Ecco perchè le “cattive ragazze” non vogliono figli
Molto bello l’articolo di Ritanna Armeni ieri sul Foglio, in cui spiega perché le “cattive ragazze” di oggi non fanno figli: perché non li vogliono. Questa è la verità, anche se alle domande dei sondaggisti spesso si risponde con luoghi comuni ritenuti più accettabili delle proprie motivazioni profonde, e quindi si dà la colpa al lavoro precario, alla mancanza di soldi, di case, di sicurezza economica.
“Le ragazze che incontro non sono esseri umani piegati dalle difficoltà del vivere, costrette a sacrificare la natura materna alla legge di un mondo crudele” scrive la Armeni; “rifiutano ogni ipocrisia affermando che un figlio le metterebbe in una sorta di custodia cautelare e loro non hanno nessuna voglia di rinunciare ai loro progetti, alla loro libertà.”
Nella nostra generazione (la mia e quella della Armeni), le donne si sono adattate ad “essere multitasking, a lottare su più fronti: l’azienda, i bambini, le relazioni familiari.” Ma le figlie, le giovani donne di oggi, “le hanno viste affaticarsi in un lavoro spesso non interessante (perché per far carriera occorrono tempi maschili) e il carrello della spesa, divise tra le ambizioni e la famiglia, hanno assistito al ridimensionamento dei desideri e allo sgretolamento dei sogni…” , e hanno scelto diversamente. Vogliono intera la libertà che ogni maschio ha senza fatica fin dalla nascita, non sono disposte alla rinuncia. Sono egoiste? No, finché il mondo intorno a loro è interamente plasmato su un modello individualista di felicità e realizzazione personale, sull’inseguimento infinito del desiderio.
No, finché il sacrificio e la capacità oblativa si chiede solo alle madri, senza nessun compenso, nessuna gratificazione sociale, nessun riconoscimento o aiuto. Su come si possa fermare il calo demografico, su come premiare e valorizzare la maternità, torneremo a parlare (è un discorso complesso, ma davvero urgente). Però è un sollievo finalmente leggere parole oneste e vere sul crollo della natalità, dopo tanti anni in cui si affermava che il problema era solo economico, solo di case, lavoro, sussidi. Il problema invece è culturale, e non è delle donne, ma di tutto il nostro mondo occidentale. Se non lo capiamo in fretta, il declino demografico e di civiltà sarà inevitabile.
Eugenia Roccella
TORNARE A FAR AUMENTARE LA NATALITÀ CON POLITICHE LUNGIMIRANTI PUÒ SOLO ATTENUARE GLI SQUILIBRI ATTUALI, NON FARS CRESCERE LA POPOLAZIONE. QUELLO CHE SI PUÒ FARE È DARE AI GIOVANI UNA BUONA FORMAZIONE, UN INGRESSO ADEGUATO NEL MONDO DEL LAVORO E FIDUCIA NEL FUTURO. IN ITALIA GLI SQUILIBRI DEMOGRAFICI SONO TALI DA NON POTER IMPEDIRE UNA CONTINUA DIMINUZIONE DELLA POPOLAZIONE NEI PROSSIMI ANNI. NEMMENO UN AUMENTO DEL TASSO DI NATALITÀ GARANTIREBBE L’INVERSIONE DI TENDENZA. IL QUADRO VA A PEGGIORARE ULTERIORMENTE CON L’ARRIVO DELLA STRATEGICA PANDEMIA. I DATI QUANTITATIVI PEGGIORERANNO NEL 2021.GLI SQUILIBRI DEMOGRAFICI E L’ALTO DEBITO PUBBLICO RENDONO INSOSTENIBILE IL SISTEMA SOCIALE. E POI MOLTI GIOVANI DECIDERANNO DI ANDARE ALL’ESTERO. L’ITALIA É IL PAESE CHE PIÙ DI TUTTI STA RIDUCENDO LA PRESENZA DEI GIOVANI. QUINDI SI INDEBOLISCE CHI PUÒ SOSTENERE IL SISTEMA DI WELFARE, DA QUELLA SANITARIA A QUELLA PENSIONISTICA. A ME SEMBRA CHE MANCHINO TUTTAVIA DELLE PRESENZE DECISIONALI CARISMATICHE (gli inglesi li chiamerebbero decision maker)
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