Diventare mamma al tempo del Coronavirus: il mio racconto
Io amo programmare. Programmare placa la mia ansia. Programmare mi dà la vana illusione di riuscire a tenere tutto sotto controllo. Sono anche brava a immaginare scenari catastrofici ma questo neanche la mia mente avrebbe potuto partorirlo.
Immaginavo che i tuoi fratelli sarebbero venuti a conoscerti in ospedale, immaginavo che il papà sarebbe stato con noi, immaginavo che, una volta a casa, con i tuoi fratelli a scuola sarei riuscita a gestire tutto al meglio e, perché no, magari anche a riposare un po’.
Invece proprio quando i problemi dei primi mesi erano spariti e potevo a iniziare a godermi la gravidanza è arrivato questo uragano. Lo confesso, ho passato molti giorni a piangere. Temevo di non farcela da sola a occuparmi di te dopo un cesareo in ospedale, temevo e temo per il futuro tuo e dei tuoi fratelli. Ma in che mondo vivrete? Un mondo dove non vivremo per non morire?
Ma il tuo arrivo mi ha ridato speranza.
In quei giorni mi sono sentita forte come non mai. Dopo 6 ore dall’intervento ero in piedi perché dovevo occuparmi di te. Tu hai passato le tue prime ore nella culletta termica perché sei nato un po’ piccino ed io la sera dell’intervento con il catetere in mano, camminando rasente ai muri e piegata in due per i punti, sono arrivata al nido per vederti.
Per quattro giorni ho dimenticato il virus, se non fosse stato per la mascherina che ogni tanto me lo ricordava.
Ho partorito con il cesareo altre due volte in questo stesso ospedale ma paradossalmente questa è stata la degenza più bella perché sono riuscita a superare le mie paure e i miei limiti, perché ho conosciuto tanti angeli (infermieri, medici, ostetriche) che si sono presi cura di noi con amore nonostante la tensione e la paura di questi giorni.
È stata la più bella esperienza perché mi ha insegnato che programmare è inutile e che anche quando sembra tutto perduto il Signore non ci abbandona.
‘Maestro, non ti importa che siamo perduti?’
‘Perché avete paura? Non avete ancora fede?
Anna Prattichizzo
Pingback: Diventare mamma al tempo del Coronavirus - Sguardo al reale