Quel birbantello del piccolo Nicola ci ha insegnato che cosa è la gioia
Ma che faccia da birbante! Viene voglia di prenderlo a pizzicotti. È indescrivibilmente bella la foto che ritrae il piccolo Nicola tra le braccia del carabiniere che lo coccola. Occhi vispi, furbi, intelligenti, i suoi. È stato ritrovato dopo tante ore. Che avrà fatto? Ha avuto paura? A guardarlo nella foto sembrerebbe di no, anche se sappiamo che non è possibile. Qualche animaluccio gli avrà tenuto compagnia? O, chissà, una dozzina di angeli mandati dal cielo. Giro e rigiro tra le mani quella foto. La contemplo con un sorriso. E non oso immaginare la gioia dei genitori. Che avranno provato? Il birichino ha tenuto loro e l’ Italia intera con il fiato sospeso. Tutti chiedevano a tutti se avessero notizie sul bambino del Mugello. A me la notizia del ritrovamento è arrivata da Palermo. Un caro amico mi ha informato con un messaggio e lo ha fatto come se Nicola fosse stato suo figlio. Bellissimo. Poche cose hanno il potere di commuovermi come la solidarietà umana.
Non credo di esagerare se penso che i genitori di Nicola abbiano sperimentato la gioia della risurrezione. Dopo le terribili ore dell’ angoscia, della disperazione, della paura di non ritrovarlo mai più o di trovare un corpicino privo di vita, riaverlo tra le braccia deve essere stata una gioia che mai nessuno potrà raccontare adeguatamente. Chissà quanti sensi di colpa hanno dovuto fronteggiare nelle ore passate per non esserne travolti. In fondo se il bambino di nemmeno due anni si era allontanato senza che nessuno se ne accorgesse, non era forse anche colpa loro? Distratti? Negligenti? Parenti e amici si sono affannati a dire che no, non è così, tutti i bambini – e Nicola in particolare – sono imprevedibili: « Abbiate fiducia, vedrete che lo ritroveranno. Non può essersi allontanato troppo… vedrete, da un momento all’ altro, squillerà il telefono…». Sono state ore tormentate e tormentose. Ore in cui la speranza di riaverlo tra le braccia s’ intrecciava col terrore di non rivederlo più. Poi la svolta. Finalmente. Nicola è vivo. L’ Italia intera tira un respiro di sollievo. L’incubo è finito. I credenti ringraziano il buon Dio. Ma loro, i genitori, come hanno accolto la notizia? Come hanno fatto a non impazzire dalla gioia? Quanti baci gli avranno stampato sulle guance? Con quanta forza se lo sono stretti al cuore? Che cosa gli avranno chiesto, pur sapendo di non poter mai sapere la verità di quelle interminabili ore? Sono passati – poverini – attraverso “la valle dell’ ombra della morte” prima di approdare alla felicità vera. Quella che non può avere paragoni.
Cari genitori del piccolo birbante, permetteteci oggi, dopo aver temuto e sofferto per la sua sorte, di gioire con voi. Ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, abbiamo sperimentato che il carico di dolore e di angoscia, quando è condiviso, si fa più sopportabile. Viceversa, quando la gioia straripa, solo partecipandola possiamo tenerla in vita ed aiutarla a espandersi a dismisura. Oggi, in Italia, pur tra mille problemi, siamo tutti un poco più felici. Nicola, il birbante del Mugello, è vivo. E, con quegli occhietti da malandrino, ci guarda stupito, come a chiederci: ma che volete? Avevo solo voglia di fare una passeggiata tra le montagne che adoro. Auguri, piccolo.