Sono prete e cittadino italiano, per questo non starò chiuso in Sagrestia
La sala, enorme, era strapiena. Tanta gente era accorsa al convegno sulla terra dei fuochi. Dopo il mio intervento era il turno del senatore. Iniziò dicendo: « Ci vorrebbero cento padre Maurizio». Intervenni con un sorriso: « No, onorevole, per lo scempio ambientale che ci sta ammazzando, non dovremmo avere bisogno nemmeno di un solo padre Maurizio. Ci siete voi, per favore, lasciatemi fare il prete ». Analogo incontro in un albergo in Campania. Stiamo insieme, parlamentari, volontari, politici vari, e qualche prete di cui nessuno si scandalizza. Tutti abbiamo a cuore la resurrezione della nostra terra. Si respira aria di simpatia, non avverto alcun veto ideologico, nessuno che mi stia guardando in cagnesco. Anzi. I soliti complimenti, le solite, imbarazzate, risposte.
Gennaio 2014, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, invita al Quirinale me e alcune mamme orfane dei figli morti in terra dei fuochi. Ci precipitiamo. Il Presidente davanti a tanto dolore, si commuove. Piange. Nel salutarmi mi sussurra: « Papa Francesco sarà contento di lei». «Lo spero tanto» gli rispondo. Diciotto novembre 2018, il governo Conte si riunisce alla prefettura di Caserta. Vengo invitato a testimoniare lo scempio della mia terra. Corro. Ai diritti posso anche rinunciare, ai doveri no. Porto il mio contributo, a titolo gratuito, perché il governo possa meglio aiutare questa parte del popolo italiano. Primo giorno di novembre di qualche anno fa. Nel mio quartiere, un bambino di 5 anni, giocando, da fuoco alla casa. Nel giro di pochi minuti tutto è ridotto in cenere. Un dramma. Grazie a Dio, nessun ferito. La famiglia – mamma vedova con 7 figli – letteralmente in mezzo alla strada. Ci diamo da fare immediatamente. Caivano è governata dai Commissari straordinari, essendo l’ ammistrazione sciolta per infiltrazioni camorristiche. Allarmiamo tutti. Propongo ai commissari: «La parrocchia provvederà all’ arredamento della casa, all’abbigliamento per l’ intera famiglia, alle suppellettili, alla spesa giornaliera. Alla ristrutturazione, ci pensate voi». Pochi giorni dopo il commissario mi fa sapere che quella famiglia è stata denunciata perché occupante abusiva. Gli faccio notare che la maggior parte degli abitanti del nostro quartiere è abusiva. O si ha il coraggio di mandarli via, oppure bisognerà provvedere a una qualche sanatoria. Risultato: dal comune non arriverà a quella famiglia di senzatetto nemmeno un litro – ho detto un litro – di latte. Unica mano amica la nostra povera parrocchia. Sono un prete. Ma anche un cittadino fieramente italiano.
Vivo ed esercito il mio ministero sacerdotale in uno Stato laico. Solo qualche vecchio garibaldino potrebbe credere che io abbia nostalgia di uno stato teocratico. Il reato è una cosa, il peccato un’ altra ben diversa. In questi giorni si discute su un disegno di legge che va a influire pesantemente sulla vita di tutti. Intervenire per apportare un qualche contributo è un dovere di tutti. Quante volte abbiamo udito il rimprovero, a cose fatte: ma dove eravate? Nessuno è infallibile, nemmeno Zan e coloro che credono di dover sposare in pieno il suo ddl. A tutti, per un motivo o un altro, può sfuggire qualcosa. Tutti abbiamo bisogno di tutti. L’ italia, Paese laico ma non ideologicamente ateo, sa da lunga e sperimentata tradizione filosofica e teologica che l’ uomo è molto di più di quel che appare a prima vista. “Avvenire” ha reso e sta rendendo agli italiani un servizio immenso. Sta dando la parola a tutti coloro che hanno intravisto nel ddl qualche tallone di Achille. Giuristi, femministe, fratelli e sorelle omosessuali, filosofi, politici e opinionisti, che argomentano con squisita competenza le loro convinzioni, forti solo della voce del diritto. Decido di condividere sulle mie pagine facebook queste importanti riflessioni. Tanto basta. Ed ecco arrivare insulti di ogni tipo, accuse di omofobia, di mancanza di carità. Tutti gli errori che gli uomini di Chiesa hanno potuto commettere nel corso dei secoli mi vengono rinfacciati per mettermi a tacere. Resto basito. Per evitare inutili contrasti blocco i più facinorosi. Non mi piace questo clima di caccia alle streghe. E pensare che il ddl non è ancora legge. Non oso immaginare se dovesse diventarlo così come è.
Sono un prete ma non per questo ho rinunciato ad esercitare la mia intelligenza. Per la verità, ero prete anche quando, con i piedi immersi in una discarica dove lo avevo accompagnato, ringraziai un ministro della nostra amata repubblica. Mi abbracciò, e con le lacrime agli occhi, mi rispose: «Sono io a dover ringraziare lei, don Maurizio. Per quello che fa per la nostra terra, la nostra gente». Quanta forza mi diede quell’ abbraccio squisitamente laico. Sono un prete, ma non mi sono mia chiesto se chi bussa alla porta della chiesa – tante volte l’ unica ancora aperta – sia un ateo, un agnostico o un credente. Sono un prete, uno dei tanti preti italiani che amano l’ Italia e tentano di servirla. Repetita iuvant. Con i nostri mille difetti, ci siamo. Guai – a noi Chiesa e a te Stato laico e democratico – se dovessimo tirare i remi in barca e chiuderci nelle nostre comode sagrestie per un falso e antiquato concetto di laicità.