Solo io non ho così tanta voglia, domani, di uscire e di ritornare alla vecchia normalità?
Ci apprestiamo ad affrontare la tanto agognata fase 2.Avverto la sensazione che la popolazione si sia più o meno schierata in due macro gruppi: coloro che, intimoriti dall’idea di poter vanificare i sacrifici fatti fin ora in quarantena, desiderano procedere con i piedi di piombo e grande prudenza, senza farsi prendere da facili entusiasmi; coloro che invece, abbagliati dall’idea di uscire dalle proprie gabbie dorate, come bambini in un negozio di dolciumi che vorrebbero assaggiare di tutto un po’, si ingegnano per trovare mille espedienti per eludere le norme e riuscire a moltiplicare le occasioni di “evasione”.
Vorrei soffermarmi sul primo gruppo e in particolare affrontare uno stato d’animo che già da un po’ sentivo serpeggiare dentro di me, ma non avevo il coraggio di esternare, circondata da amici entusiasmati dal count down che terminerà con la data odierna, erroneamente considerata il “liberi tutti” di quello che, a differenza del nascondino, non è affatto un gioco.
Lo stato d’animo di cui parlo è la paura di uscire di casa, il rifiuto di un ritorno alla normalità. Ma di quale normalità stiamo parlando? Mi sembra che il vecchio modello di normalità abbia evidenziato da sé tutte le proprie falle.
Chiunque abbia affrontato il silenzio della quarantena ponendosi delle domande, mettendo in discussione i modelli di convivenza sociale cui siamo abituati, chiedendosi di cosa abbiamo realmente bisogno, difficilmente riterrà auspicabile un ritorno alla vecchia normalità.
Lo ammetto, io ho paura di perdere le conquiste ottenute in questi due mesi: ho ricevuto in dono la possibilità di condividere con la mia famiglia tutti i pasti della giornata e di rimanere, la sera, tutti sotto lo stesso tetto. Ho dimenticato cosa vuol dire aspettare che i miei figli, uno universitario e una liceale, rientrassero a casa dopo essere usciti con gli amici, li ho avuti sempre intorno a me, al sicuro, ho condiviso con loro partite a carte, film, cartoni animati e musica, sempre nel rispetto del bisogno di ognuno di noi di avere momenti in cui isolarsi.
Il mio microcosmo è stata la mia casa, il mondo intorno a me si è rimpicciolito e io ho potuto contemplarlo tutto contemporaneamente, da qualunque angolazione ho sorvegliato e protetto gli interi confini del mio piccolo universo e questo, dopo l’impatto asfittico iniziale, mi ha dato sollievo e serenità. Ho trovato il mio guardaroba incredibilmente vario e assortito senza provare il bisogno di acquistare nulla di nuovo; ho cucinato tutto il cibo contenuto nel frigorifero senza che nessun alimento scadesse o si deteriorasse; ho usato oggetti che non avevo mai utilizzato prima, ho scandito il mio tempo riempendolo con poche attività, svolte con lentezza e presenza mentale e a questo lusso non intendo più rinunciare.
Per questo mi intimorisce l’idea di uscire di casa, l’idea di perdere nuovamente il controllo sulla mia vita, la possibilità di scegliere di fare meno cose, avere meno impegni, forse anche vedere meno gente.
Domani potrò uscire e niente sarà più lo stesso perché dovrò reimparare a fare quello che due mesi fa riempiva e congestionava le mie giornate convivendo con un nemico invisibile e subdolo che nel frattempo mi hanno insegnato a temere, affinché un giorno riuscissi a camminarci accanto proteggendo me stessa e i miei cari dalla sua pericolosità.
Non sono disposta a rinunciare a ciò che il silenzio mi ha permesso di ascoltare, a ciò che la noia mi ha pazientemente insegnato; mi sono svincolata dall’horror vacui che mi spingeva a programmare e riempire ogni singolo momento delle mie giornate e a mettere a tacere il mio animo che richiedeva attenzioni e che finalmente mi ha rivelato i suoi bisogni.
Per questo avrò bisogno di tutto il mio coraggio, per non vanificare i doni che questa pausa forzata mi ha elargito, per invertire la rotta, se necessario, risvegliare i miei sensi, assecondare il mio bisogno di spiritualità, rinunciare a possedere molto per scoprire di avere sempre avuto più di quanto avessi bisogno.
Erica Fortino