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Che cosa possiamo dire a Eitan, il piccolo sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone?

E adesso? Che potremo mai dire a Eitan, il caro, piccolo sopravvissuto della funivia? Chi e dove potrà trovare le parole per rispondere alle sue terribili domande?

Domenica di Pentecoste, l’Italia, come già 29 anni prima, in un attimo, viene catapultata nello sgomento. Stavolta non è la maledetta mafia, nemica di ogni vivere civile, a procurare una tragedia immane. Ancora non sappiamo se dietro il dramma della funivia di Stresa ci siano corruzioni, errori dovuti alla negligenza umana o semplicemente il fato. Responsabili e tecnici, nei giorni che verranno, dovranno chiarire tante cose.​

Tante cose che al piccolo sopravvissuto, però, almeno per adesso, non servono. Lui ha bisogno di calore, coccole, amore. L’amore dei parenti, della città, degli amici, dei genitori, degli amici. Davanti a lui si apre un inverno gelido che lo accompagnerà per lunghi anni. Sulle labbra di tutti risuona, in queste ore, la domanda: «Perché?». Una domanda che può farsi cinica o umile. La verità, per quanto male possa farci, è che non sappiamo nemmeno dove mettiamo i piedi; che siamo più fragili e vulnerabili di quanto possiamo credere. Quanto poco ci vuole per mettere a tacere per sempre sentimenti, relazioni, sogni, progetti e la vita stessa.

Il piccolo ci interroga. Con gli occhi spauriti, il cuore immerso nell’angoscia, impietrito dalla realtà, attende di essere rassicurato. In un attimo il divertimento previsto si è trasformato in incubo, il sole lucente si è fatto più nero della notte. Che gli risponderemo quando ci chiederà dove stanno la mamma, il papà, il fratellino, i nonni? Quali pietose bugie saremo in grado di inventare per tentare di dargli un seppur minimo sollievo?

Davide aveva la sua età quando il cancro gli portò via il papà. Chiedeva continuamente di lui. La sera lo portavamo in giardino perché, guardando le stelle, gli mandasse un bacio. Il bambino alzava la testa e gli parlava. Gli dava la buonanotte, poi andava a letto più sereno.

La morte è un mistero immenso, sempre; quando poi, a tradimento, ti ruba tutta la famiglia, si fa fatica a portarle rispetto. Maledire il destino infame, però, non ci aiuta; riflettere, invece, con coraggio e parresia, sul senso della vita, del dolore, della morte, potrebbe regalarci un po’ di luce. Si va come a tentoni. S’interroga la storia, la filosofia, la fede per sapere se hanno qualcosa da dirci, qualche consiglio da darci. Se hanno avuto modo di conoscere, nei secoli che hanno attraversato, qualcuno che, più degli altri, si è avvicinato al roveto ardente.

No, alzare bandiera bianca, arrendersi, rassegnarsi al “carpe diem”, non è il meglio che possiamo suggerire a questo piccolo dilaniato nel corpo e nello spirito. Lui non saprebbe che farsene delle nostre parole vuote. I suoi occhi pongono domande serie e pretendono risposte altrettante serie. Lui si affida a noi, alle nostre esperienze, alla nostra ricerca, alla nostra fede. Ci chiede se è vero che al di là di tutto ciò che passa c’è un appiglio sicuro al quale aggrapparsi per non naufragare. Se è vero che il cielo è abitato da un Padre che lo ama alla follia. Se un giorno potrà rivedere quei volti che porta stampati dentro. Dobbiamo fare una cordata, unire fede, preghiera, sapienza e competenze, per correre in aiuto di questo stupendo cucciolo d’uomo sul quale è precipitata una montagna di ghiaccio.

Come si fa seria la vita quando il dolore, senza chiederti il permesso, sfonda la porta e s’ insedia sul trono della tua esistenza. Come sbiadiscono, fino a scomparire, le pretese delle mille cose inutili che da mattina a sera ci assediano. Non bisogna smetterla d’ imparare a vivere, imparare a carpire la gioia vera che si nasconde nel condividere ciò che abbiamo ricevuto, a cominciare dal dono della vita, dell’amicizia, della fede. Sentirci partecipe di una sola, grande, famiglia che non smette di irradiare luce, calore, solidarietà, affetto, è il meglio che possiamo fare oggi.

Preghiamo per Eitan, figlio di tutti, perché la tragedia che si è abbattuta su di lui non lo stritoli ma, col passar degli anni, apra il suo cuore e la sua mente alla riflessione sul mistero della vita, della morte, della fede in Dio. Preghiamo perché trovi conforto nella speranza della vita eterna. Incoraggiamolo ad alzare lo sguardo verso il cielo per intravedere tra le stelle i volti belli della sua mamma, del suo papà, del suo fratellino. Poi abbassiamo il capo e facciamo silenzio.

Padre Maurizio Patriciello

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