editoriali

Permettere ai parenti dei pazienti morenti un ultimo saluto? I pro e i contro

E’ di questa settimana la notizia che alcune aziende ospedaliere hanno aperto le porte dei reparti Covid per permettere ai parenti dei pazienti morenti un ultimo saluto.

Ovviamente ci sono delle regole e delle restrizioni precise da rispettare: i parenti devono essere negativi al Covid e non più in isolamento per contagio o positività, può entrare uno solo parente per paziente, devono essere indossati tutti i DPI necessari.

L’Ospedale Bassini, pioniere di questo nuovo approccio alla morte per Covid, ha creato un percorso specifico con gli psicologi che ha mosso i primi passi già nella prima ondata della primavera del 2020. Il servizio di psicologia clinica del presidio, si è reso disponibile fin dall’inizio a gestire le telefonate giornaliere dei sanitari ai parenti, a seguire telefonicamente le famiglie dei pazienti ricoverati presso le rianimazioni, ad aiutare gli operatori a superare psicologicamente questo periodo.

Per chi fa il mio lavoro di infermiera in rianimazione, avere a che fare con la morte è quasi all’ordine del giorno. La morte in rianimazione è difficile che sia un evento improvviso, spesso è l’evento ultimo dopo mille tentativi terapeutici. Una decisione collegiale davanti all’ineluttabilità della malattia. Da qui inizia l’accompagnamento del paziente verso l’inevitabile.

Ma cosa vuol dire accompagnare alla morte? Accompagnamento è un termine generico che in realtà fa riferimento alle cure palliative. Queste affermano la vita e considerano la morte come un evento naturale senza accelerare né ritardare il processo ma provvedono al sollievo dal dolore e dagli altri sintomi. Cuore fondamentale della palliazione è offrire un sistema di supporto per aiutare la famiglia durante la malattia e durante il lutto, integrando gli aspetti psicologici, sociali e spirituali dell’assistenza. L’infermiere di Rianimazione con l’esperienza acquisisce delle capacità personali di relazione con il paziente ma soprattutto con i famigliari ed è con loro che instaura un percorso di palliazione creando una relazione di rispetto e stima.

Poi è arrivato il Covid… L’aggressività del virus l’abbiamo vista in tutte le sue sfaccettature compresa la morte. La cosa che più ha segnato drammaticamente gli operatori sanitari è come muoiono i pazienti di Covid: soli. Ovviamente nel caso dei pazienti di rianimazione la consapevolezza della morte è inconscia visto il livello di sedazione a cui sono sottoposti i pazienti. Ma anche se li teniamo per mano, anche se non li abbandoniamo negli ultimi istanti di vita, anche se li accompagniamo con rispetto… comunque sentiamo la mancanza di qualcosa che ci fa soffrire. Questo qualcosa sicuramente è la costante  presenza  della famiglia che trasforma il nostro paziente nella sua unicità di persona.

Quindi l’idea del Bassini di aprire le porte anche solo ad un parente di un paziente in premorte può sembrare un’ottima idea. Ma per me non lo è del tutto…

Perché l’accompagnamento è fatto di tanti singoli momenti di vita quotidiana della malattia; è fatto di giorni negativi e di giorni positivi; è fatto di sorrisi tra gli operatori e i parenti, abbracci, discorsi lunghissimi, confidenze della vita privata; è fatto di costruzione di un rapporto di fiducia tra il parente e l’equipe sanitaria che al momento della morte fa sembrare tutto più sereno.

Invece il Covid ci ha tolte tutte queste opportunità.

Quindi ora si fa un bel percorso telefonico con le psicologhe fino al momento in cui si fa entrare un solo parente per dire addio al paziente e fine.  Si certo probabilmente tutto questo aiuterà la famiglia e il parente stesso a metabolizzare meglio la morte del suo caro e probabilmente vedendolo in un letto di rianimazione anche ad accettare la sua morte.

Ma per gli operatori sanitari? Ma per gli Infermieri… tutto questo sapete cosa vuol dire?

Per loro è uno strazio profondo e intenso, è l’ennesima spersonificazione dell’assistenza che questo Covid ci ha regalato.

Ora: vorrei essere così costruttiva e darvi una soluzione migliore…

Ho qualche idea, ma tutte hanno dei contro. Ad esempio si potrebbe proporre di fare entrare in reparto un solo parente due volte alla settimana per tutti i pazienti sempre con le stesse accortezze di autoprotezione. Questo però potrebbe esporre i parenti a un rischio infettivo alto, oltre a una serie di possibili problemi legali correlati che non tutte le aziende sono pronte a correre.

Alla fine io credo che la soluzione migliore sia riuscire a debellare il prima possibile questo virus per poi mettersi a tavolino e riscrivere tutta l’organizzazione assistenziale in caso di pandemia.

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