Della morte è stato detto e scritto tanto, forse tutto, eppure, a suo riguardo, ancora balbettiamo ma continuiamo a parlarne
E ORA A NOI DUE – Con lei, prima o poi, tutti dobbiamo fare i conti.
Con certezza, del nostro domani non sappiamo niente, tranne che, alla fine, puntuale, la troveremo ad aspettarci.
C’è chi la sente amica, la chiama sorella, dialoga con lei, addirittura le chiede di venire presto. C’è chi la teme, la odia, prova disgusto al solo sentirne pronunciare il nome. Infine, c’è chi finge di ignorarla, e trascorre i suoi anni vivendo come se non ci fosse.
Con lei si sono misurati le grandi menti della storia e i grandi santi della Chiesa; sudditi e imperatori; colti e analfabeti; giovani e vecchi. Con lei si è dovuto scontrare finanche il figlio di Dio. Della morte è stato detto e scritto tanto, forse tutto, eppure, a suo riguardo, ancora balbettiamo. Per qualcuno arriva, leggera come una farfalla, misericordiosa come una mamma. Scivola tra i figli che gli tengono la mano, gli bagnano le labbra, gli asciugano il sudore, e, dolcemente, lo bacia sulla fronte. Si presenta alla fine di una esistenza serena, fatta di affetti, lavoro, sofferenza, preghiera.
Chi resta, è invaso da un dolore sopportabile, abbassa la testa e, singhiozzando, rende grazie a Dio. Altre volte, invece, fa paura, spaventa, atterrisce; giunge veloce come un lampo, indesiderata come un uragano a ferragosto, arcigna come una iena; fa danni incalcolabili, non bada all’età di chi le sta davanti; con prepotenza, irruenza, violenza, sofferenza immensa, strappa alla vita chi della vita non era ancora sazio, o, addirittura, non aveva gustato che le primissime stagioni. E lascia, in chi rimane, ferite sanguinanti che di guarire non ne vogliono sapere. Ci sono giorni in cui non vuol sentir ragioni, nessuna lacrima, nessuna invocazione, nessuna preghiera riesce a impietosirla. Quando si comporta così, quando scompagina il nostro quotidiano, andare, ritorna la domanda antica: «Perché?»
Perché Dio permette questo? Perché tanti maschi, in modo barbaro, tormentano e uccidono la donna che dicevano di amare? Perché gli uomini lasciano annegare in mare tanti loro simili, senza provare un briciolo di rimorso o di pietà? Perché tanti bimbi vengono strappati via prima ancora di poter vedere il sole? Perché tanti giovani la sfidano, la tentano, la corteggiano? Perché? La morte, allora: nemica o amica? Fine di ogni cosa o ultima trasformazione? Morte da invocare o scongiurare? È bene pensarla o è meglio ignorarla? Una cosa è certa, essa toglie all’umana vanità, al nostro sciocco orgoglio, alla falsa autosufficienza, ogni pur minima illusione. E costringe gli uomini a riflettere sul mistero di se stessi e di Dio.
Tutti hanno il diritto di porsi nei suoi confronti come meglio credono. Tutti, non i cristiani. Perché Gesù l’ha vinta per sempre. La sua risurrezione ha squarciato i cieli. Cristo vive e noi viviamo. In lui, di lui, con lui, per lui. In questa vita e nella pienezza dell’eternità.
Queste verità di fede è bene ricordarle e ripetercele.Non solo in chiesa, ma a casa, tra gli amici, al cimitero, al bar.
Sapendo che l’unica, vera consolazione per coloro che hanno perso una persona cara, soprattutto se giovane, e in modo improvviso o violento, è sentirsi dire che il loro amore “non è morto ma dorme” in attesa della risurrezione. Troppo grande è il dolore, il senso di vuoto, di smarrimento, di rabbia, di paura che li accompagna dal giorno della loro scomparsa per pensare di poterlo lenire con le parole, fossero anche le più belle, fossero anche pronunciate con tutto l’amore di cui siamo capaci.
Davanti alla tomba di coloro che ci hanno e abbiamo amato, con gli occhi umidi e il capo chino, è consolante sussurrare: « Credo in un solo Dio, Padre onnipotente… Credo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen». Padre Maurizio Patriciello.
La morte ci mette di fronte a noi stessi. Muore tuo figlio… Che cosa si prova? Un senso di perdita, lui se ne è andato e non tornerà più… Un senso di vuoto e di solitudine immenso. Era il figlio, unico, su cui avevi investito la tua speranza di immortalità, di continuità del”me”, del”tuo”, e ora che questa speranza della mia continuità è naufragata mi sento terribilmente afflitto. Per questo odiamo la morte, é un abominio, qualcosa da rifiutare, perché ci mette di fronte a noi stessi. Ed io la respingo, attraverso la fede, attraverso varie forme di fuga. Sembra davvero difficile morire con dignità, semplicità… Perché mai gli esseri umani devono morire così disperati, infelici, malati, vecchi… Con un corpo rattrappito e sgradevole. Cosa non funziona in noi? Dici”con lei dovremo fare i conti, la troviamo ad aspettarci”… Quando la morte arriva, non chiede il tuo permesso, arriva e ti porta via, ti annienta su due piedi. Allo stesso modo puoi lasciar cadere l’odio, l’invidia, l’orgoglio, l’attaccamento ai credi, alle opinioni, alle idee… Al tuo modo particolare di pensare? Puoi Padre Maurizio lasciare cadere tutto in un istante? Non c’è nessun “come lasciar cadere”, perché quella è solo un’altra forma di continuità. Abbandonare opinioni, credi, attaccamenti, avidità o atteggiamenti pieni di prosopopea e di certezze, significa morire ogni giorno, ogni momento. Se c’è una fine a tutto questo di momento in momento, allora potremmo conoscere lo stato straordinario di essere nulla… Di giungere al l’abisso del movimento eterno, per così dire, e di lasciarsi cadere nell’abisso, che è la morte. Io voglio sapere tutto della morte, perché potrebbe essere la realtà. Potrebbe essere quello che chiamiamo Dio. Quel qualcosa di straordinario che vive e che si muove, e che tuttavia non ha inizio né fine!
Credo nella resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà…. Mi sovviene di un passo del Quinto vangelo. Nel Quinto Vangelo Gesù ha detto”Felice colui che sa di essere esistito già prima di venire all’esistenza. Se voi divenire miei discepoli e capite queste parole, esse vi saranno di fondamento. Queste frasi, a mio parere, possono essere prese a conferma di una pissibile esistenza precedente la nascita. Nello stesso vangelo Gesù più di una volta afferna: L’uomo così facendo si libera DALLE MORTI. É usata la parola morte al plurale. Nei vangeli sinottici Gesù, parlando di Giovanni Battista. afferma: Questo è Giovanni, che fu già ELIA,chi ha orecchie per intendere intenda. D’altra parte nella Bibbia, parlando dei vari peccati si dice”Se così farà, l’uomo sarà punito sino alla settima generazione. (a me sembrerebbe più adatto parlare di reincarnazione anziché generazione) La rinascita dell’uomo dopo la morte e il suo ritorno in carne ed ossa su questo pianeta, secondo la Chiesa ufficiale, avverrebbe una sola volta, alla fine dei tempi. Se così fosse, cadrebbe la teoria della Scekina, in quanto, per la maggioranza degli uomini, una sola vita non sarebbe sufficiente a raggiungere la perfezione. E allora la salvezza è solo per gli eletti? La vita sul pianeta è un banco di prova che ci permette di evolversi dato che nel mondo senza tempo(Aldilà) non è possibile il cambiamento. Solo la possibilità di continue prove successive ci fa comprendere l’amore e la Giustizia di Dio. Il quale NON PUNISCE ” ma lascia che l’uomo si punisca da solo,lungo una scala di molte esperienze. Come capire ed accettare altrimenti la nascita di un bambino cieco? Ho sentito in più di una occasione da persone pie e devote la frase” Signore come hai potuto punire così questo innocente? E come capire poi ed accettare la parabola dei vangeli sinottici “Se l’occhio ti è di rovina spirituale, strappatelo via?” il bimbo che nasce cieco é destinato ad un grave banco di prova. Forse sbagliano coloro che pensano, seguendo le parole di Gesù, che questo bambino si sia strappato l’occhio in senso metaforico perché gli è di rovina spirituale, ed abbia lui stesso deciso di autopunirsi decidendo di programmare a sé stesso una esistenza da cieco? Concludo… La dottrina della reincarnazione, per più di mezzo millennio, fece parte del credo dei cristiani.. La frase” Credo nella resurrezione dei morti e nel mondo che verrà… E la frase evangelica “resurrezione della carne” contengono un’eco della antica dottrina. Nell’anno 553, in occasione di un concilio tenutosi in Costantinopoli, per una maggioranza risicata questa dottrina fu cancellata. Se alcuni vescovi avessero deciso diversamente, la morte, millecinquecento anni fa, non sarebbe divenuta agli occhi dei cattolici così irreparabilmente “mortale”. Amin. (che Gesù metteva all’inizio del suo parlare e parabole… E significa é vero ciò che mi accingo a dirvi.)