Il Dio d’amore che ci prende per mano
Due miracoli compongono il lungo racconto evangelico di questa domenica : la guarigione della donna, che da dodici anni, soffre di emorragia e la risurrezione della figlia di Giairo. I punti di contatto tra questi due miracoli sono rilevanti : si tratta di due donne ; c’è il numero ‘’dodici’’ che ricorre in ambedue i casi (la donna è malata da ‘’dodici’’ anni quando la bambina ‘’dodicenne’’ è venuta al mondo) ; il duplice miracolo avviene per contatto fisico, la folla è estranea ai due prodigi e l’intervento di Gesù è all’insegna della sua sensibilità di fronte alle miserie umane, senza distinzione di persone. Egli si muove, certo, per un personaggio importante (Giairo), ma si ferma anche per una donna anonima. In realtà la fede costituisce il vero centro che unisce tra loro i due episodi.
La donna si era già rivoltata a parecchi medici, i cui interventi prolungati hanno dato esiti piuttosto deludenti. La duplice insistenza su ‘’dodici anni’’ sembra un ironia nei confronti dei medici e un sospetto sul fallimento e sui limiti delle cure mediche. Comunque, lo scopo di Marco è di mettere in evidenza la gravità della malattia e l’efficacia istantanea dell’ intervento di Gesù contrapposto all’ impotenza delle scienza, dei mezzi umani.
La donna che soffre di perdite di sangue, secondo le prescrizioni del Levitico, è in uno stato di impurità che le impedisce qualche contatto e incontro con altre persone. Dunque toccando il mantello di Gesù, ella ha trasgredito la legge sulla purità rituale. Si comprende allora il suo timore, dovuto anche al sospetto che il maestro si riprenda il beneficio che lei gli ha ‘’rubato’’. Pero Gesù inizia, invece, un’opera di chiarificazione. Egli fa evolvere la fede iniziale della donna, impregnata ancora di elementi magici, fino alla fede matura, quella che fa passare dalla guarigione alla salvezza. Egli vuole inoltre che la donna conosca la vera causa della sua guarigione : La sua fede!
E’ la fede che rende possibile il miracolo. Gesù scambia per fede ciò che per noi è soltanto superstizione. Quel Maestro si accontenta anche di una fede semplice, non matura, mescolata a qualche elemento di superstizione. E’ spesso più concreta o autentica una fede un po’ sporca di terra che una fede intellettualistica qualche volta costruita artificialmente in certi centri o istituzioni specializzati con la pretenzione di ortodossia ( che non garantisce sempre l’ortoprassia) e di essere talmente sicura da non risultare più contagiosa.
Don Joseph Ndoum
1ª lettura Sap 1,13-15; 2,23-24 dal Salmo 29/30 2ª lettura 2Cor 8,9.13-15 Vangelo Mc 5,21-43