Le Olimpiadi ci insegnano che cosa significa davvero fare sport
Ho quarant’anni e non ho mai ben capito cosa significasse “ l’importante è partecipare “. Insomma, se uno
partecipa a una gara è perché in fondo vuole vincere. Poi si sa, non sempre ci si riesce ma ho sempre
pensato che il reale obiettivo di chi partecipa a una gara, a una competizione di qualsiasi tipo, sia la vittoria.
Seguendo queste olimpiadi ho capito che non è così. Federica Pellegrini ha partecipato ai Giochi a 33 anni
non per la medaglia ma per centrare la quinta finale olimpica consecutiva, impresa riuscita solo a lei nella
storia. Gregorio Paltrinieri è andato a Tokio un mese dopo aver contratto la mononucleosi, con speranze di
medaglia ridotte al lumicino, ma è andato lo stesso ( e poi ha vinto anche l’argento). La ginnasta uzbeka si è
presentata a 46 anni alla sua ottava olimpiade per chiudere una carriera gloriosa e davvero longeva. Le
ragazze della ginnastica artistica che esultano per il quarto posto per la loro gara quasi perfetta, sapendo di
aver fatto tutto quello che dovevano fare. Poi la piccola Benedetta Pilato, a 16 anni detentrice del record
del mondo sui 50 metri rana, che è stata squalificata per gambata irregolare, e Simone Weil che si è ritirata
perché la mente non seguiva il corpo.
Leggendo tutte queste storie ho capito cosa significa davvero fare sport. Non si gareggia contro gli altri. Si
gareggia con gli altri, ma ognuno contro se stesso, per spostare i propri limiti un po più in là. E quando si
riesce è sempre una vittoria. Se arriva la medaglia significa solo che il proprio limite era oltre quello degli
avversari. La delusione arriva non quando non si raggiunge la medaglia ma quando non si riesce a dare il
meglio di sé. Ma anche in questo caso la delusione è solo uno sprono a lottare per superare l’impasse e
raggiungere l’obiettivo alla prossima occasione. Quindi è vero: l’importante non è vincere ma partecipare.