Auguri a Francesco Guccini, il cantautore dell’anima
Il primo approccio con le canzoni di Francesco Guccini è avvenuto durante il periodo della scuola media, col libro di testo di Musica, che tra le tante cose riportava anche alcuni spartiti di diverse celebri canzoni italiane. Tra queste ce n’erano due con dei titoli inquietanti, ma con dei testi a dir poco meravigliosi: Auschwitz e Dio è morto.
Il secondo approccio è avvenuto nel 1998, con l’esordio alla regia di Luciano Ligabue in Radiofreccia. Francesco Guccini interpretava il titolare di uno dei tanti bar di provincia; un ruolo che in un certo senso gli era congeniale, considerata la sua anima popolana e l’amore per il vino. Il bar nei paesi di provincia è il luogo di ritrovo per eccellenza, una dimensione dove le varie anime che caratterizzano la vita di un paese trovano lo spazio ideale per esprimere la propria personalità, mentre il barista è il punto di riferimento, l’arbitro emotivo, il pater familias degli sbandati… La colonna sonora di quel film conteneva la splendida Incontro, che mi catturò da subito per l’intensità di quella voce, austera e solenne, che descriveva scenari emotivi di una profondità incredibile!
Durante gli anni dell’università Guccini è stato un artista che ha dettato i profondi cambiamenti che stavano avvenendo dentro di me, passando dalla scanzonata animosità adolescenziale, per introdurmi poco per volta nella maturità dell’età adulta.
Uno stereotipo pigro e abusato ha per tanto tempo riprodotto l’etichetta di Guccini come “cantautore comunista”, ma in realtà se si leggono i suoi testi, se si ascoltano veramente quelle canzoni, anche quelle rivoluzionarie come La locomotiva, si capisce sin da subito che a Guccini le logiche di partito sono sempre andate strette, che l’unica rivoluzione che può veramente cambiare il mondo è quella interiore, dei sentimenti più autentici, della ricerca appassionata della verità, dell’affermazione della libertà.
Il resto è rumore, cacofonia indistinta, che finisce poi con l’allinearsi sempre con la confusione, con il disorientamento, che poi ha bisogno della forza per potersi affermare. L’unica forza che Guccini conosce è quella dell’anima!
Oggi il grande cantautore compie ottant’anni. Il mio unico rimpianto è stato quello di non aver mai avuto l’occasione di poterlo vedere dal vivo, ma i suoi dischi girano molto nel mio stereo, e quelle canzoni hanno spesso prestato molte parole che io non so esprimere da solo, descrivendo sensazioni bellissime (come Autogrill che descrive l’innamoramento silenzioso e inesprimibile) o momenti in cui prevale lo sconforto (L’avvelenata, che di recente mi è tornata in mente proprio per mandare al diavolo determinate patetiche situazioni). Tutte cose che, citando la bellissima Canzone della bambina portoghese, fanno parte della “vera ambiguità”, che “è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini”