La storia di Malika ci insegna (anche) che il bene va fatto bene
Senza volerlo, la singolare vicenda di Malika, ha messo il dito in una piaga che, in questi tempi di scarsa pacata riflessione e troppo nervoso clamore potrebbe interessare. Cacciata di casa perché omosessuale, la sua storia ha commosso gli italiani che hanno dato vita a una raccolta di fondi per correrle in aiuto. Vicenda triste, dolorosa, delicata e che, opportunamente cavalcata, avrebbe potuto fare comodo ai sostenitori a oltranza del cosiddetto ddl Zan così com’è (anche con i suoi articoli rischiosi e mal scritti). Parte la gara di solidarietà.
In poco tempo arrivano nelle tasche di Malika tanti soldi che un operaio difficilmente potrebbe mettere insieme nel corso dell’ intera vita. Malika fa le sue, opinabili, scelte. Si dà alla pazza gioia. Parte di quel denaro lo usa per comprarsi una Mercedes e un cane da 2.500 euro. I giornali ne parlano, i donatori s’indignano, il mondo del web s’infuria. La giovane si ritrova gettata in pasto al pubblico. I commenti – quasi tutti negativi, offensivi, ironici – sui social si sprecano. La signorina da parte sua ce la mette tutta per indispettire lettori e donatori. I polveroni alzati a comando, su commissione, sono sempre antipatici, noiosi, poco credibili.
Qualche riflessione, però, questa strana vicenda la richiede. Intanto la domanda: il denaro le fu donato con qualche clausola da osservare? No, le donazioni sono state fatte liberamente e la ricevente liberamente le ha usate. Da un punto di vista legale, quindi, non c’è a riguardo nessun problema, nessun reato. Eppure, nonostante tutto, l’amaro in bocca, rimane, eccome. Perché? Perché, oltre alla fredda legalità, c’è dell’altro che chiede di essere preso in considerazione e che, variamente definiamo etica, morale, buon senso, coscienza.
Riformuliamo la domanda: è eticamente giusto fare incetta dei risparmi altrui, che ti sono stati donati perché discriminata, gettata fuori casa, bisognosa di un riparo, per toglierti “lo sfizio” di comprarti una Mercedes? No, non lo è. O, almeno, non dovrebbe esserlo. I piani, come si può notare, sono completamente separati. Il piano della percezione personale di Malika che le fa ritenere “beni di prima necessità” macchine di grossa cilindrata e animali costosi; e il piano del sentire collettivo, oggettivo, che ritiene quelle stesse cose non beni di prima necessità, bensì un lusso di cui poter fare a assolutamente a meno.
Ecco allora che le stesse persone che fino a poco prima hanno provato sentimenti di affetto, empatia, tenerezza per la povera Malika, vengono invase dal rammarico, dal risentimento, dalla rabbia. Dispiace. Ma anche il bene va fatto bene. Prima di lanciarsi in un’avventura, sposare una causa, mettere mani al portafogli è sempre bene informarsi a dovere, aspettare qualche giorno, controllare le notizie, non agire sull’onda dell’emozione passeggera.
Troppe storie sono state inventate di sana pianta per trarre in inganno gli ingenui; altre, opportunamente gonfiate, sono servite per fini non sempre nobili. La propaganda da sempre è stata un’ arma nelle mani dei dittatori. Di qualsiasi colore fosse la bandiera che impugnavano e il tempo in cui imperversavano. Chi vuole promuovere un prodotto sul mercato non bada alle spese della pubblicità. È così che si viene indotti a comprare cose che fino al giorno prima nemmeno sapevi che potessero interessarti. La stessa cosa avviene con le idee, la politica, i partiti, le leggi da promuovere o da bocciare. Se penso che solo nel 2015, e solo in seguito alle proteste e alle tanti morti per cancro in terra dei fuochi, l’Italia ha avuto una legge sui reati ambientali, mi viene il magone. Eppure un disegno di legge a riguardo giaceva in Parlamento da più di 20 anni. Tra silenzi omertosi, inefficienze, omissioni e altro. La gente si disperava per i fetori che era costretta a respirare, per i roghi tossici che continuavano a bruciare, per i figli che accompagnava al camposanto. Per anni, ha protestato, ha gridato, ha manifestato, ma chi le dava ascolto? Chi era disposto ad abbracciare una causa per la quale si sarebbe ritrovato contro gli industriali disonesti, la malavita organizzata, tanti politici locali?
A Malika, ovviamente, non ho fatto alcuna donazione. Di poveri ed emarginati che non hanno un piatto da mangiare né un letto su cui dormire, ne conosco tanti, troppi. Preferisco non correre rischi e andare sul sicuro. La carità va fatta con intelligente carità.
Detto questo, debbo aggiungere che mi addolora, però, vedere la gogna mediatica calare impietosa, su questa giovane che, da un momento all’altro, si è ritrovata un considerevole conto in banca e, bellamente, senza farsi troppe domande, è corsa a comprare quel che meglio le andava, ciò che percepiva giusto…
Maurizio Patriciello.