Transumanesimo: esiste l’evoluzione anche nei robot?
C’è una filosofia o dovremmo dir meglio una religione che ultimamente fa molto parlare di sé. Mi riferisco al “transumanesimo”. Per diversi anni il transumanesimo si è diffuso in modo semi clandestino – quasi vergognandosi di sé – tra club e circoli esclusivi, facendo capolino qui e là durante le conferenze dei suoi adepti illuminati. Presa fiducia in se stesso, infine, ha deciso di venire allo scoperto. E noi ne siamo contenti, perché così possiamo confrontarci apertamente anche con questa “filosofia”.
Per chi non lo sa, il transumanesimo ritiene che il corpo dell’essere umano sia una scorza debole e difettosa e dunque da abbandonare il prima possibile. Questo guscio che ci contiene – dicono gli illuminati – ha accompagnato l’essere umano fino a questo stadio evolutivo, ma il nostro dovere – uso il verbo dovere non a caso – è quello di liberarcene. Come? È presto detto, attraverso un salto tecnologico. Per i transumanisti esiste infatti una legge detta di “accelerazione dei ritorni”, secondo la quale il progresso tecnologico cresce esponenzialmente, conducendo inesorabilmente il genere umano verso la famigerata “Singolarità”. Che cos’è la Singolarità? Una sorta di pronipote impazzita della Sostanza di Spinoza, un Moloc che contiene ogni forma di vita – biologica e digitale – e che interconnette tutta la realtà inglobandola nella sua super intelligenza artificiale. Fantastico, no?
Se le scimmie si sono evolute dando vita al genere umano, noialtri abbiamo il dovere di generare una nuova forma di vita, nella fattispecie quella dei robot. Ora, poiché i robot saranno più intelligenti, più forti e anche più “fichi” di noi, negli esseri umani – ci garantiscono i transumanisti – si genererà automaticamente un irrefrenabile desiderio di imitarli. Faremo letteralmente a gara a modificare il nostro dna e a ibridarci con le macchine, sarà una corsa evolutiva in cui molti, ma non tutti, riusciranno a compiere il salto. Alcuni si faranno togliere braccia e gambe per sostituirli con arti meccanici, altri rimpiazzeranno il proprio sangue con un plasma meccanizzato, in grado di potenziare infinitamente il nostro sistema immunitario. I più arditi, infine, si impianteranno delle estensioni celebrali, facendosi insertare nella mente delle propaggini digitali. Chi non avrà il coraggio di abbandonare la propria scorza corporea, sarà destinato a soccombere. Gli uomini ibridati con le macchine, daranno vita al mitico cyborg, una sorta di “super uomo”, di “oltre uomo” tecnologico sospeso a metà strada tra Nietzsche e Asimov. I cyborg – ultimo anello evolutivo della vita non più solo biologica ma anche e soprattutto digitale – compiranno l’ultimo passaggio:si interconnetteranno tra di loro, dando vita alla super intelligenza artificiale di cui sopra. La mitica Singolarità.
Cerchiamo di portare un po’ di chiarezza in tanta confusione: innanzitutto la evoluzione della specie è una teoria che si riferisce alla vita e non alla tecnologia; un robot è un oggetto non una creatura, dunque la sua eventuale realizzazione – che del resto ci annunciano come imminente da 70 anni – non rappresenta né può rappresentare alcun salto evolutivo. Ad oggi gli unici “robot” in commercio sono delle falciatrici e degli aspirapolvere, che impiegano 4 ore per fare un lavoro che un uomo realizza in 5-6 minuti. Basta vederli al lavoro per capire che non sono dotati di alcuna intelligenza artificiale, ma lavorano secondo il principio del caso o – se preferite – del random. Né potrebbe essere diversamente da così; i computer essendo oggetti non possono far altro che rispondere a ordini. Dunque obbediscono seguendo delle funzioni pre-impostate. È bene dire una volta per tutte che l’intelligenza non può essere in alcuna maniera artificiale, perché il pensare è un atto; e l’atto presuppone una volontà, dunque un’anima.
So di uomini feticisti che amano questo o quell’oggetto, ma non mi pare all’ordine del giorno questa fantomatica ibridazione con le meccaniche. Da anni – tanto per dirne una – esistono dei bei dentoni finti, fatti in oro, in avorio o in ceramica, a nessuno però è mai venuto in mente di togliersi un dente vivo e sano, per sostituirlo con una protesi morta. Del resto come ci ricorda un vecchio adagio “chi lascia la vecchia via per quella nuova, sa che cosa perde ma non sa che cosa trova”.
Credo di aver capito dove i transumanisti vogliono andare a parare. Come molti prima di loro, non desiderano far altro che reificarsi un po’ ed alienarsi, ritenendo che perdere l’umanità sia un passo necessario per liberarsi della morale e dei freni che questa comporta. È lo stesso principio che spinge alcuni uomini ad ubriacarsi, altri a drogarsi e che sovente porta i rampolli della buona società a vivere tra noia, disincanto e cinismo come ben descritto dai romanzi esistenzialisti. In fondo dietro il transumanesimo non c’è altro che il vecchio e inveterato istinto di dominio. Umano, troppo umano.
La legge di “accelerazione dei ritorni” non ha alcuna coerenza logica. Il progresso tecnologico non è affatto esponenziale perché la quasi totalità delle invenzioni si rivelano inutili, inefficaci, superflue, dannose o semplicemente contrarie ai desideri della collettività. Quasi tutta la tecnologia finisce prima o poi nel dimenticatoio; si dà il caso, infatti, che l’essere umano si circonda di una serie di oggetti che agevolano – almeno questa è la speranza – il suo lavoro quotidiano, salvo poi maledirli in continuazione cercando di liberarsene il prima possibile, con il desiderio di trascorrere il suo tempo libero al mare, nei boschi o in città tra monumenti ed opere d’arte.
Ammesso e non concesso che il processo tecnico sia esponenziale, non si capisce poi perché debba condurre alla “singolarità”. Sarebbe un po’ come dire che i conigli, essendo molto prolifici, tenderanno prima o poi a fondersi in un megagalattico super-coniglio intenzionato a dominare il mondo. Del resto, chiunque ha un minimo di presupposti storici e filosofici, sa che la “singolarità” è una contraddizione in termini. L’unità è tale solo in relazione al molteplice. Così come il singolo si definisce “singolo”, solo nella misura in cui fa parte di una pluralità. Se poi rivolgiamo l’attenzione alla storia, possiamo constatare come non appena un’entità politica unifica altre entità – dando vita ad esempio a una nazione o un impero – immediatamente si scatenano in essa forze centripete che lavorano per disgregare quell’unità dall’interno.
E che dire infine del “dover” abbandonare il corpo umano? Nel transumanesimo in fondo ritroviamo il peggio del niccianesimo, mescolato con il peggio del marxismo. Dipingendo un destino necessario, un percorso evoluzionisticamente obbligato, i transumanisti non fanno altro che aprire la porta ad un gruppo di eletti – i comunisti li chiamavano “quadri” – che hanno il diritto e il dovere di guidare il mondo. Indovinate chi sono? Loro ovviamente. A detta dei transumanisti, i transumanisti sono gli unici in grado di decifrare gli enigmi del destino, il loro compito dunque è di prendere il prima possibile sulle proprie spalle metalliche la storia.
Paolo Velonà
Voler dare a tutti le stesse possibilità di miglioramento della propria vita è una cosa nobile ma “La società di massa é caratterizzata da un significativo ruolo delle masse bello svolgimento della vita politica e sociale, ma anche da una loro crescente omologazione, perdita di autonomia individuale, atomizzazuobr, conformismo, facilità di manipolazione ed eterodirezione”. Cercare quindi di dare a tutti la vita “perfetta” é impossibile o comunque crea delke conseguenze utili a chi ne é il fautore(ad esempio aziende produttrici delle tecnologie mediche) É da qui che di comprende che lo stare bene deve essere opera dell’individuo medesimo se egli vuole essere PADRONE DI SÉ Stesso. Oltre al fatto che il benessere psicologico non ha nulla a che fare con la tecno scienza.