Speriamo….che piova! (il commento al Vangelo della Domenica)
La Buona Novella – Introduzione al Vangelo della Domenica – IV DOMENICA DI AVVENTO – Lc 1,26-38
Stillate, cieli, dall’alto,
le nubi facciano piovere il Giusto …
Con le parole ancora di Isaia si introduce la Liturgia Domenicale di questa quarta ed ultima tappa domenicale nel tempo di Avvento: voce implorante acqua dal cielo, sete della terra che invoca pioggia abbondante. Contemplo con memoria grata le arsure di Qumran visitate da seminarista in Terra Santa o alle terre aride della Sicilia, dove la siccità ed il caldo tropicale fanno sentire sulla pelle e in gola la sete di acqua vivia che possa ridonare serenità e vita al suolo. Così il Profeta dell’Antico Testamento attende la Giustizia, anzi il Giusto: mutuando le parole di una canzone degli U2, Hawkmoon, il Profeta ha bisogno dell’amore di Dio come il deserto ha bisogno della pioggia.
Che si ridesti anche in noi la sete di Cristo, il desiderio di vita, la voglia di cambiamento interiore, la passione per il Regno, la fame di giustizia, l’attesa della beata speranza del Regno.
“Le nuvole piovano il Giusto”, frase di grande carica letteraria che riconduce all’Apocalisse dove il cielo si sconvolge tra tempeste e fulmini, ma alla fine di tante visioni orribili e tremende per l’uomo, l’apostolo Giovanni sente sulla sua mano una mano dolce e piena di tenerezza che – come rugiada leggera – accarezza la terra umana e debole del suo capo. Le nubi rovescino acqua che purifichi i nostri peccati e facciano cadere brezza leggera di amore e misericordia.
Nel Vangelo, come pioggia, scende lo Spirito Santo su Maria, fecondata di amore divino, riempita di grazia e rivestita di luce. La sua terra, il suo utero di donna, diventa luogo fertile in cui il Verbo si fa carne: Gesù il Cristo. Donna vergine e madre. Terra del cielo (Inno di Bose). Madre del Creatore. Figlia di Sion. Arca della Nuova Alleanza.
Fratelli, sorelle!
Nel deserto arido del nostro cuore siamo ancora capaci di chiedere l’acqua?
C’è sete di Dio nella nostra situazione concreta, nei nostri spazi vitali?
Coraggio, abbandoniamo le cisterne screpolate delle nostre inutili compensazioni ed amori surrogati, per bere acqua viva che sorge dall’Alto.
Si aprano le nostre anfore ruvide.
Si aprano le menti e gli animi.
Si apri la parte di noi “in cui fa freddo, in cui nessuno entra mai” (Ligabue).
Si apra il nostro forziere, per divenire tabernacolo.
Si apra il giardino sigillato e diventi terra feconda …
… si apra la terra e germogli il Salvatore. (Cfr. Is 45,8)
Buona Domenica!
don Domenico Savio