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Adriano Urso, pianista morto sulle strade di Roma mentre, causa covid, consegnava delle pizze

“Uno scudo bianco in campo azzurro è la sua fotografia. Chiunque lo conosca bene può chiamarlo uomo di poca malinconia. Sono un pianista di pianobar che suonerà finché lo vuoi sentire, non ti deluderà”.

La sua brillante carriera si è interrotta il 6 marzo 2020. Sulla sua bacheca campeggiava la scritta “Fermi causa covid, ci vediamo presto”. Ristori manco a parlarne. Non bastano neppure per l’affitto dello studio prove . L’unica alternativa era un altro lavoro. Ma siccome a cercare questo “altro” lavoro, a Roma, sono in tantissimi con lo stop ai concerti per Covid, faceva consegne a domicilio.

Dai palchi dei festival jazz di tutta Europa – come tanti altri colleghi del mondo della musica e del cinema – con gli spettacoli fermi per contenere i contagi da coronavirus, ha dovuto reinventarsi. Infatti lavorava per la piattaforma danese “Just Eat” che, nelle grandi città, sfruttando il lavoro di poveri disperati di ogni colore e nazione è diventato un vero impero.

Con una passione, quella della musica e del jazz, che gli era rimasta dentro. Con il desiderio, giorno dopo giorno più forte, di tornare presto a suonare davanti al proprio amato pubblico. Una speranza andata in frantumi domenica sera, quando il mio amico Adriano Urso , brillante pianista quarantenne, è morto per un malore. Stroncato da un infarto che lo ha colto mentre spingeva la sua auto fermatasi durante le consegne a domicilio.

Diplomato al Conservatorio è morto come rider, mentre stava portando una pizza ad un cliente di Roma Sud. Erano circa le ore 21 quando la sua auto si è fermata in via Madrid senza più ripartire. Così Adriano è sceso dalla vettura e ha provato a spingerla per non perdere la consegna. E forse il lavoro. Improvvisamente però ha accusato un malore, un infarto, e si è accasciato al suolo. Per Adriano non c’è stato purtroppo nulla da fare per salvargli la vita.

Il Maestro Adriano Urso così ora potrà incontrare il suo beneamato Teddy Wilson, ucciso dalla crisi dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Una pandemia che non solo sta mietendo vittime in tutto il mondo, ma anche in diversi settori lavorativi costretti a smettere la loro attività a causa delle imposizioni imposte.

A fare i conti con la crisi migliaia di lavoratori autonomi di vari settori rimasti senza uno stipendio o un’entrata mensile. Fra loro i musicisti, soprattutto quelli che hanno fatto della musica dal vivo la loro ragione di vita. Proprio in tale contesto si è consumata la tragedia che ha determinato la morte di Adriano, pianista jazz fra i maggiori esponenti della scena musicale retrò italiana.

Nato e cresciuto nella capitale era celebre nel mondo dei jazz club romani e nazionali, Adriano Urso era fratello di Emanuele, “The King of Swing”, con il quale aveva condiviso il palco del Cotton Club e dei principali festival jazz nel corso dei decenni. Il Village Celimontana è stata la sua “casa” negli ultimi 5 anni. Elegante, educato, raffinato, un pianista a dir poco strepitoso, uno stile pazzesco ha dedicato la sua vita alla musica con la sua incredibile capacità di arrangiatore e pianista ed è scomparso in una gelida notte romana sdraiato per terra. Solo.

Ci ha deliziato con la sua elegante presenza di uomo dolce, di grande cultura, che parlava con una cordialità di altri tempi usando termini della lingua italiana a dir poco in “disuso”. Mai fuori posto. Mai sopra le righe. Ha studiato con grande passione la musica ed ha raggiunto una conoscenza profonda e viscerale del jazz tradizionale, a cui ha dedicato la sua nobile esistenza. A volte eccessivo, legato in maniera assoluta ai tempi passati, ha lottato e dato grande risalto alle bellezze, sempre meno apprezzate, del “vecchio mondo” schivando applausi, notorietà, giornali, copertine. A lui piaceva solo suonare. Voleva solo suonare. E’ morto, solo, in una fredda domenica sera, sul selciato di una strada di periferia, dove le case diventano popolari, tra il Parco Caffarella dove lo spaccio è libero, e la disperazione della periferia, dove la sua educazione è fuori posto. Come ogni parola in più.

Costruito con stampi già buttati nel 1950, sempre impeccabile e sempre stazzonato: con cravatte serissime e accendini improbabili, gagliardetti imbarazzanti e guizzi di genio, professionale nel lavoro e ancor più diligente nella crapula che lo seguiva. Un uomo senza filtro, come i Toscani che si ostinava a fumare ovunque, ancor più di gusto dove sapeva fosse vietato.

Le avventure che abbiamo passato riempirebbero mezza dozzina di Penny Dreadfuls, con l’aggravante che era tutto vero e tutto incredibile. Sapeva godersi letteralmente la vita, da dietro quegli assurdi pianoforti di marca tedesca, bevendola a canna come il whisky che offriva a chiunque, astemi compresi. Forse, nel mondo decaffeinato che avanza a grandi passi, non c’era più posto per i gaudenti. E così, senza far rumore, ha aperto la porta ed è volato via nella sua nuvola di fumo. Da oggi qualsiasi aldilà esiste si ritrova molto più ricco, e di qua siamo rimasti più poveri e malinconici. Chiudete la porta, respirate il Toscano, bevete un goccio e ascoltate le note di chi non si è mai piegato alla mediocrità. I grandi del jazz ti accoglieranno a braccia aperte con un bel pianoforte vintage come quelli che hai improvvisamente lasciato a casa, orfani del tuo tocco sublime . Ciao Adriano. Addio, amico. Mi devi un Martini bianco con ghiaccio.

Leo Nodari

Un pensiero su “Adriano Urso, pianista morto sulle strade di Roma mentre, causa covid, consegnava delle pizze

  • Causa Covid é sempre utile inserirlo… Perciò sappiate che si può morire di tale virus anche consegnando delle pizze.

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