Un senza fissa dimora (commento al Vangelo della Domenica)
La Buona Novella – Introduzione al Vangelo della Domenica – V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Mc 1,29-38 – Un senza fissa dimora … La febbre la lasciò …
Con la guarigione della suocera di Pietro – immagine che potrebbe strappare anche un mezzo sorriso, per motivi di pregiudizio comune sul cattivo rapporto tra una suocera e un genero o per la “banalità” della guarigione operata dal Signore (non si tratta della cecità, o di una malattia molto grave, ma della febbre) – celebriamo la Parola di questa Domenica quinta del tempo Ordinario. Cosa può esserci di importante per la nostra riflessione sulla parola di Dio? Marco con un artificio letterario ce lo dice subito. Passata la febbre, “la donna si mette subito a servizio dei discepoli e del Signore”. La malattia era il torpore del cuore, l’apatia dell’anima, l’indolenza che fa perdere la gioia del dono, il gusto dei una vita di relazioni e di comunione.
In piena notte … al tramonto del sole …! Con queste parole l’evangelista dà inizio alla seconda parte della pericope evangelica tutta incentrata sulla missione ampia, generosa, smisuratamente impegnata di Cristo tutto proteso sulle malattie, infermità, ossessioni e prigionie dell’umanità. Umanamente è a pezzi un uomo che dopo una giornata intensa, dopo il tramonto, si dedica ancora indefessamente a prendersi cura di chi è ferito dalla vita. Ecco il cuore di questo brano evangelico: mai le porte di Dio sono chiuse; la grazia del Signore è un “ospedale da campo” (Papa Francesco) sempre aperto, disponibile per chiunque e in qualsiasi momento dell’esistenza.
Se Dio è dalla parte della umana debolezza, è altrettanto vero che noi non sempre siamo capaci di fare uso della sua bontà per diventare discepoli, ma quasi vorremmo prendere possesso della infinita misericordia di Gesù. Ecco che l’epilogo dell’icona evangelica ci mostra la libertà interiore del Messia: mentre tutti lo cercano avidamente, egli si reca in altri villaggi. Non per evitare la gente. Non per fuggire dalla sua missione, ma perché chi vuole incontrarLo deve necessariamente porsi in cammino. Il Figlio dell’uomo è un senza fissa dimora terrena, perché vuole dimorare stabilmente dentro il profondo dell’uomo.
Fratelli, sorelle!
Nella vita cristiana siamo dei camminatori o delle donne e degli uomini adagiato nel letto della pigrizia, bloccati dalla febbre dell’accidia?
C’è sete in noi di transumanza e itinerari di libertà?
C’è fame di Dio o solo delle ‘opere’ di Dio?
Si apra il cuore alla chiamata di chi ha messo dentro di noi una sorgente sempre fresca di vita piena e gioiosa; si scoprano le coperte calde sotto cui ci rifugiamo nel peccato e nel vuoto interiore; cadano le maschere della tristezza spirituale e cerchiamo Dio uscendo da noi stessi …
…e Lo ritroveremo non più fuori, ma dentro di noi, dove batte il cuore!
Buona Domenica!
don Domenico Savio