#appuntiperildopoquarantime

Dopo 40 giorni da complici di questa reclusione è ora di reagire assumendoci le proprie responsabilità

Alcuni giornali cominciano ad attaccare il governo, ma si tratta di critiche così timide e tardive da rasentare il ridicolo. Sono 40 giorni che questa pantomima va avanti nel silenzio di tutti o quasi. I giornalisti hanno gonfiato i dati trasformando una emergenza (reale) in una sorta di catastrofe.

Il governo si dotava di pieni poteri in modo palesemente illegittimo e incostituzionale, mentre i professori di diritto dicevano che andava tutto bene… salvo poi accorgersi che quelle scritte da Conte non erano neppure leggi ma circolari amministrative.

Mentre tutti cantavano dai loro balconi l’inno d’Italia, la polizia circolava giorno e notte ad ogni angolo della città per vietarci perfino di fare una passeggiatina. Dei medici si sostituivano al nostro spirito critico indicandoci che cosa era giusto e cosa ingiusto fare, senza neanche prendersi la briga di spiegarci il perchè. Fidatevi, dicevano, siamo noi i tecnici competenti… e a chi dissentiva lo chiamavano diffusore di fake news, dietrologo, quando non criminale che incitava i cittadini a non rispettare la legge.

I nostri grandi intellettuali nel frattempo che facevano? I più si gingillavano, ringraziando il governo di avergli dato tempo e modo di leggere un buon libro seduti sul proprio divano tra il tepore delle mura domestiche. Per non parlare, poi, di attori e cantanti che facevano a gara per comparire in TV invitandoci, dalle loro belle ville, a restare a casa… non sapendo o fingendo di non sapere che molti rischiano di non poterla più pagare la loro casa.

Siamo stati terrorizzati e spinti a denunciare il nostro vicino, ad aver paura del prossimo, della sua vicinanza. Come se il contatto fisico fosse una barbarie da incivili. Siamo stati spinti è vero, ma lo abbiamo accettato con docilità, con indifferenza quando non con una certa gioia.

Sembrava che il bravo cittadino fosse quello che si indignava se nonno e nipote passeggiavano mano nella mano e quello pronto a chiamare le forze dell’ordine se qualche degenerato si sedeva su di una panchina a leggere un buon libro. Abbiamo proibito ai fidanzati di incontrarsi, ai giovani di divertirsi, agli uomini di lavorare. Abbiamo tenuto separati genitori e figli, fratelli e sorelle. Abbiamo vietato messe, funerali, matrimoni e abbiamo impedito alle persone di guardare un tramonto, di contemplare un albero, di riflettere, di meditare.


No, ora è troppo facile prendersela con gli altri. Mi dispiace ma la colpa non è solo del governo. Ciascuno di noi deve assumersi le sue responsabilità.

È necessario per ripartire, per fare tesoro dei propri errori, per crescere e maturare.

Paolo Velonà

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