Anche se non ha più una classe, quest’uomo è ancora un professore
C’è un signore con problemi mentali che incontro molto spesso.Molti lo ignorano, altri – chi lo conosce un po’ – lo salutano chiamandolo per nome. Anch’io facevo così. Poi, una volta, al bar vicino allo Studio, mi sono fermato a parlare con lui, gli ho offerto un caffè e mi ha raccontato che prima – occhio: “prima” – era un insegnante di scuola superiore.
Mi ha raccontato tante cose che sono successe “prima”, con lo sguardo disarmato che guardava lontanissimo.Da allora, quando lo saluto o mi fermo con lui per due chiacchiere non lo chiamo per nome ma “Professore”, con il rispetto che si deve a un insegnante e non per farlo contento.
Non dico questo per farmi bello, non sono migliore di nessuno, anzi. Sono però stato fortunato a vivere parecchie esperienze con la disabilità, prima di tutte – anche in ordine cronologico – il volontariato nell’UNITALSI, ed ho conosciuto parecchie persone che avevano un “prima” e un “dopo”.
Ma sempre persone restano e quella storia che avevano “prima” è sempre la loro e ci tengono, anche se, forse per rendere i rapporti più immediati, a molti non interessa.Queste persone non sono nate – o rinate – col male che le ha sorprese: c’erano anche “prima”.
La loro dignità non si è persa.
Anche se non ha più una classe, quest’uomo è ancora un professore e sono certo che ogni tanto ci pensa, a come sarebbe se potesse tornare in cattedra, anche se magari gli alunni, nella crudeltà che è propria della giovinezza, gli ricordano umiliazioni e scoramento nell’affiorare inevitabile della malattia, nel sentirsi assediato, inadeguato e impotente.
Ecco perché stasera, quando un conoscente che mi ha visto scambiarci qualche battuta chiamandolo “professore”, mi ha poi chiesto, meravigliato: “Ma che, quello era un insegnante?”, io ho risposto, senza esitare, “Quello è un insegnante”
Massimo Micaletti