditi alla grande dalla legge sull’aborto
La piccolissima e riservatissima Repubblica di San Marino, incastonata tra Emilia Romagna e Marche, è stata fino a oggi, assieme ad Andorra e a Malta, presidio per la tutela della vita umana nascente mediante il divieto penale di aborto. Tutti gli altri Paesi europei hanno, nel corso dei decenni, introdotto normative favorevoli all’interruzione volontaria della gravidanza. Certo, con alcune differenze tra disciplina e disciplina (per esempio ruolo del medico, autodeterminazione della donna, termini e indicazioni, sistemi per evitare l’aborto), ma con la caratteristica comune di rendere legittima e quindi “giusta” la soppressione degli esseri umani in viaggio verso la nascita, con l’avallo della medicina e del consenso sociale.
Una visione nuova dei rapporti familiari e sessuali, un modo nuovo di pensare alla condizione femminile, i mutamenti del sistema produttivo e il diffondersi di una cultura materialistica nelle varie versioni dell’utilitarismo, dell’edonismo e del libertarismo hanno portato alla legalizzazione dell’aborto, cioè dell’uccisione del concepito prima della sua nascita. Il nostro secolo ha visto una vasta riforma delle leggi sull’aborto, ispirate a una maggiore o minore permissività e giunte persino a creare ampi spazi in cui l’interruzione della gravidanza diviene non solo estranea al diritto penale, ma contenuto di un vero e proprio diritto soggettivo della donna, anzi di un diritto privilegiato, particolarmente garantito e assistito dallo Stato.
Le innovazioni legislative percorrono l’intero mondo della cultura europea a partire dal 1920, data della liberalizzazione dell’aborto in Unione Sovietica. Affermatosi il sistema ideologico e politico comunista dopo la Seconda guerra mondiale in tutto l’Est europeo, anche in quei Paesi, in breve tempo, sono state promulgate riforme che hanno ampiamente legalizzato l’interruzione della gravidanza: del 1956 sono le leggi polacca, ungherese e bulgara, del 1957 la legge cecoslovacca.