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La vocazione degli apostoli. Verso un destino oscuro e glorioso

“«La parola di Dio è viva» (Eb 4,12): non muore e nemmeno invecchia, rimane per sempre (cfr 1 Pt 1,25). Resta giovane al cospetto di tutto ciò che passa (cfr Mt 24,35) e preserva chi la mette in pratica dall’invecchiamento interiore. È viva e dà vita. È importante ricordare che lo Spirito Santo, il Vivificatore, ama operare attraverso la Scrittura. La Parola porta infatti nel mondo il respiro di Dio, infonde nel cuore il calore del Signore. […] La Bibbia non è una bella raccolta di libri sacri da studiare, è Parola di vita da seminare, dono che il Risorto chiede di accogliere e distribuire perché ci sia vita nel suo nome (cfr Gv 20,31).”

“La Parola dà vita a ciascun credente insegnando a rinunciare a sé stessi per annunciare Lui. In questo senso agisce come una spada tagliente che, entrando in profondità, discerne pensieri e sentimenti, porta alla luce la verità, ferisce per risanare (cfr Eb 4,12; Gb 5,18). La Parola porta a vivere in modo pasquale: come seme che morendo dà vita, come uva che attraverso il torchio dà vino, come olive che danno olio dopo essere passate nel frantoio. Così, provocando radicali doni di vita, la Parola vivifica. Non lascia tranquilli, mette in discussione.”

Per il Papa, la Chiesa, che si nutre della Parola, deve vivere per annunciare la Parola, non parlandosi addosso, ma calandosi nelle strade del mondo, nei luoghi dell’annuncio. La Bibbia è il suo miglior vaccino contro la chiusura e l’autoconservazione e una Chiesa fedele alla Parola non deve aspettarsi di essere apprezzata.

“L’Apostolo Paolo […] verso il termine di una lettera scrive: «Per il resto fratelli, pregate». Come lui, anch’io chiedo a voi di pregare. Ma san Paolo specifica il motivo della preghiera: «perché la parola del Signore corra» (2 Ts 3,1). Preghiamo e diamoci da fare perché la Bibbia non resti in biblioteca tra tanti libri che ne parlano, ma corra per le strade del mondo e si attendi dove la gente vive.”

24/01/2021 – 3ª domenica del Tempo Ordinario  – anno B 

La vocazione degli apostoli. Verso un destino oscuro e glorioso

La proclamazione della buona notizia del Regno di Dio in Galilea e l’appello alla conversione sono i due punti principali della parola di Dio di questa domenica. Poi, un modello di risposta all’appello di Gesù viene offerto dalla duplice chiamata dei suoi primi quattro discepoli. Anche il brano della prima lettura, dal libro di Giona, ci presenta un modello di predicazione efficace e di pronta conversione. Proprio, uno spunto per sviluppare questo tema della conversione è suggerito dal salmo responsoriale, che parla della via giusta da seguire grazie alla guida di Dio, di cui si celebra l’amore fedele, la misericordia e la bontà. Su quest’argomento, fa leva l’invocazione del ritornello: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”.

Invece il brano della seconda lettura segue un percorso autonomo. L’Apostolo Paolo ci invita a ridimensionare ciò che è soltanto materiale ed effimero, per dare spazio a ciò che dura in eterno; perciò, nessuna situazione, senza valore definitivo, deve diventare un ostacolo nel cammino verso Dio, l’unico Assoluto ed Eterno.

Nel brano evangelico, la proclamazione inaugurale di Gesù sta sotto il segno del “vangelo di Dio”, cioè la “buona e gioiosa notizia” di cui si fa garante Dio stesso, un annuncio profetico di salvezza. Marco riassume il contenuto di quest’annuncio in questi termini: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”. In queste quattro proposizioni, due riguardano la proposta del Signore (il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino), mentre le due altre concernano la risposta degli uomini (convertitevi e credete al vangelo).

“Il tempo è compiuto”. Di fatto con la venuta di Gesù si è chiusa nella storia umana l’epoca dell’attesa, e se n’è aperta una nuova, più favorevole per la nostra salvezza: l’epoca della grazia, l’epoca del Dio con noi e l’epoca del Dio come noi. E’ come un segnale di emergenza per non vivere più in modo superficiale, ma far ben attenzione per vivere con maggior responsabilità. In altre parole, si tratta di una condanna dell’uso leggero del tempo, e simultaneamente un invito ad usarlo bene. Il tempo è un dono di Dio, e quindi è tempo di Dio. Mentre abbiamo tempo, facciamo il bene, perché il tempo sfugge e non si arresta mai, e la vita è breve. Ogni occasione per il bene è una fortuna, forse unica ed irrepetibile, al nostro vantaggio. Se udiamo la voce del Signore, come dice il salmo 94, non induriamo i nostri cuori.

“Il Regno di Dio è vicino”. E’ un immagine della tradizione biblica che serve a trascrivere l’intervento decisivo di Dio per liberare gli oppressi e per stabilire la giustizia e la pace. Con la sua parola efficace, Gesù rende ora presente ed attiva quest’azione sovrana di Dio. Egli proclama soprattutto la prossimità di Dio all’uomo, un avvicinarsi di Dio per salvare e divinizzare l’uomo.

“Convertitevi”. Gesù ci sollecita a cambiare radicalmente rotta, a rivolgere l’attenzione verso il Regno di Dio che irrompe ora nella storia umana. Quest’appello al cambiamento radicale si fonda sull’adesione incondizionata al vangelo che Gesù proclama, e che è orientato verso il prossimo ad amare.

“Credete al vangelo”. Cioè accogliete la buona notizia del regno, fatela vostra, con impegno e con la gioia che essa suscita, e vivetela con devozione.

Marco presenta anche la scena della prima chiamata dei quattro primi discepoli. Si tratta di pescatori che stanno facendo il loro mestiere. Lo schema è semplice. Appello- risposta. In questa scena esemplare ci sono due comportamenti molto suggestivo: lo sguardo di Dio e la sua iniziativa divina.

Il “vide” di cui parla il vangelo non è una notazione banale. Qui si tratta di uno sguardo che elegge, che sceglie, ed che è proposta di comunione. Sarà così anche per la chiamata di Levi (Mc 2,4); e nell’episodio dell’uomo ricco (Mc2,21) lo sguardo di Gesù si rivela particolarmente come un modo per dire la sua attenzione amorosa. quanto riguarda l’iniziativa divina, di solito sono i discepoli che scelgono il maestro; Cristo invece assume l’iniziativa. La chiamata viene da lui. Infatti la vita cristiana è una risposta al manifestarsi della grazia. Non siamo noi che partiamo alla ricerca di Dio, è Dio che si pone sempre alla ricerca dell’uomo, alla nostra ricerca, nonostante le nostre debolezze ed infermità.

Inoltre, da parte dei primi discepoli, nella loro risposta all’iniziativa divina, possiamo rilevare anche per noi alcuni elementi fondamentali: la fede, il distacco, la sequela e il lasciarsi fare.Il discepolo si caratterizza normalmente per la sua fede che è un affidamento ad una Persona, Gesù Cristo, un adesione ed un abbandono fiducioso alle sue proposte. E’ un accettare, alla maniera di Abramo, di vivere un avventura di cui non si valutano con precisione le dimensioni. Si tratta di una fiducia assoluta nel Dio vivente e vero. E la risposta di fede si traduce con un distacco, da una rinuncia, da in sacrificio di qualcosa, ma per un guadagno superiore e maggiore. Infatti, il discepolo che ha trovato Cristo non abbandona quasi nulla; la così detta “perdita” viene abbondantemente assorbita dal guadagno. Dopo viene la sequela, che stabilisce una comunione di vita con Cristo. Essa si capisce anche come una imitazione. Si tratta di fare le stesse scelte di Cristo e di assumere i suoi insegnamenti. E l’ultimo tratto che caratterizza il discepolo di Cristo è il “lasciarsi fare” dal Maestro: “Vi farò pescatori di uomini”.

La risposta immediata dei primi discepoli (subito lo seguirono) rimane esemplare per noi. Si tratta di un invito ad una conversione che prende tutto l’essere, e che fa di noi dei segni credibili per i tempi nuovi preparati dal Signore.

E’ difficile trovare un discepolo completo, “arrivato”: il discepolo o il cristiano è, semplicemente, uno che lo  sta diventando  giorno dopo giorno. Si tratta di un cammino e non di una fine.

  Don Joseph Ndoum                  

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