Non strumentalizziamo la tragedia di Seid
Seid si è suicidato. Un dramma immenso. In questo tempo faticoso e triste della pandemia molte persone hanno detto addio alla vita in modo inaspettato e tragico. Tanti lo hanno fatto a causa del lavoro che avevano perduto. Di loro si è parlato poco. Troppo poco. Altri per le conseguenze che la forzata clausura ha prodotto sulla loro fragile psiche. Anche di costoro si è parlato poco. Seid è uno dei tantissimi giovani italiani dalla pelle nera. Due o tre anni fa aveva scritto una lettera di cui riportiamo qualche stralcio: « Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto, curiosità … Adesso ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi, sento sulle mie spalle come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone ». Un J’ accuse terribile. Un J’ accuse, che se trovasse riscontro, dovrebbe preoccuparci seriamente. Un testo scritto, però, merita sempre di essere letto e interpretato con accortezza. Soprattutto in casi drammatici come questi. Ben presto gli italiani si sono divisi; la cosa, poi, non poteva che scivolare in politica. Per alcuni, dunque, siamo un popolo razzista; per altri non lo siamo affatto. Il padre di Seid ha sentito il bisogno di smentire le voci che volevano suo figlio suicida per razzismo e ha chiesto di non strumentalizzare la tragedia che ha sconvolto la sua famiglia. Egli non avrebbe avuto motivo per dire il falso; al contrario avrebbe potuto soffiare sul fuoco che andava divampando.
Non l’ ha fatto e noi gliene siamo grati. Intanto si continua a parlare e a scrivere senza esclusione di colpi. Si sa, ogni santo ha i suoi devoti e così gli scrittori, i politici, gli opinionisti. Ognuno, poi, va a pescare nel mare che meglio gli aggrada. E mentre si grida allo scandalo del razzismo, non si risparmiano pesanti offese all’ avversario di turno, fingendo di ignorare che la violenza chiama sempre altra violenza. Ma tant’ è. Alla fine di tante parole, gridate e scritte, resta solamente, intatto, lacerante, immenso, il dramma di un giovane suicida. La lettera, però, c’ è. Ed è un pugno nello stomaco. Scorrendola salta subito agli occhi lo stato idilliaco di un “prima” contrapposto alla delusione di ciò che è avvenuto dopo. Credo, però, che nessuno sia disposto a credere che “ ovunque” si sia trovato, il povero Seid, sia stato deriso e maltrattato. Sappiamo per certo, senza aver bisogno di prove, che non è vero. Quell’ “ ovunque” dice chiaramente che è una sua percezione, da rispettare senz’ altro, ma da prendere con le molle. Una sensazione soggettiva che gli faceva amplificare i problemi che aveva. Accade spesso e non solamente in questo campo. Accade ai nostri giovani, qualsiasi sia il colore della pelle e la loro condizione economica e sociale. Non sto tentando di sminuire la tragedia che ha segnato la vita di Seid e dei suoi cari. Al contrario, vorrei che mantenessimo la calma, dando a “Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Domanda: L’ Italia è un Paese razzista? No, assolutamente. Domanda: Ci sono persone razziste in Italia? Penso di si.
Purtroppo, da sempre e dappertutto, le minoranze etniche, religiose, economiche subiscono angherie e soprusi da parte di qualche meschino membri della maggioranza. Questo ci dice che la strada da fare per insegnare agli uomini a essere e fare gli uomini, è ancora lunga. Perciò occorre lavorare sodo e lavorare insieme. Ma occorre farlo nella verità, evitando di impossessarsi e di stiracchiare casi dolorosi, per farne bandiere da esibire nei propri cortei di riferimento. La tragedia di Seid è avvenuta in un momento per tutti difficile oltre ogni dire. Non possiamo dimenticarlo. La lettera di Seid lascia intravedere un giovane, come tanti, fragile, che generalizza facilmente, in modo preoccupante, le sue pur legittime percezioni. Facciamo un passo indietro. Ce lo chiede il buon senso e il rispetto per la famiglia di questo giovane. Ce lo chiede la città di Nocera, che a Seid ha voluto bene. Nessuno osi strumentalizzare questo dramma. Sarebbe imperdonabile. Piangiamo con chi piange. Lavoriamo insieme perché nel nostro Paese nessuno, per nessun motivo, debba subire ostracismi, violenze o derisioni da parte di chicchessia. Impariamo a rispettarci; impariamo ad ascoltare l’ altro soprattutto quando parla a bassa voce o sussurra. E preghiamo per Seid, perché il Signore lo abbia in gloria.