Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla
“Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi”. A Pentecoste, il Papa, come i primi discepoli, parla la lingua semplice degli uomini semplici. La lingua che tutti possono comprendere. Un’omelia breve, concisa, ma tanto incisiva. Diciamoci la verità, di quante omelie ascoltate nel corso della vita conserviamo memoria? Quante volte una riflessione omiletica è riuscita a penetrarci nel cuore? Francesco, come sempre, ci ha fatto da maestro. In pochi minuti, come un esperto chirurgo, con mano sicura, ha affrontato il bisturi nella nostra carne per arrivare ad estirpare il male che l’ affligge. Bene facciamo, allora, noi tutti, religiosi, laici, consacrati cristiani a porre ascolto alla voce dello Spirito Santo che ci ha parlato attraverso Francesco.
Il Papa individua tre nemici da cui dobbiamo difenderci: il narcisismo, il vittimismo, il pessimismo. Sono questi i tre veleni da cui dobbiamo guardarci per non rendere sterile, pesante, contraddittoria la nostra vita di credenti. “Il narcisismo fa idolatrare se stesso, fa compiacere solo dei propri tornaconti, fa dire: la vita è bella solo se ci guadagno”. Il narcisista lo puoi trovare dappertutto: nella chiesa e nella politica, nello sport, nel mondo scientifico, per la strada. Egli, magari involontariamente, misura ogni cosa su se stesso. Come se fosse il sole pretende che tutti gli debbano girare attorno e osannarlo. Le cose vanno bene se vanno bene a lui; in caso contrario è pronto a far saltare tutto.
Gli uomini bramano vedere Gesù. Da noi vogliono essere presi per mano, accompagnati, ascoltati. “Lui deve crescere, io diminuire” spiegava Giovanni Battista a chi lo seguiva. Il narcisista confonde le carte e tenta di occupare il posto che compete al Signore; è allora che si rompono gli equilibri. “Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria”. Al narcisista viene difficile concepire la propria missione come servizio gratuito da rendere per amore di Dio e dei fratelli. Egli cerca sempre da guadagnarci qualcosa: il denaro, un poco di potere, un pizzico di piacere. Qualcosa che, però, riesce a infangare il dono; gli toglie quella brillantezza e quella bellezza che gli conferisce la gratuità. “In dono avete ricevuto, in dono date”.
C’è poi il vittimismo. Quando sprofondo in quello stato che mi fa credere, dice il Papa “che nessuno mi capisce, nessuno mi aiuta, nessuno mi vuole bene, tutti ce l’hanno con me”. Di certo non è vero. Il vittimista, che nelle sue lamentele si crogiola, deve liberarsi di questa catena che lo imprigiona; deve smetterla di piangersi addosso, appesantendo e stancando perfino la pazienza dei parenti e degli amici. Deve smetterla di fissare – magari con invidia – i doni altrui, ma guardarsi dentro, rendersi conto della propria ricchezza e mettersi all’opera. Non deve nemmeno perdere tempo a cercare di capire se le sue azioni sono apprezzate o no, ma solo chiedersi se sono state fatte con amore e per amore. Ci sono semi che germinano dopo poche ore, altri, invece, dopo mesi. Tu sii fedele alla vocazione ricevuta, conserva la pace, al resto pensa Lui. Non chiederti se gli altri ti amano, chiediti piuttosto se tu li ami. “Alla sera della vita ciò che conta è avere amato” dice san Giovanni della Croce. Avere amato non essere stato amato. L’essere amato arriverà come d’incanto quando tu, dimentico di te stesso, inizi ad amare e servire senza pretendere niente in cambio. Sforzati di vedere in chi t’ incontra il bene che lo abita, ricordando quanto egli è prezioso agli occhi di Gesù.
Infine il pessimista. “La litania quotidiana è: non va bene nulla, la società, la politica, la chiesa. Se la prende col mondo ma intanto resta inerte” ha detto il Papa. Il Signore doni alla sua Chiesa e all’umanità, donne e uomini che sanno ridere e scherzare, non prendersi troppo sul serio e valorizzare gli altri. Lo Spirito ci liberi dal pessimismo che spegne l’entusiasmo nei giovani, la voglia di fare, il desiderio di donarsi. Un’interminabile schiera di pessimisti, con le proprie lamentele, non riuscirà a cavare un ragno da un buco. Il nostro pero’ non è un semplice ottimismo, dovuto magari a un carattere gioioso, ma la fede in un Dio che “ per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo. Dopo quattro secoli, un simpaticissimo prete come Filippo Neri, ad esempio, ancora riesce a far scattare in tanti giovani il desiderio di servire Dio e i fratelli.