Cardarelli: rispettare i malati vuol dire anche dare strutture efficienti
Mercoledì sera. Ho appena terminato di celebrare la Messa, come sempre abbiamo pregato il Signore perché ponga fine a questa orribile pandemia. Siamo molto preoccupati per i nostri cari contagiati, chiusi in case striminzite dove è difficile isolarsi, e per quelli ricoverati nei vari ospedali di cui chiediamo notizie che non sempre arrivano. Uno dei volti più brutti di questa sciagura che ci è cascata addosso è l’insicurezza, il non sapere che cosa sia meglio fare, la solitudine. Viviamo alla giornata.
Don Rino, mio confratello, dopo essere stato contagiato, è guarito, a casa, ma è tanto preoccupato: Angelo, il papà, da più di venti giorni è ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Don Rino e i suoi fratelli, come mendicanti, passano ore sotto l’ospedale, sperando e pregando.
In sacrestia accendo il cellulare e vi trovo un video inviatomi da un amico medico. La scena è impressionante: un uomo, nel piccolo bagno del Pronto Soccorso del Cardarelli, grande ospedale di Napoli, è steso a terra, morto. Non solo, a distanza di pochi metri, decine di pazienti versano in condizioni igieniche sanitarie pietose per non dire scandalose. Nel giro di poche ore il filmato fa il giro del web. Tutti sono sconvolti. Politici regionali, parlamentari, ministri si dicono convinti che “lo Stato deve intervenire”. Lo Stato? Chi è, dove abita lo Stato? E loro, non fanno parte, a pieno titolo, di questo Stato che chiamano in causa come a discolparsi?
Il Pronto soccorso del Cardarelli – Ansa
Torno sul video, non andrebbe pubblicato: la persona deceduta, i suoi familiari, gli ammalati meritano rispetto. Però senza quel video non avremmo saputo le reali condizioni in cui versano i pazienti giunti in ospedale. Sono un prete con alle spalle dieci anni di lavoro in ospedale come infermiere professionale prima e capo reparto dopo. Al personale sanitario va la riconoscenza di tutti. Tutti sanno in che condizioni sono costretti a operare medici e infermieri. E nessuno si sogna di gettare su di loro la croce di inefficienze e ritardi della sanità campana. Unisco alla mia, però, la voce e le lacrime della mia gente: in queste condizioni, come si fa a non avere paura? Ci sentiamo tra l’incudine e il martello quando le inefficienze diventano spaventose e coloro che sono chiamati a risolvere un dramma dalle dimensioni immane perdono tempo, faccia, dignità a litigare tra loro.
Noi persone semplici non parteggiamo per nessuno, siamo attenti a eseguire le indicazioni che ci vengono date. Ci viene detto di non intasare gli ospedali, di rimanere a casa quando i primi sintomi del contagio si manifestano. Bene. Abbiamo obbedito, abbiamo telefonato per il tampone, ma sono passati giorni e giorni prima di avere un minimo riscontro. I medici di famiglia – cui va la nostra riconoscenza – sono oberati di lavoro, la terapia la prescrivono per telefono. Trovare un infermiere per un’ iniezione endovenosa, però, è un’impresa. Le persone sole, anziane, povere, sono lasciate a se stesse.
Quel video orribile ha smascherato le tante menzogne che vengono dette e ripetute sulla sanità in Campania. Chiediamo aiuto. Per noi, per le nostre famiglie, ma soprattutto per quelli che non hanno voce in questa storia che va mostrando sempre di più le inefficienze, le omissioni, le ruberie che si sono susseguite nel corso degli anni in questa terra e nel nostro amato Sud. E, per favore, ci vengano risparmiati i soliti, penosi, insopportabili scaricabarile tra istituzioni. Ognuno faccia la sua parte e si sforzi di mostrarci il volto più bello di uno Stato, veramente preoccupato e attento alla salute degli italiani.
Padre Maurizio Patriciello