cultura

Marco Gregoretti ci racconta il giornalismo oggi

Forse uno dei pochissimi rimasti a perorare il vero giornalismo, fatto di notizie vere, scoop incredibili ma che trattano di verità irripetibili. Cause vere, per cui lottare, fenomeni da fermare ed allerte circa pericoli imminenti.

Ma tutto questo sta lentamente finendo, sotto lo spettro di una realtà che giocando con la Paura, guadagna terreno e non lascia margine di interazione. Ne parliamo proprio con Marco Gregoretti, noto giornalista d’inchiesta, sempre a caccia di news di interesse internazionale e nazionale, di un’epoca in cui l’informazione era libera dalla manipolazione, che oggi spegne ogni insorgere di qualsivoglia dubbio o protesta.

Con lo scorrere del tempo ci siamo resi conto che la stampa in questi anni ci ha manipolato e condotto in una sorta di coscienza forzata da poteri molto forti e celati dietro una rete che si muove nel sottobosco per non destare sospetti.

Ci spiega Gregoretti:

“Le cose hanno cominciato a cambiare con la vicenda dell’11 settembre 2001 non solo in italia”

L’allora Presidente degli Stati Uniti, George Bush, annunciò che ci sarebbero stati controlli severi sulla stampa, forse perché già all’epoca si sollevarono diverse indiscrezioni su tale tragedia, incentivando dei dubbi circa la responsabilità reale di questo attentato.

Abbiamo continuato a fare il nostro mestiere, nonostante questo, ma dopo la crisi 2008 la situazione divenne più grave, fondamentalmente giornali e media subirono un impoverimento che intaccò irrimediabilmente le sorti del giornalismo

Durante la mia carriera da inviato, a Panorama, negli anni Novanta, ero provvisto della carta di credito della testata, perché di qualsiasi cosa necessitassi per arrivare alla notizia, non ci fosse ostacolo; ma il calo di pubblicità è l’oggettiva ragione per cui l’editoria subì una letale battuta d’arresto; è stato il secondo settore più colpito durante la crisi.

Di conseguenza i giornalisti vennero sostituiti da stagisti che, tramite internet e l’illusione di essere candidati al Pulitzer, trovavano notizie a costo zero, convinti di riportare fatti e scoop per riempire le pagine ormai impoverite nel contenuto e alle volte senza alcun riscontro, accontentandosi di quanto viaggiava in rete senza alcun reale approfondimento. Pertanto l’editore legato ad una determinata logica riusciva a controllare meglio il flusso dell’informazione, rimanendo a galla nonostante la dura situazione economica.

La stampa di oggi appartiene a un mondo finito, è ovvio che ci sono delle manipolazioni costanti nel “Mainstream” al soldo di poteri che governano questi flussi con la volontà di raggiungere una soddisfacente caratura che copra quanto di reale avviene, assicurandosi, per esempio, attraverso l’emergenza Coronavirus che non si parli dello “scandalo del CSM” dei “fatti di Bibbiano” o delle “Lobby dei pedofili” quest’ultima subita sulla mia pelle. Qualche tempo fa indagavo proprio su questo, fino a scoprire realtà agghiaccianti che si consumavano sulla pelle dei bambini.

Ho testimoniato contro un personaggio, molto noto, che era stato arrestato per violenza sessuale su alcune bambine, che venne condannato a 7 anni anche grazie la testimonianza che resi in aula. Ma di conseguenza sono entrato nel cono d’ombra di un potente lobby, quella dei pedofili, che mi ha creato e che continua a crearmi problemi in tanti ambiti della mia vita, compreso quello professionale. Forte della verità non mi sono arreso. Tra febbraio e ottobre del 2019 ho lavorato a un progetto di cui sono stati direttore, di un mensile che è andato in edicola per sette mesi. Si chiamava “Nuova Cronaca”. La copertina dell’ultimo numero, quello di fine settembre, con una lunga inchiesta piena di foto e di documenti inediti, raccontava l’attacco globale all’infanzia. “NESSUNO TOCCHI I BAMBINI”, era il titolo. Nella prima parte vi erano storie di affidi sospetti, violenze, assistenti sociali, CTU pilotate e relazione false.

Poi l’intervista ad un ex agente della CIA, circa la repentina morte di Epstein, che a suo dire non si era suicidato. Epstein era un miliardario americano, motore di una squallida storia di sesso e di pedofilia. Era proprietario di un’isola dove ne succedevano di tutti i colori, anche con minorenni, a quanto risulterebbe dalle indagini; trapelarono nomi del calibro dei Clinton e di Andrea Windsor, duca di York, fratello della regina di Inghilterra. Nell’ultima parte dell’inchiesta l’articolo sulla “Lobby dei pedofili” con interviste a esperti e a investigatori e con reportage agghiaccianti di che cosa succede in rete.

Il 4 ottobre l’editore con una telefonata mi disse che quello sarebbe stato l’ultimo numero di Nuova cronaca. Quindi la seconda puntata sulle violenze contro i bambini restò nel cassetto.

Oggi il potere della manipolazione è molto forte anche grazie alla concentrazione di testate che convergono nelle mani di pochi; ad esempio la famiglia Elkann- Agnelli, detiene attraverso il gruppo GEDI: La Stampa, Repubblica, L’Espresso, 13 testate locali, Radio DeeJay.. ; a riprova di ciò alcuni movimenti su personalità che sono andate a ricoprire alte cariche, all’interno del mondo dell’informazione come Maurizio Molinari attualmente direttore di Repubblica, nominato dallo stesso presidente John Elkann, scatenando l’ira del settore. Vediamo poi un altro macro gruppo, controllato da Cairo Editore a cui fanno capo Il Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport e La7, oltre a circa 25 periodici. Il che da un presagio sulla totale assenza di informazione libera.

LA MANIPOLAZIONE E L’INFORMAZIONE PILOTATA, ORMAI SI SONO INSINUATE IN TUTTI I GRUPPI EDITORIALI, CARTACEI E TELEVISIVI.

Persino l’Online non è libero, ogni volta faccio un paradosso, che vedo la parola “FAKE” penso che la notizia sia vera ma che venga bollata poiché “fuori controllo”. Giulietto Chiesa, noto giornalista denunciava ultimamente l’esistenza di “Gruppi Segreti” aventi l’intento di far sparire chi si opponeva fortemente a questo regime, che vede il nostro paese come vassallo di un potere superiore di controllo sulle politiche internazionali, che annienta di fatto la sovranità popolare, scovando criticità e portandole all’attenzione pubblica. Purtroppo se n’è andato il giorno dopo una sua lunga intervista proprio su questi temi e pochi giorni prima un evento on line ce stava organizzando. Un morte che lascia un grande vuoto, aldilà di come la si pensi. E anche qualche dubbio sulle cause della sua dipartita.

Oramai siamo all’assurdo di chi, come il medico più intervistato del momento, Roberto Burioni proponga di costituire una commissione “scientifica” che controlli gli articoli e i servizi televisivi prima che vengano pubblicati o messi in onda. Siamo oltre il Minculpop, siamo oltre il Regime Sovietico: il passo successivo sarà dunque quello di eliminare la notizia stessa.

Elias Canetti, autore di “Massa e Potere” aveva previsto tutto: il controllo delle masse e dei loro cervelli con tanti strumenti, compresi la paura e il senso di colpa collettivo. Inevitabilmente ci abitueremo ad un’informazione controllata come ci stanno preparando con le cronache schizofreniche che ogni giorno i media ci propinano:un medico che prescrive passeggiata salutare per lenire le sintomatologie di una patologia alla gamba e il malcapitato, nonostante ciò, viene multato dal carabiniere; oppure gli interventi con gli elicotteri per stanare chi si accinge a fare due passi su una spiaggia completamente deserta, instaurando un clima di terrore nel popolo, che non reagisce a questa carcerazione forzata, sopperendo a dinamiche indotte, volte al controllo ed alla suggestione.

Da Fabio Fazio, Burioni in studio, spinge verso l’obbligo della geolocalizzazione, insinuando che sia nostra la volontà avere meno libertà, pensando di salvarci dal virus, sconfessando gli eventuali contagi e valorizzando la tesi per cui si continua ad infondere timore, compiacendo le forze politiche che in tal maniera, continuano un lavoro certosino, che non viene esplicato, sotto la bufera COVID 19.

Il giornalista ha un solo compito raccontare quello succede, si parla solo di corona virus, non si sa cosa accade nel mondo e nelle aule del potere si consumano quotidianamente attentati alla libertà personale.

La censura è spudorata, si istituiscono gruppi GOVERNANCE o FAKE CHECKER, che stabiliscono cosa può passare e cosa invece deve essere bollato come FAKE, riconoscendolo semplicemente come contenuto sovversivo e che contravviene al messaggio che ad oggi si vuole pubblicizzare.

Avviene lo stesso sui social, se sotto i post di alcuni specifici argomenti appaiono minacce o commenti forti, rischi di essere censurato, mi chiedo se siano fatti apposta. L’accusa spesso è di incitamento all’odio, sancendo la chiusura di questi gruppi indipendenti di libera espressione.

Diventa difficile giorno per giorno mantenere un ideale di giustizia, siamo al 77 posto per libertà di stampa, essendo parte delle potenze mondiali è del tutto improbabile questa posizione; mentre chi dovrebbe garantire il flusso dell’informazione tace, assicurando altresì un regime poco trasparente e del tutto fuorviante.

C’è stato un particolare riconoscimento nella tua carriera, per un’inchiesta che ha portato alla luce uno scandalo che ha coinvolto dei bambini, un premio con degli incresciosi risvolti, cosa puoi dirci in merito?

Ricordo nel 1998, a Saint Vincent, riguardo l’inchiesta circa torture e stupri in Somalia, Osca Luigi Scalfaro mi ha consegnato il più importante premio giornalistico d’Italia, mi sussurrò all’orecchio una delicata frase in perfetto stile democristiano che a me suonò come un’esortazione del tipo: “adesso la pianti di rompere i coglioni”. Invece andai avanti ancora un anno. Mi fermarono, con una petizione parlamentare promossa da Carlo Giovanardi e da Maurizio Gasparri 54 parlamentari, di diversa provenienza partitica.

 Erano altri tempi, purtroppo. Io ho imparato da grandi direttori e da meravigliosi colleghi a fare il giornalista in un certo modo. Se non l’avessi fatto così, come cerco di farlo ancora adesso, mi avrebbero mandato a casa. Ho avuto un direttore, che annovero ancora tra le persone a me più care, che un giorno mi disse: “Devi procurarmi un guaio una volta a mese”.

Ma la censura non ha colore politico. Dopo aver fatto una serie di inchieste sui centri sociali e sul fatto che erano diventati anche società con bilanci, entrate e ricavi, oltre ad avere un’indole violenta, tra minacce e insulti, ricordo quanto mi disse, in sostanza, il portavoce di un importante centro sociale milanese. Secondo lui il tema non era se era vero o no quello che avevo scritto. Il punto che mi propinava suonava più o meno così: “Non puoi proprio scrivere se non ti autorizziamo noi”

Conclude Marco Gregoretti, con tono piuttosto amareggiato, a cui prontamente mi associo, la CENSURA non ha colore politico, perché qui siamo oltre la censura, siamo altresì di fronte all’obiettivo volto a cambiare il modello della società.

Ho conosciuto Marco Gregoretti, grazie ad Alessandro Meluzzi, che non sa che grande regalo ha fatto alla causa dei #BambiniStrappati, a cui ogni giorno presta tanta attenzione e cura, assistendo in prima persona chi cerca aiuto, non solo da Giornalista, ma anche umanamente.

Ma perché per me è stata fonte di grande inspirazione e voglia di esplorare anche diversi settori, come quello mediatico, attraverso cui possiamo lottare e dare voce a queste storie che meritano di essere raccontate, con un ESEMPIO di proporzioni non quantificabili di GIORNALISTA e UOMO come Lui. Doverosamente e di vero Cuore GRAZIE MARCO!

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